La scena musicale californiana è fra le più feconde al mondo: il palcoscenico del Festival di Woodstock sarebbe stato piuttosto scarno senza le band californiane o influenzate dal sound californiano. Il primo sottogenere musicale partorito dal sudovest statunitense non è stato, però, lo psychedelic rock che dominò a Woodstock, ma la cosiddetta “Surf music“, i cui principali rappresentanti sono stati i Beach Boys.
La Surf music
Il surf è un prodotto made in Polinesia, importato in un secondo momento in California. Ad avere tale idea geniale fu Henry Huntington, imprenditore desideroso di rilanciare la regione californiana, in cui aveva investito pesantemente. Avendo conosciuto il surf alle Hawaii, pensò di aver trovato l’idea giusta.
In pochi anni il surf spopola fra i giovani californiani. La musica rock, da sempre legata alle controculture giovanili, assorbì la nuova tendenza, dando vita ad un sottogenere musicale che potesse ben confacersi al nuovo hobby: la surf music di Dick Dale, che, con la sua chitarra, imitava l’andamento delle onde marine.
A differenza del rock ‘n roll la surf music non aveva velleità politiche, non rappresentava uno strumento di protesta sociale; era adatta per adolescenti spensierati e amanti delle belle auto. I loro modelli non erano rappresentati da politici di colore, ma da sportivi di bell’aspetto.
L’ascesa dei Beach Boys
Il più grande gruppo ascrivibile al sottogenere della surf music sono indubbiamente i Beach Boys. La band è formata da tre fratelli: Brian, Dennis e Carl Wilson, provenienti da Hawthorne, piccola città nei pressi di Los Angeles. Murry Wilson, il padre del trio, li spinge verso la carriera professionistica.
Come molti gruppi dei Sixties, debuttano con un altro nome: si fanno chiamare The Pendletons ancora nel 1961, quando pubblicano il loro primo singolo, “Surfin’“, per poi cambiare nome in The Beach Boys per cavalcare la moda della surf music.
Il 1963 è l’anno del grande successo con “Surfin’ USA“, che subito sale in vetta alle classifiche, a cui segue, l’anno successivo, la pubblicazione di “I Get Around“, altro grande successo.
I Beach Boys rivaleggiano, in popolarità, con i gruppi britannici della British Invasion, ma qualitativamente devono ancora raggiungere il loro apice.
Pet Sounds
Brian Wilson, l’anima del gruppo, viene folgorato da Rubber Soul dei Beatles: l’ascolto lo spinge ad osare di più per l’album successivo dei Beach Boys.
Alla fine del 1964 i Beach Boys lasciano il versante live, e si concentrano anima e corpo sulla produzione di quello che sarà il loro album capolavoro: Pet Sounds.
Viene pubblicato nel 1966 e, non a caso, è al secondo posto della classifica dei migliori album di sempre di Rolling Stone. Pet Sounds è, de facto, il primo album della storia in cui i brani sono legati fra di loro, la cui sequenza è decisa secondo determinate ragioni e il cui suono risulta compatto. Mentre in precedenza gli album risultavano, spesso, una somma di diversi singoli che non avevano collegamenti fra di loro, i Beach Boys aggiungono una tappa importante nel processo di sviluppo del “concept album“, cosa che Pet Sounds non è ancora, ma a cui si avvicina moltissimo.
L’atmosfera disincantata della surf music lascia il posto a canzoni introspettive. La stessa copertina dell’album manca di riferimenti al mondo surf.
Dal punto di vista commerciale non è un grandissimo successo, sebbene si piazzi nelle prime dieci posizioni della classifica musicale statunitense: ma ha un impatto pazzesco sugli altri artisti, che ne vengono fortemente influenzati, fra cui gli stessi Beatles.
Brian Wilson continuerá poi la sua sperimentazione musicale per produrre l’album perfetto. Il risultato sarà Good Vibrations, il singolo migliore dei Beach Boys, ma Wuksib non dará mai vita all’album che aveva in mente: ci penseranno i Beatles con Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
Davide Esposito
Bibliografia
La Terra Promessa in Guaitamacchi E., La Storia del Rock, Hoepli, Milano 2014