Letteratura e anni del boom economico. Attenzioni alla realtà industriale e la nascita della Neoavanguardia.

La ragazza Carla: l’alienazione dell’individualità immersa nella frenesia imposta dai ritmi di vita dell’industrializzazione. Siamo nei primi anni ’60, siamo in pieno boom economico e in quella fase che in Italia molti storici chiamano “neocapitalismoâ€. La vita degli italiani cambia improvvisamente. Masse di proletari spesso provenienti dalle campagne, divengono operai o impiegati. La monotonia della vita contadina o di artigianato cittadino muta nella frenesia schizoide degli uffici, nella catena di montaggio della fabbrica. La letteratura italiana impegnata a “narrare il popolo†e la “ricostruzione†sembra non mettere in primo piano questa grande trasformazione antropologica a cui la persona va incontro. Non che non si fosse parlato di industrializzazione in letteratura, c’era Calvino, Levi e gli scrittori “olivettiani†e molto altro ancora, ma nessuno aveva dato voce a questa rivoluzione dello stile di vita, o tantomeno allo stato psichico dell’individuo che ne è coinvolto in prima persona
Attenzioni alla realtà industriale e la nascita della Neoavanguardia.
Nei primi anni ’60 alcuni intellettuali decidono di dare voce a questa soggettività frantumata da ciò che il mercato impone e ai ritmi di vita da esso regolati, credendo che sia necessario operare una frattura nella storia della letteratura; Dalla contestazione della canonicità e ridondanza di alcuni romanzi parte l’esigenza di una poetica del tutto nuova. Nasce una nuova avanguardia: la Neoavanguardia, definita anche gruppo 63. Fra questi c’è Elio Pagliarani che insieme ad altri intellettuali come Sanguineti e Balestrieri si riunisce nel 1963 a Palermo con l’intento comune di opporre una reazione alla mercificazione dell’industria culturale. Nel 1960 già Elio Pagliarani aveva pubblicato sul Menabò il poemetto La ragazza Carla: la vicenda di una giovanissima trapiantata di colpo nel mondo del lavoro, ha un suo impiego al dattilografo nella piena consapevolezza che il suo lavoro è totalmente estraniato dal prodotto finale dell’impresa. Le tecniche di scrittura non sono altro che una fedele riproduzione di quei ritmi ossessivi e alienanti che arrivano a corrodere tutto: perfino il ritratto del protagonista (che in tanta letteratura costituisce un elemento imprescindibile del componimento) ha il tono di una pratica burocratica: Carla Dondi fu Ambrogio di anni | diciassette primo impiego stenodattilo |all’ombra del Duomo.
La Ragazza Carla. Lo stile, i temi, la nevrosi dei ritmi di vita.
Lo stile de La ragazza Carla è basato su un andamento spezzato e nevrotico, che si serve di enjambmant, anafore e ripetizioni. Il linguaggio e il ritmo riproducono fedelmente i ritmi alienanti imposti dal capitalismo. La letteratura si compiace di riprodurli e tramite questa riproduzione che rifiuta direttamente la propaganda e indirettamente “l’impegno†degli scrittori del neorealismo cerca di dare voce ad un disagio della civiltà , si va incontro ad una sorta di psicosi collettiva. Ha scritto Alfredo Giuliani in un introduzione al poemetto “L’autore fa uso di un verso “epico†sul quale hanno influito diverse esperienze: un filone Elliot-Pound-Majakovskij-Brecht. E’ un verso a fisarmonica, che si restringe e si allunga a seconda delle necessità , ora espressionistiche, ora veristiche, del racconto. Struttura metrica di fondo atonale che l’autore adopera costantemente anche nelle poesie più brevi.â€
Seguono le imposizioni sulla professionalità che per la prima volta coinvolgono ogni aspetto della vita della lavoratrice: deve non solo avere sollecitudine ed imparare le lingue, ma anche sorridere e di colpo si ritroverà orgogliosa del lavoro svolto, orgoglio montato anche dalla gratitudine inconsciamente indotta di far parte di un’azienda di vaste dimensioni. Il modo di fare arriva a corrodere non solo la visione del mondo ma anche le possibilità di avere un umano stato psichico. La ragazza Carla arriva a non sapersi più commuovere. Riportiamo uno stralcio piccolo, ma assai significativo, del poemetto:
Perché non mangi | Adesso che lavori ne hai bisogno |adesso che lavori ne hai diritto molto di più|| S’è lavata nel bagno e poi nel letto || s’è accarezzata tutta quella sera. | Non le mancava niente, c’era tutta | come la sera prima – pure con le mani e la bocca | si cerca si tocca si strofina, ha una voglia| di piangere di compatirsi | ma senza fantasia | come può immaginare di commuoversi? || Tira il collo all’indietro ed ecco tutto.||
Luca Di Lello