La festa di Piedigrotta è una delle più antiche feste religiose partenopee. Cade l’ 8 settembre in onore della natività della Vergine Maria e ha origini molto antiche, che sfumano addirittura nei culti pagani romani. La festa venne istituzionalizzata nel 1353 in seguito alla costruzione del Santuario de pedi grotta. Ma è stato solo nei secoli successivi che la festa ha assunto il carattere musicale e quasi carnevalesco che tutti conosciamo.
La festa di Piedigrotta: le origini
Già Petronio nel Satyricon aveva parlato di baccanali che si svolgevano nei pressi della Crypta Neapolitana (attuale Grotta di Posillipo) in onore del dio romano della fertilità, Priapo. Con l’avvento del cristianesimo e l’introduzione del culto della Vergine intorno al III secolo d.C., nella stessa zona venne poi edificata una cappella. La leggenda vuole che fu costruita laddove tre religiosi dissero che era apparsa loro la Vergine Maria.
Ma è da un cronista del XV secolo, un certo Giampietro Leostello, il quale aveva il compito di riportare al re Alfonso d’Aragona tutti i fatti quotidiani, che apprendiamo di una festa della Santa Maria della Grotta a cui partecipava una bella fetta della popolazione napoletana.
E successivamente sotto i Borboni la festa aumentò sempre più la sua portata e per una ragione ben precisa; nel 1744 Carlo III aveva battuto gli austriaci nella battaglia di Velletri, e per dare risalto all’evento e quindi lustro al Regno di Napoli, decise di introdurre una parata militare.
Piedigrotta tra carri e abbuffate
Come ricorrenza era molto sentita, tant’è vero che fin dalla mattina del giorno prima tutto il quartiere si animava al fine di preparare al meglio la festa; tra luci, fiori e addobbi vari, il popolo napoletano era tutto in fermento in attesa del concerto serale. La festa di Piedigrotta rimase sempre un evento religioso, ma ormai Carlo III le aveva dato un carattere trionfale e molto carnevalesco, e ciò si conciliava perfettamente con euforia dei napoletani.
Chiunque avesse passeggiato in quei giorni per le viuzze della Napoli del XVIII secolo, avrebbe assistito alla sfilata di carri su cui venivano issati le ricostruzioni di personaggi tradizionali, primo fra tutti Pulcinella. Il percorso che questi carri seguivano era preciso. Il passaggio di ognuno di essi era preceduto da una banda musicale, dopodiché si fermava a piazza San Ferdinando (attuale piazza Plebiscito) per il rigoroso inchino ai sovrani, i quali seguivano lo spettacolo dall’alto di un palco appositamente allestito.
Solo a questo punto il popolo si divertiva a distruggere letteralmente questi carri, e cominciava l’abbuffata; il menù era composto da piatti diventati tipici della gastronomia napoletana, come ad esempio la parmigiana di melanzane. C’era anche un’ altra pratica che si svolgeva durante la festa di Piedigrotta: i maritaggi. Venivano scelte venti giovani donne non ancora sposate (le cosiddette “zite”) di estrazione sociale molto bassa per sfilare sui carri. Il re poi concedeva a ciascuna di loro una dote.
Piedigrotta e il Festival della canzone
Abbiamo accennato prima al fatto che i festeggiamenti si concludessero con un concerto serale, in cui musica e arte si fondevano insieme. Nel corso del XIX secolo sono state scritte le canzoni napoletane più belle, conosciute a livello mondiale e che mai potranno cadere nel dimenticatoio. Per qualche soldo i testi delle canzoni venivano stampati dai tipografi, che a loro volta li rivendevano ai venditori ambulanti. È anche grazie a qualche strillone se oggi possiamo cantare la celeberrima O Sole mio di Giovanni Capurro, paradigma dell’ intera napoletanità.
Roberta Fabozzi