Eccoci giunti ad un nuovo articolo filosofico! Oggi l’entusiasmo è alle stelle perché introdurremo uno dei pensatori più grandi di tutti i tempi: Agostino, più noto come Sant’Agostino da Ippona!
La formazione di Agostino
Emblematica per la comprensione del pensiero – ma soprattutto del modo di pensare – di Agostino è la frase “(…) inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te” che, tradotta, significa: “inquieto è il nostro cuore, finché non trova riposo in te”. Quel “te” si riferisce a Dio e la citazione è tratta dalle Confessioni, la sua opera più conosciuta.
Tra mancanza e pienezza vive l’uomo ed è in continua ricerca, ricerca che lo stesso Agostino attuerà nella sua vita: infatti l’elemento biografico è indispensabile per comprendere il suo pensiero e i modi in cui esso si è sviluppato. La ricerca di cui abbiamo parlato prima mira alla felicità e alla verità ma prima è necessaria la comprensione di sé stessi; come dicevo, la biografia di Agostino è il perfetto esempio di questo arduo percorso dell’anima verso l’illuminazione.
Originario di Tagaste (vi nacque nel 354 d.C.), oggi nota come Souk Ahras, in Algeria, Agostino ha già il destino segnato: il padre, Patrizio, infatti, subito lo avvia agli studi prima in patria e poi a Madaura; con l’aiuto di Romaniano, poi, si reca a Cartagine dove sarebbe diventato vir eloquentissimus. Grammatica e retorica costituiscono, dunque, le colonne portanti del sapere di Agostino, cui seguono tutte le altre arti liberali; mentre la grammatica vede negli autori classici i propri punti cardine, la retorica si basa soprattutto su Cicerone come modello ideale.
Sebbene la lingua della cultura, nell’epoca di Agostino, sia latina, il greco non gode più della considerazione del passato; per questo motivo non potrà mai studiare le opere direttamente in greco, dato che la sua scarsa conoscenza di questa lingua non glielo permetterà. C’è da dire che Agostino è molto critico riguardo la propria formazione, infatti
non era, ecco, tutto fumo e vento?
Retorica, filosofia e manicheismo
Grazie allo studio dell’Hortensius di Cicerone (non vi affannate; a noi non è pervenuta neanche una lettera, ahimé) Agostino capisce che il proprio campo di interesse riguarda il sempiterno conflitto tra retorica e filosofia; nell’Hortensius, Cicerone afferma che la felicità può essere trovata solo nella sapientia, nella conoscenza che è verità.
Agostino, dunque, si rende conto che la filosofia deve essere intesa come ricerca della verità e dove potrebbe andare a ricercare in primis la verità, uno che ha avuto un’educazione cristiana? Ma nella Bibbia, ovviamente, da sempre foriera di verità, come tutti sappiamo.
Agostino, però, rimane piuttosto deluso da questo confronto con il testo sacro, infatti “ebbi l’impressione di un’opera indegna della maestà ciceroniana”. Certo, non so quanto sia furbo paragonare lo stile di Cicerone a quello della Bibbia che, all’epoca, era tradotta in modo sommario e di difficilissima interpretazione ma se ad Agostino non è piaciuta non stiamo qui a discuterne; poi tornerà ad analizzarla, ma proseguiamo.
L’adesione alla dottrina manichea avviene in circostanze particolari: diviene povero per la morte del padre, ha un figlio con una concubina e nell’ultimo periodo trascorso a Cartagine si converte al manicheismo; nel 373 torna poi in patria a insegnare. Agostino è convinto di poter trovare la verità in questa dottrina, soprattutto per quanto concerne la domanda circa l’eterno conflitto tra bene e male: perché esiste il male nel mondo e perché l’uomo compie il male?
Ero dell’opinione che non fossimo noi a peccare ma fosse una qualche altra natura a farlo. E piaceva al mio orgoglio sentirmi estraneo alla colpa (…) per accusare non so che altra entità che sarebbe stata in me senza essere me
Postulando dunque l’esistenza un principio di estrema bontà incondizionata il male deve essere pensato come qualcosa di estraneo, di altro da sé. Secondo la concezione manichea la corporeità e la sessualità rappresentano il male e la concezione dualistica rende corpo e spirito due principi contrapposti; il manicheismo, inoltre, si fregia di possedere la conoscenza vera del mondo e dell’uomo oltre a contestare alcune incongruenze dell’Antico Testamento, l’antropomorfismo e il principio di autorità.
Agostino, sotto l’egida del manicheismo, insegna per nove anni in patria, poi a Cartagine e infine a Roma ma quando, più in là, analizzerà il tempo trascorso credendo nei principi del manicheismo, affermerà che
mentre mi allontanavo dalla verità, credevo di camminare verso di lei
Perché Agostino considera non veritieri quegli insegnamenti che pure lo hanno accompagnato per un periodo fondamentale della sua vita? Lo scopriremo nel prossimo articolo.
Luigi Santoro
Fonti
Fonte citazioni: Agostino, Confessioni, da “Il testo filosofico”, Mondadori