Naoki Urasawa è un nome che, nel mondo dei manga, può ormai essere considerato sinonimo di qualità. Tutte le maggiori opere di Urasawa infatti, oltre ad un buon successo di pubblico, hanno riscontrato un’eccelsa accoglienza da parte della critica e vinto numerosi premi. Monster
Monster è il manga che segnò il salto di qualità per Urasawa, nonchè il raggiungimento della sua piena maturità come autore e disegnatore; di tale opera si potrebbe discutere per ore, snocciolandone minuziosamente le tematiche e gli artifizi narrativi, per poi perdersi nella miriadi di sottotrame presenti, tutte legate in qualche modo alla storia principale ed in grado di trasmettere insegnamenti ed emozioni, ma per questioni di tempo e di spazio ciò non è possibile. Monster
La nostra analisi verterà dunque su pochi punti essenziali, rimandando alla lettura dell’opera e degli altri grandi lavori di Urasawa (come 20th Century Boys e Pluto) per un maggior approfondimento. Monster
Trama e sottotrame di Monster
La trama principale di Monster ruota attorno alle vicende di Kenzo Tenma, brillante ed onesto neurochirurgo, ritrovatosi, per uno scherzo del caso e per difendere una sua profonda convinzione morale, a salvare un bambino di nome Johan Liebert, in fin di vita dopo essere stato sparato in testa. L’intervento riesce ma il paziente scompare nel nulla poco dopo, in contemporanea con una serie di morti misteriose di cui l’ispettore Heinrich Lunge ritiene Tenma colpevole, senza però trovare alcuna prova che possa incastrarlo. Monster
Nove anni dopo Johan ricompare e, dopo aver ucciso un uomo a sangue freddo davanti agli occhi del dottore, si rivela per ciò che è in realtà: un pluriomicida dalla lucida follia e dal passato misterioso. Sentendosi in colpa per avergli salvato la vita, Tenma si mette dunque in viaggio con il preciso scopo di porre rimedio al suo errore uccidendo Johan con le sue mani. Il dottore non dovrà però fare i conti unicamente con il “mostro” che si trova ad affrontare, ma anche con l’ispettore Lunge, convinto che l’assasino sia proprio Tenma e che il Johan a cui attribuisce ogni colpa non sia altro che una sua doppia personalità. Mons
Alla trama principale si affiancano poi numerose sottotrame, ad essa connessa in modo più o meno labile, che approfondiscono la psicologia dei personaggi principali e non, spingendoli ad interrogarsi sulle ragioni più profonde delle loro azioni, oltre a metterli in contatto con il lato più oscuro dell’essere umano. M
Tra sogni eugenetici, organizzazioni criminali, violenza e piccole prevaricazioni di ogni giorno però, non è soltanto l’oscurità ad essere rappresentata in Monster, bensì tutte le possibili sfumature dell’animo umano. Mons
Il valore della vita
Tra le numerose tematiche che Urasawa tocca nel corso di Monster spicca quella relativa al valore della vita, degnamente rappresentata dalla domanda che pervade l’intero manga dal primo all’ultimo capitolo: tutte le vite umane hanno lo stesso valore?
Kenzo Tenma si trova ben presto a porsi questo interrogativo e a dovergli fornire una risposta: a causa della sua bravura combinata ad una personalità arrendevole, egli è stato infatti convinto dal direttore dell’ospedale in cui lavora ad operare pazienti arrivati in un momento successivo ad altri, ma dotati di un’influenza e di un’importanza maggiori.
È in seguito alla raggelante affermazione della sua algida fidanzata Eva Heinemann (“Non tutte le vite umane hanno lo stesso valore”) ed all’incontro con la disperata vedova di un umile operaio che non ha salvato per soccorrere qualcuno di più ricco e potente, che Tenma decide di disobbedire agli ordini del direttore e fornire la sua assistenza al paziente che ne ha diritto, non a quello che ricopre il ruolo più importante all’interno della società. Ciò proprio perchè, per un medico, tutte le vite dovrebbero avere lo stesso valore. Ironia della sorte, ciò lo porterà a salvare Johan, il pluriomicida che darà avvio alla trama di Monster.
Dopo aver scoperto la realtà celata dietro il volto di quello che pareva un bambino innocente, Tenma si troverà divorato dal senso di colpa, tormentato da una nuova domanda, a cui sarà costretto a cercar risposta nel corso della storia: anche la vita di uno come Johan è degna di essere salvata? O forse la sua convinzione precedente ammette delle eccezioni? Lanciato all’inseguimento del criminale e, almeno nelle intenzioni, deciso ad ucciderlo, Tenma pare aver trovato la risposta e tradito sè stesso: ma sarà realmente così?
Lo stesso dottore, fino alla fine, sarà ideciso su quale sia la cosa giusta da fare: un uomo ha il diritto di decidere della vita di un suo simile? Egli può, se questi ha tolto altre vite, essere giustificato nel compiere il medesimo atto? Esistono o meno omicidi definibili come “giusti”?
Ma, in Monster, non sarà soltanto Tenma a riflettere su questa tematica, incarnata invece da numerosi personaggi dall’importanza più o meno rilevante nella trama. Uno di essi è Rosso, ex assassino su commissione di origine italiana, presentato come un burbero ma buono proprietario di ristorante, il cui unico “vizio” è l’assunzione di una smodata quantità di caffè, sorbito rigorosamente in tazzine a cui vengono sempre aggiunte cinque zollette di zucchero. Ed è proprio tale singolare peculiarità ad avergli cambiato la vita: anni addietro, quando un suo bersaglio aveva versato nel proprio caffè esattamente lo stesso numero di zollette, Rosso aveva potuto assaporare il gusto della bevanda che amava, rendendosi conto che non poteva privare qualcuno di quel medesimo piacere. Il valore della vita, dunque, può essere improvvisamente compreso ed apprezzato anche da chi è abituato a toglierla.
Alessandro Ruffo