Enrichetta Caracciolo è una nobile napoletana vissuta nell’Ottocento, costretta alla monacazione forzata ma ribellatasi alla propria condizione; fu sostenitrice di Garibaldi e ne I misteri del chiostro napoletano raccontò “l’oscurantismo, l’impostura, lo spirito d’intrigo, gl’istinti tirannici del clero secolare nell’ex regno delle Due Sicilie” (Marta, baronessa d’Estraignes).
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La famiglia
Nacque a Napoli il 17 febbraio del 1821 da don Fabio Caracciolo principe di Forino, maresciallo dell’esercito napoletano, e da Teresa di Benedetto dei conti Cutelli, gentildonna palermitana. Trascorse l’infanzia a Bari, dove il padre era stato inviato come comandante della provincia, ruolo che successivamente egli ricoprì a Reggio Calabria, città in cui Enrichetta visse l’adolescenza.
La monacazione
Morto il capofamiglia il 27 settembre 1839, i Caracciolo di Forino fecero ritorno a Napoli; e qui donna Teresa, intenzionata a risposarsi, iniziò le pratiche per introdurre la figlia nel convento benedettino di San Gregorio Armeno, dove già si trovavano due zie paterne della fanciulla. Enrichetta era la quinta di sette figlie femmine e questo segnò il suo destino, in una famiglia che per generazioni usò monacare tutte le figlie femmine tranne le primogenite: il 21 marzo del 1840 ella prendeva l’abito di educanda; il 1º ottobre 1841 era consacrata novizia e il 1º ottobre 1842 pronunciava i voti.
Le monache strinsero in una sola treccia i miei lunghi capelli e la badessa impugnò delle grandi forbici per reciderla, mentre un silenzio profondo regnava intorno. Una voce potente, uscita da mezzo i convitati, gridò: – Barbara, non tagliare i capelli a quella ragazza! Tutti si volsero: bisbigliarono di un pazzo. Era un membro del Parlamento inglese. I preti imposero silenzio e le monache, le quali in altre simili funzioni avevano veduto de’ protestanti, dissero alla superiora, ch’era rimasta colla mano sospesa, stringendo le forbici: – Tagliate! È un eretico. La chioma cadde e presi il velo.
Enrichetta Caracciolo: una monaca ribelle
Ostile alla vita monastica a cui era stata costretta a forza dalla madre, colta e amante degli studi, Enrichetta in convento si scontrò con la grettezza e la diffidenza di monache ignoranti e spesso analfabete.
Nel 1846 presentò a Pio IX, il papa liberale, la prima di una serie di istanze volte a ottenere lo scioglimento dai voti o almeno una dispensa temporanea per motivi di salute; tuttavia, nonostante il parere favorevole del pontefice, l’arcivescovo di Napoli Riario Sforza, le rivolse un’accanita persecuzione personale, negandole il nulla osta.
Il Quarantotto
Nel 1848, mentre le monache pregavano per lo “sterminio dei malvagi” rivoluzionari, Enrichetta innalzava “taciti voti all’Onnipossente per la caduta della tirannide e pel trionfo della nazione”, procurandosi “la fama di rivoluzionaria, aggregata a segrete società, settaria, eretica”.
In riferimento agli avvenimenti del Quarantotto, la Caracciolo scrisse:
Al clamoroso risvegliarsi dei popoli, al tremendo ruggito delle rivoluzioni, allo strepito delle barricate, al crollo dei troni, che tanto contrastava col sepolcrale silenzio del mio carcere, io provava una soddisfazione, uno strano contento che mi rapiva.
Nel 1849 riuscì ad ottenere l’autorizzazione per trasferirsi nel Conservatorio di Costantinopoli, dove, nonostante la presenza di alcune recluse “non nemiche del progresso e della civiltà”, Enrichetta subì una drastica censura riguardo a quelle che erano diventate le sue fonti di sopravvivenza psichica: la lettura di scritti storiografici, l’esecuzione al piano dei brani di Rossini, la possibilità di scrivere lettere e di tenere un diario.
Garibaldi e il velo tolto
La Caracciolo visse gli anni Cinquanta tra i tentativi di fuga e gli isolamenti a cui la costrinse il suo persecutore Riario Sforza, fino a quando, nel 1854, riuscì ad ottenere dalla Sacra Congregazione dei Vescovi, ostile all’atteggiamento vessatorio del cardinale, la possibilità di curarsi presso i bagni termali di Castellammare.
“La mia storia finisce in questo giorno, che per l’Italia è giorno di nuova creazione”: il sette settembre 1860 Enrichetta, nel Duomo di Napoli, mentre Giuseppe Garibaldi assisteva al Te Deum di ringraziamento per la fuga di Franceschiello II di Borbone, depose su un altare il suo nero velo di monaca.
I misteri del chiostro napoletano
Nel 1864 Enrichetta Caracciolo pubblicò la propria autobiografia, I misteri del chiostro napoletano, presso Gaspare Barbera di Firenze. L’opera ebbe immediatamente un enorme successo, in Italia e all’estero, dove apparve in numerose traduzioni, e suscitò anche vivaci polemiche per il suo taglio violentemente anticlericale.
In un testo a metà tra il romanzo storico e il memorialismo romanticheggiante, la Caracciolo denunciò la triste condizione femminile delle monache nel convento di San Gregorio Armeno, imposta “dall’egoismo di snaturati genitori e di fratelli destinate sin dalle fasce a seppellire mente e cuore e bellezza nella solitudine”; ella, appoggiando il decreto con cui il nascente Stato italiano sopprimeva i monasteri, scriveva queste memorie per dimostrare non solo “che la gente chiusa ne’ conventi sia ormai inutile affatto alla società” ma che essa sia addirittura “nociva”.
I misteri del chiostro napoletano si guadagnò gli apprezzamenti di Dostoevskij, di Alessandro Manzoni (il quale trovò nella storia di Enrichetta molte somiglianze con il personaggio di Gertrude, la monaca di Monza) e di Luigi Settembrini, che sul giornale L’Italia scrisse:
C’è un libro uscito testé, opera di donna che ha preso quasi le proporzioni di un avvenimento politico. Non è esprimibile la profonda impressione che ha fatta in tutta Italia. Ed il successo del libro non si dee già a quel piacere di scandali, del nuovo e del curioso che è nella parte frivola della società, ma un sentimento più profondo, che rende quel libro interessantissimo agli uomini che prendono sul serio la vita.
Gli ultimi anni
Pochi mesi dopo avere abbandonato i voti, sposò col rito evangelico il patriota napoletano di origine tedesca Giovanni Greuther dei principi di Sanseverino. Dopo aver ricoperto per qualche tempo il posto di ispettrice degli educandati della città di Napoli offertole dallo stesso Garibaldi, ella trascorse gli ultimi anni della propria vita dedicandosi al giornalismo e al movimento femminista.
Enrichetta Caracciolo, rimasta vedova nel 1885, morì a Napoli il 17 marzo 1901.
Carmine Caruso
Sitografia
http://www.cdlstoria.unina.it/storia/dipartimentostoriaold/donne/invisi/profili/caraccioloe.htm (Profilo biografico di Enrichetta Caraccaiolo, a cura di Laura Guidi, docente di Storia contemporanea e di Storia di Genere presso l’Università Federico II)
Bibliografia
ALESSANDRA BRIGANTI, Caracciolo Enrichetta, in Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 19 (1976)
ENRICHETTA CARACCIOLO, I misteri del chiostro napoletano, Firenze, Barbera, 1864