Le Bucoliche, opera giovanile di Virgilio, si inquadrano perfettamente nella letteratura di stampo classicista, riprendendo il modello greco di Teocrito.
Il mondo classico era un mondo non dissimile da quello attuale. Sono cambiati i nomi dei personaggi politici, le correnti letterarie e le religioni con i rispettivi dei, ma i meccanismi storici hanno avuto risvolti reali e quotidiani che si ritrovano anche nel tempo presente. Publio Virgilio Marone è forse la personalità più adatta a chiarire quest’inquietante constatazione. In particolare, la sua opera giovanile, Le Bucoliche, si adatta a prospettare nel modo giusto i continui contrasti e insicurezze che caratterizzano tempi assai bui per la ricerca di una certa identità storico-politica.
Le Bucoliche di Virgilio
Le Bucoliche si sviluppano in un clima assai difficile. Composte tra il 41 e il 40 a.C., quando è alle porte la cosiddetta ‘guerra di Perugia’ terminata con una vera e propria strage di ribelli e cittadini romani.
Già sul finire dell’anno 40 a.C., con una troppo complessa e insicura pace, ci sono tutti i presupposti per comprendere che di lì a poco riprenderà la contesa tra Ottaviano e Antonio, che culminerà con lo scontro di Azio del 31 a.C. . Da questo cupissimo ambiente, attraverso la sua opera, Virgilio cerca di mettere sotto glI occhi di molti, un sogno, un mondo idilliaco.
I protagonisti di quest’opera sono i pastori, che attraverso i dialoghi metteranno in risalto non tanto la vita rustica quotidiana, quanto un disagio diffuso, una situazione di contrasto tra il primo animo inquieto e un paesaggio perfetto.
Si tratta di un’opera poetica, in esametri, composta da dieci ecloghe, complementari l’una con l’altra, ma molto differenti per l’impatto che provocano nel lettore. Non va dimenticata una caratteristica davvero speciale del liber: è stato proprio Virgilio, intenzionalmente, a disporre i componimenti nella posizione in cui vanno letti.
A tratti ci si sente quasi obbligati a seguire un percorso narrativo fatto di dialoghi piuttosto compatti e autonomi, secondo lo schema che tradizionalmente si presenta negli idilli, e contemporaneamente, a riconoscere che le storie a poco si autodistruggono, i personaggi si smentiscono negli altri successivi protagonisti e il lettore spaventosamente si avvicina all’angoscia profonda dell’autore.
A dimostrazione di ciò, si può notare che nella seconda egloga Coridone cerca di trovare continuamente un po’ di conforto e nell’ottava, invece, Damone è sull’orlo del suicidio.
Attraverso quindi un ritmo narrativo fatto di sicurezze sgranate, di interrogativi sempre più angoscianti e passioni a mano a mano sempre più violente, Virgilio giunge ad una descrizione del mondo circostante che quasi lo rende paragonabile ad sociologo contemporaneo.
La sua teoria è chiara: solo nell’osservazione dei contrasti si legge l’origine, la causa della malattia della società. Una malattia celata dietro le apparenze di un mondo perfetto, di dimore pulite e da sogno, e che ha radice nella manipolazione sbagliata dei sentimenti dell’uomo che sempre più preso dallo squilibrio del proprio amore non si rende conto di quanto a volte sia “semplicemente” immorale la Storia che traccia.
Cos’è allora la poesia per Virgilio?
La poesia diventa così mezzo d’espressione, consolazione a breve termine, perché quando il canto sarà finito, tutto ritornerà esattamente come prima. Insomma, il tempo che Le Bucoliche, che i versi lasciano, dovrebbe essere impiegato a partire dalla fine degli errori umani e cucire le storie in modo diverso, chè sono sempre le stesse.
Lisa Davide