Gian Lorenzo Bernini nacque a Napoli nel 1598, figlio di Angelica Galante, popolana napoletana, e Pietro Bernini, artista toscano originario di Sesto Fiorentino, impegnato in quegli anni nel cantiere della Certosa di San Martino.
Nel 1605 Gian Lorenzo si trasferisce a Roma insieme alla sua famiglia. L’attività di suo padre presso la Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore segna l’inizio della carriera di Bernini: in questi anni, infatti, le attenzioni di Papa Paolo V e del cardinale Scipione Borghese, si rivolsero verso questo giovane prodigio dell’arte moderna, che appena diciannovenne entra a far parte della più importante cerchia di artisti del momento.
Le sue prime opere mostrano ancora un forte legame con il Manierismo, ma hanno già quella forza espressiva, quella libertà di esecuzione, che caratterizzeranno tutta la produzione berniniana. Tra queste opere ricordiamo “La capra Amaltea con Giove infante e un satiro”, “San Lorenzo” e “San Sebastiano”.
I gruppi “borghesiani”
La fase successiva della produzione berniniana è strettamente legata al rapporto dell’artista con il Cardinale Scipione Borghese, per il quale realizza alcune delle sue opere più belle e innovative (oggi tutte collocate a Villa Borghese), prima fra tutte il gruppo scultoreo di ”Enea, Anchise e Ascanio in fuga da Troia”.
L’opera risale al 1618 e Bernini fissa, per la prima volta, nel marmo la sua idea di gruppo scultoreo: un intreccio di corpi, resi perfettamente dal punto di vista anatomico, grazie a precisione, vigore e saldezza d’esecuzione. Il “Ratto di Proserpina” è invece una straordinaria rappresentazione della sensualità, e della violenza allo stesso tempo, del rapimento di Proserpina, figlia di Giove e Cerere, da parte di Plutone, re degli inferi.
Contemporaneo a quest’ultima opera è il “David”: del tutto differente dal David donatelliano e da quello michelangiolesco, l’eroe biblico è rappresentato nel momento in cui sta per colpire Golia, e noi spettatori ci troviamo proprio nella posizione di quest’ultimo ed è come se fossimo parte integrante di quell’opera.
L’ultimo dei gruppi borghesiani è “Apollo e Dafne”. Il tema è tratto dalle “Metamorfosi” di Ovidio e anche qui Bernini sceglie di rappresentare il momento culminante della vicenda: Dafne è stata appena sfiorata da Apollo e i suoi capelli cominciano a diventare rami, i suoi piedi mettono radici, si sta trasformando lentamente in un albero di alloro, l’albero consacrato ad Apollo.
San Pietro
Il nome di Bernini viene quasi sempre legato alla Basilica vaticana di San Pietro e alle numerose commissioni di Papa Urbano VIII Barberini. Nel più grande e importante cantiere dell’arte moderna l’artista si occupò del “Baldacchino”, della “Cattedra di San Pietro”, della “Tomba di Urbano VIII”, del “San Longino” e della piazza antistante la basilica.
Il “Baldacchino” fu commissionato al Bernini nel 1624 e dai contemporanei fu definito come una “chimera”, un’opera che non era definibile solo un’architettura o solo una scultura, pensata come una celebrazione del potere temporale e spirituale della chiesa.
La “Cattedra di San Pietro” è allo stesso tempo una geniale e innovativa grande pala d’altare, un reliquiario e cattedra del vescovo di Roma, mentre il “San Longino” è una momonumentale scultura panneggiata collocata in uno dei quattro piloni bramanteschi della crociera. La Tomba di Urbano VIII fissa un nuovo modello piramidale per le tombe papali, ripreso numerose volte nei secoli successivi, fino ad arrivare alle tombe di Antonio Canova.
Negli anni successivi, con il papato di Alessandro VII Chigi, Bernini riceve l’incarico di creare una piazza che accogliesse il gran numero di fedeli che ogni giorno giungeva in Vaticano. Bernini pensa ad una piazza di forma ellittica collegata alla basilica grazie a due colonnati sormontati da statue monumentali di santi e profeti: l’idea era quella di rappresentare architettonicamente l’abbraccio della chiesa ai propri fedeli.
Altri capolavori del Bernini
Tra i numerosi capolavori che Bernini realizzò non possiamo non citare la “Cappella Cornaro” nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma. L’impostazione dell’intero spazio può essere definita teatrale, scenografica: al centro, come una pala d’altare scolpita, vi è l’ “Estasi di Santa Teresa” e, lateralmente, due palchetti dove i membri della famiglia Cornaro sembrano assistere allo spettacolo mistico. Subito dopo Bernini si occupa di un’opera per la città di Roma, ovvero la “Fontana dei quattro fiumi”. Siamo al centro di piazza Navona, la piazza della famiglia di Papa Innocenzo X, ed infatti la fontata è una celebrazione in chiave allegorica della famiglia Pamphilj.
Gli ultimi anni dell’attività berniniana sono legati ad un progetto molto ambizioso, tanto ambizioso quanto fu grande la delusione che ne seguì. Parliamo del progetto per il nuovo Louvre, per il quale Bernini fu chiamato a Parigi da Luigi XIV, in quell’unica occasione in cui l’artista si allontana dalla sua amata Roma. I progetti realizzati sono quattro e sono tra i più innovativi dell’architettura barocca. Purtroppo nessuno di essi venne concretamente preso in considerazione dal sovrano francese, in quanto le sue attenzioni si erano spostate sul cantiere della Reggia di Versailles.
Nel corso della sua lunga vita Bernini praticò tutte le arti ma, come Michelangelo, egli considerava il marmo il suo elemento e la scultura la sua vocazione e con il genio, la libertà e l’innovazione della sua arte, seppe fissare in questa materia i nuovi caratteri dell’arte barocca, nuovi modelli ripresi da numerosi artisti nei secoli successivi.
Manuela Altruda