La Crocifissione rappresenta il simbolo per antonomasia del Cristianesimo: essa occupa un posto centrale nella produzione dell’arte sacra. L’analisi della iconografia della Crocifissione nell’arte mostra la varietà di sistemi di senso attribuiti alla sofferenza, alla morte di Cristo e alla promessa di salvezza per gli uomini.
La rappresentazione della crocifissione nell’arte fu duramente ostacolata nella Chiesa primitiva in quanto la legge ebraica “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra” proibiva qualsiasi tipo di rappresentazione e il timore che le immagini sacre potessero risentire del culto dell’idolatria pagana indussero gli antichi Padri ad opporsi alla tendenza popolare che era portata a venerare l’immagine di Cristo. I cristiani obbedirono inizialmente alle limitazioni imposte dagli antichi Padri, ma la propensione per la venerazione delle immagini sacre prevalse col tempo e le prime rappresentazioni del Cristo non tardarono a far parte del culto.
L’entrata della crocifissione nell’arte si può fare risalire al IV secolo, con l’apparire delle prime croci formate da una trave verticale e un’altra orizzontale, detta “patibulum”, senza la figura del Cristo.
La prima rappresentazione di una vera crocifissione nell’arte risale al 432 e si trova intagliata su un pannello della Porta della Basilica di S. Sabina sull’Aventino a Roma dove il Cristo è rappresentato tra i due ladroni, con il perizoma, a braccia distese nella posizione dell’orante e con gli occhi aperti, vittorioso della morte: è il primo Christus Triumphans.
La forza dello spirito religioso che caratterizza il periodo medievale fa si che arte e religione siano strettamente collegate tra loro, ed è anche per questo motivo che si ritrovano con maggiore frequenza crocifissi (lignei soprattutto) e affreschi aventi come tema la Crocifissione, come la Crocifissione di Masaccio.
Il più grande artista del Medioevo italiano in questo senso può essere riconosciuto sicuramente in Giotto. Numerosi sono i suoi crocifissi che ancora oggi incantano devoti e amanti dell’arte, ma uno dei più belli resta sicuramente quello presente tuttora nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, datato tra il 1290 e il 1295.
In età moderna continua la produzione inerente a questo tema e tra i crocifissi lignei ricordiamo quelli di Donatello e del Brunelleschi, ma tra le crocifissioni più belle che siano state dipinte dobbiamo sicuramente menzionare quella del Tintoretto nella Scuola Grande di San Rocco a Venezia: ogni dettaglio contribuisce a comunicare l’angoscia dell’evento, in particolar modo lo squarcio di luce gialla nel cielo sopra il Golgota.
Completamente diverso il “Cristo crocifisso” di Diego Velazquez del 1631. Il dipinto, carico di valore emotivo, spirituale e simbolico per il convento delle Benedettine di San Placido a Madrid, fa parte di un gruppo di opere a tema religioso che il pittore dipinge dopo essere tornato dal soggiorno romano del 1629. Nonostante il soggetto trattato, l’opera del pittore spagnolo, al contrario di quella del Tintoretto, non da assolutamente allo spettatore l’idea della drammaticità e dell’angoscia, anzi al contrario regala quasi serenità a chi la osserva.
Negli anni a noi più vicini i temi religiosi sono stati affrontati in maniera differente dai diversi artisti, ma c’è un’opera in particolare che lascia molti senza fiato: è il “Corpus Hypercubus” di Salvador Dalì, oggi al Metropolitan Museum of Art di New York.
Il titolo della tela fa riferimento al fatto che la figura di Cristo non è inchiodata alla croce, ma è praticamente sospesa nell’aria, appena accostata ad una struttura formata da otto cubi che simulano la forma della croce, ma che in realtà esprimono la rappresentazione dello sviluppo, nello spazio tridimensionale, di un solido che si studia nella geometria della “quarta dimensione”,ovvero l’ipercubo.
Le opere, diverse tra loro perché la loro realizzazione è distante tra loro secoli, esprimono comunque tutte indistintamente la profondità e la spiritualità dell’avvenimento narrato così caro a chi è di fede cristiana. Allo stesso tempo, attraverso lo studio e l’osservazione, ci rendiamo conto di come nel corso dei secoli sia ovviamente cambiato il modo dell’arte di rapportarsi alla religione, in quella che però si delinea come una dialettica sempre presente e costante.
Manuela Altruda