Come pensate che possano essere collegati tra loro un consulente assicurativo di una casa automobilistica e un singolare, per non dire altamente strambo, produttore di saponette? Attreverso un Fight Club! Un club di lotta libera, segreto, ovviamente illegale, i cui membri hanno come prima regola quella di non parlarne mai a nessuno.
Fight Club di David Fincher: la trama
Ma andiamo con ordine. Fight Club, che il regista David Fincher ha tratto dall’omonimo romanzo di Chuck Palahniuk, è un film in cui la violenza, il sarcasmo e la pazzia dilagano per ben due ore. Abbiamo una sorta di prologo iniziale che ci illustra la miserabile vita da insonne del protagonista, nonchè voce narrante (Edward Norton), il cui nome ci resta sconosciuto per tutta la durata del film.
Il narratore, la cui vita potrebbe apparentemente dirsi soddisfacente, lavoro rispettabile, appartamento mediamente di lusso, guradaroba firmato, è alle prese con una gravissima forma di insonnia, che non raggiunge di certo quella di Christian Bale ne L’uomo senza sonno, che lo porta ad essere totalmente al di fuori della realtà, «Con l’insonnia tutto è una copia di una copia…» dice lui stesso, finché trova un piccolo barlume di felicità frequentando circoli di supporto per malati terminali.
Proprio durante i suoi seminari incontra Marla Singer (Helena Bonham Carter), che sconvolge il suo piccolo universo felice presentandosi a tutte le riunioni sebbene anche lei non soffra di nessun malessere se non quello psicologico. Da ricordare la scena ironica e, a dire il vero, anche un po grottesca, di quando i due si accordano sui differenti turni per frequentare i vari gruppi di supporto al fine di evitare di incontrarsi.
Ma adesso inizia la storia in sé, lasciamo da parte il frustrato protagonista insoddisfatto per far posto ad un nuovo trentenne, Tyler Durden (Brad Pitt), intelligente, anticonformista e carismatico. I due, a seguito di un bizzarro incontro durante un volo, si ritrovano a condividere una «villetta» fatiscente dopo che l’appartamento del povero protagonista è andato a fuoco, eliminando ogni più piccolo ricordo materiale della sua vita da impiegato.
E con l’esplosione del suo appartamento scoppia anche qualcosa nella sua testa, non c’è più nulla che lo mantenga ancorato alla precedente realtà, ogni speranza di ritorno alla normalità scompare dopo questo avvenimento, portandolo ad abbandonare tutte le inibizioni e abbracciando un nuovo io: «Perdere ogni speranza era la libertà».
I due nuovi amici per la pelle fondano appunto il Fight Club, il quale inizialmente riservato a pochi partecipanti, si vedrà in seguito come verrà diffuso nelle maggiori città americane, fino a formare un vero e proprio esercito al servizio del Progetto Mayhem, di stampo eco-terrorista. Perché quello che inizialmente era una sorta di passatempo contro lo stress del lavoro e della routine giornaliera, si trasforma invece in un’associazione segreta volta alla distruzione dei pilastri di una società consumistica e standardizzata.
La spiegazione del film
E la pellicola in fondo è questo, un grido contro l’alienazione della società votata al lavoro, ai soldi e ai beni materiali, ossia tutto ciò che annulla la propria indipendenza poiché «Le cose che possiedi alla fine ti possiedono».
Fincher crea un thriller violento e crudo, cosa che fece scalpore tra il pubblico e la critica di quegli anni. Ma, chi conosce questo regista, sa bene che la sua pellicola non potrebbe limitarsi ad un’azzuffata tra uomini dopo una giornata di lavoro.
Ed, in effetti, è verso la fine del film che si rivela l’inimmaginabile: Tyler Durner non esiste, anzi esiste, ma nella mente del protagonista! Ci troviamo davanti ad uno degli episodi di schizofrenia più interessanti e imprevedibili del cinema.
Chi poteva aspettarsi che il desiderio più intimo e segreto del narratore era quello di distruggere la società che in fondo l’aveva a sua volta distrutto? In realtà qualcosa potevamo sospettarlo, come al solito un indizio Fincher ce lo aveva dato: «Se ti svegliassi a un’ora diversa in un posto diverso, saresti una persona diversa?». Edward Norton infatti già dall’inizio viaggiatore per lavoro, si risvegliava improvvisamente in città diverse senza neanche ricordare come ci fosse arrivato.
Un alter-ego un po’ aggressivo e rabbioso a dir la verità, ma se questo era il suo sogno nel cassetto, possiamo noi biasimarlo?
Celia Manzi