“Il resto di niente” di Enzo Striano viene dato alle stampe per la prima volta nel 1986, ottenendo subito un grande successo. Eppure il romanzo era pronto già tre anni prima ma, come spesso accade, la grandezza dell’opera non era stata colta a suo tempo. Su tutti domina la figura di Eleonora de Fonseca Pimentel. Patriota, scrittrice e giornalista italiana ma di origine portoghese, la quale aveva preso attivamente parte ai moti rivoluzionari che coinvolsero Napoli nel 1799.
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“Il resto di niente” e le vicende di donna Lenor
Enzo Striano apre Il resto di niente con la descrizione del viaggio che donna Lenor compì insieme alla sua famiglia per trasferirsi da Roma a Napoli; decisione presa in seguito ai rapporti non proprio idilliaci tra il Portogallo e lo Stato Pontificio. Di fatto quest’ultimo di rifiutava di riconoscere ai de Fonseca le patenti di nobiltà, i quali a loro volta, non avrebbero mai perso la speranza di vedere il loro nome riabilitato.
La discesa in scala sociale ridimensionò anche le possibilità economiche di tutta la famiglia. E proprio per assicurare un futuro dignitoso alla figlia, il padre di Lenor decise di darla in sposa a un ufficiale dell’esercito, Pasquale Tria di Salis, un uomo molto violento e completamente succube delle sorelle nubili, acide e senza alcuno scopo nella vita se non di rovinare quella degli altri.
Il matrimonio complicato di Eleonora Pimentel
E questo matrimonio non poteva poggiarsi su basi più deboli. C’è di fondo una incompatibilità non solo caratteriale tra coniugi, ma anche culturale nel senso più pieno del termine. Eleonora ha dimostrato fin da bambina una certa predisposizione allo studio; conosce il latino e il greco, e si diletta a comporre essa stessa dei versi.
La sua bravura, quanto il suo impegno, le sono valsi un posto nell’Accademia dell’Arcadia e dei Filateti, il titolo di bibliotecaria alla corte dell’ancora Ferdinando IV e l’ammirazione di molti intellettuali a lei contemporanei.
Suo marito è un uomo fatto di tutt’altra pasta, abituato a dispensare ordini a destra e manca e a non essere contraddetto. Non disprezza di usare le mani quando serve e certamente non condivide la passione della moglie per l’arte e la letteratura. E come tutti coloro che per elevare se stessi pensano bene di sminuire il lavoro altrui, non fa che umiliare la moglie ogni giorno.
Non vanno d’accordo nemmeno sull’educazione da impartire al loro unico figlio, Francesco, che morendo precocemente, aveva lasciato un vuoto nel cuore della madre che non venne mai più riempito. Enzo Striano ne “Il resto di niente” tratteggia molto delicatamente il rapporto tra madre e figlio, e il momento della morte del bimbo è altrettanto commovente.
L’amicizia tra Eleonora Pimentel e la regina Maria Carolina
Quando la coppia divorzia con buona pace di tutti, Eleonora si dedica completamente alla sua attività di studiosa. Contemporaneamente alla corte di Ferdinando IV, tra lei e la regina Maria Carolina D’Asburgo-Lorena s’instaura una vera e propria amicizia. Infatti la sovrana, cercando forse di seguire l’esempio materno, si dichiarava una despota illuminata. Ma i rapporti tra le due s’incrinano quando in Francia scoppia la rivoluzione che minaccia di espandersi in tutta Europa.
Se sulle prime il regno di Napoli non sembra essere direttamente coinvolto in questi fatti, la situazione cambia quando in Francia viene dichiarata la repubblica nel 1792 e solo un anno più tardi gli ormai ex-sovrani vengono ghigliottinati. A questo punto l’Europa è in tensione, e si crea la prima coalizione anti- francese a cui anche l’Italia aderisce, con lo scopo di limitare la portata dell’evento.
Gli ideali di liberalismo e democrazia che stavano alla base della rivoluzione francese attecchirono fortemente anche nell’animo della classe intellettuale partenopea. Questa guardava alla neo-repubblica come a un modello da seguire, e che per questo venivano combattuti dalla corona che invece reprimeva spietatamente ogni forma di giacobinismo. La stessa Eleonora subirà le conseguenze della repressione monarchica, finendo finanche in prigione.
Le differenze tra la Francia e la Repubblica Napoletana
E quando Napoleone intraprese la Campagna d’Italia, i rivoluzionari partenopei sperarono che fosse giunto il momento per insorgere confidando nel sostegno militare francese. C’era però una differenza sostanziale tra la rivoluzione francese e quella partenopea, in grado di mandare all’ aria tutti i piani così minuziosamente messi a punto da gente del calibro di Mario Pagano, Domenico Cirillo, Vincenzo Cuoco e la nostra Eleonora de Fonseca.
Se in Francia la rivoluzione aveva avuto, per certi versi, successo, non era stato tanto grazie alla buona capacità oratoria di giornalisti o avvocati populisti, quanto all’ azione delle masse che avevano fisicamente assaltato i loro signori e partecipato al cambiamento.
Tutto questo a Napoli non era successo, in quanto alle parole non erano seguiti i fatti, e gli intellettuali furono lasciati soli a combattere l’esercito regio. Perfino Napoleone se n’era andato, impegnato com’era nella campagna d’Egitto e incapace perciò di difendere la nascente repubblica di Napoli.
Il substrato popolare partenopeo, dominato dai cosiddetti lazzaroni, aveva fiducia in Ferdinando IV, e aveva combattuto l’invasione francese. A questo punto i capi della congiura vengono messi a morte. Tra di essi c’è anche Eleonora de Fonseca Pimentel, che con compostezza salì al patibolo il 20 agosto del 1799.
Alza gli occhi, verso il mare, che s’è fatto celeste tenero. Come il cielo, come il Vesuvio grande e indifferente. Un piccolo sospiro di rimpianto. Non osa chiedere: vorrebbe, però. Ritrovarli tutti nell’abbraccio di Dio sarebbe bello. Così, invece, che rimane? Niente. Il resto di niente. [1]
[1] Enzo Striano, il resto di niente
Roberta Fabozzi