Perché il problema della televisione e del suo rapporto con il pubblico ha a che fare con la politica? Domanda a cui si può rispondere solo attraverso il nesso che dal ‘900 in poi si crea tra arte, tecnica e politica. Con il testo L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica del filosofo Walter Benjamin si apre un ambito filosofico, sociale e morale estremamente attuale.
Indice dell'articolo
I mass media come strumenti per esercitare il potere politico
Abbiamo visto con Pasolini quello che possiamo considerare la previsione dell’attuale egemonia dei mass media e della totale alienazione in essi che caratterizza oggi ogni individuo. Pasolini paragonava la ferocia di un mezzo come quello televisivo alla ferocia che potevano avere le grandi guerre o i campi di concentramento.
oltre a questa vecchia ferocia, c’è una nuova ferocia che consiste nei nuovi strumenti del potere; una ferocia così ambigua, ineffabile, abile, da far sì che ben poco di buono resti in ciò che cade sotto la sua sfera. Lo dico sinceramente: non considero niente di più feroce della banalissima televisione.
Ma quale apparato teorico giustifica una così, almeno apparentemente, azzardata affermazione?
Possiamo spiegarlo facilmente grazie alle parole di Walter Benjamin.
Walter Benjamin, un accenno alla sua vita
Walter Bendix Schoenflies Benjamin nasce a Berlino il 15 luglio del 1892, in una famiglia ebraica, e muore il 26 settembre del 1940. Visse dunque, drammaticamente, soprattutto per le sue origini, tutto il periodo del primo conflitto mondiale e le trasformazioni politiche e culturali che condussero allo scoppio della Grande Guerra. Il periodo in cui nasce e cresce non può non influenzare il suo pensiero e le sue opere. Questo è più che evidente ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.
L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica
L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, testo di Benjamin dalla storia travagliata, ci fornisce un’acuta e previdente – nel senso letterale della parola – analisi filosofica della manifestazione del pensiero occidentale che si ha nell’arte, dall’antica Grecia al Novecento inoltrato, analisi ancora attualissima.
Gran parte del corpo del testo di questa breve opera sembra incentrarsi su una serie di teorie estetiche, che apparentemente avrebbero poco a che fare con la filosofia ma soprattutto con la politica. Ma non lasciamoci ingannare dalle apparenze. L’intento del discorso di Walter Benjamin diventa ben evidente nel quindicesimo e ultimo capitoletto dell’opera, ma soprattutto nella Postilla dove si leggono finalmente le parole chiave: estetizzazione della vita politica.
Il fascismo tende conseguentemente a un’estetizzazione della vita politica.
Ma cosa intende esattamente? Cosa ha a che fare l’arte con la politica?
Il rapporto tra Arte e Tecnica, attraverso la Percezione
Il nesso cultura-arte è immediatamente evidente se pensiamo al fatto che:
Nel giro di lunghi periodi storici, insieme con le forme complessive di esistenza delle collettività umane, si modificano anche i modi e i generi della loro percezione sensoriale. Il modo e il genere secondo cui si organizza la percezione sensoriale umana – il medium in cui essa ha luogo – è condizionato non soltanto in senso naturale, bensì anche in senso storico.
Quello che Benjamin cerca di dirci ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica è che attraverso lo studio dei mutamenti dell’espressione umana, quindi del modo in cui l’uomo fa l’arte, possiamo individuare il cambiamento del modo in cui l’uomo percepisce il suo mondo. Altro ruolo fondamentale dell’arte:
Uno dei compiti principali dell’arte è stato da sempre quello di generare un’esigenza per la cui piena soddisfazione non è ancora giunto il momento.
Qui intuiamo il collegamento con il problema della tecnica, ovvero attraverso la costruzione e l’evoluzione delle opere d’arte l’uomo crea, ancor prima di svilupparla effettivamente, l’esigenza di una manifestazione ulteriore della tecnica e dell’arte.
Per intenderci, basti pensare all’evoluzione dell’arte dal dipinto alla foto, e successivamente al cinema; dal possesso dell’immagine del mondo attraverso la mano si passa a alla riproduzione e riproducibilità tecnica della vista, attraverso la foto, manifestazione precoce, quest’ultima, della volontà di riprodurre immagini in movimento, passando dunque al cinema.
È qui che sorge il problema. Con la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte si passa da una sfera cultuale (=di culto), quasi privata, della fruizione dell’opera, ad un ambito espositivo che contempla la possibilità di avere, proprio grazie alla sua natura riproducibile, un infinito pubblico. Si tratta di nient’altro che della riproduzione massiva dell’opera e della conseguente massificazione dell’arte.
La Distrazione come categoria politica
Arrivati al famoso quindicesimo capitolo, leggiamo:
La massa è una matrice dalla quale attualmente esce rinato ogni comportamento abituale nei confronti delle opere d’arte. La quantità di è ribaltata in qualità: le masse sempre più vaste dei partecipanti hanno determinato un modo diverso di partecipazione. […] Distrazione e raccoglimento stanno in una contrapposizione che consente la seguente formulazione: colui che si raccoglie davanti all’opera d’arte vi si immerge; penetra in quest’opera, come racconta la leggenda di un pittore cinese alla vista della propria opera compiuta. Inversamente, dal canto suo, la massa distratta fa sprofondare l’opera d’arte in sé.
Fondamentale, per arrivare al versante politico di questo discorso, è il concetto di Distrazione; la percezione dell’arte che si ha in modo distratto è peculiare dell’epoca della riproducibilità tecnica, infatti si esplica in maniera decisiva con l’avvento del cinema:
La fruizione nella distrazione, che si fa sentire con pressione crescente in tutti i settori dell’arte ed è il sintomo di profondissime modificazione nell’appercezione, trova nel cinema il proprio autentico strumento di esercizio. Nel suo effetto di choc il cinema viene incontro a questa forma di fruizione . Il cinema respinge il valore cultuale non soltanto per il fatto di condurre il pubblico nell’atteggiamento valutativo, bensì anche per il fatto che al cinema l’atteggiamento valutativo non implica attenzione. Il pubblico è un esaminatore, e però un esaminatore distratto.
La questione della percezione nella categoria della Distrazione è fondamentale, perché proprio da questa distrazione, oltre che della perdita del valore cultuale in sé, la politica trae la sua forza di controllo sulle masse.
Ancor meglio nella Postilla – che andremo ad analizzare nel prossimo articolo – al testo si evidenzierà il senso della già citata estetizzazione della vita politica, quindi del nesso filosofico tra Arte e Politica. Ma intuiamo già, a questo punto la portata politica delle affermazioni di Pasolini sul ruolo della televisione, paragonabile a quello che il cinema è per Benjamin; con la piccola grande differenza di essere un medium diffuso in ogni casa, alla portata di ogni singolo individuo.
Nunzia Rescigno
Fonti
Fonte citazioni: Matteo Cerami e Mario Sesti, a c. di, La voce di Pasolini – film documentario; Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi.