Il 17 luglio del 1821 non fu un giorno come un altro per Alessandro Manzoni. Immaginiamolo seduto in poltrona a leggere il giornale la Gazzetta di Milano, che come notizia in prima pagina riportava la morte di Napoleone Bonaparte avvenuta il 5 maggio. L’impressione fu tale -e a ragione- che di getto compose la sua ode più famosa, Il Cinque Maggio.
Il Cinque Maggio: la reazione europea
“Ei fu. Siccome immobile/
dato il mortal sospiro/
stette la spoglia immemore/
orba di tanto spiro“
Il Manzoni presentò già il 26 maggio alle stampe l’ode Il Cinque Maggio, e nonostante la censura fu impietosa la notizia circolò lo stesso in tutta Europa; già Goethe si prodigò di tradurla in tedesco solo un anno dopo.
È comprensibile quanto scalpore fu in grado di sollevare l’eco della morte di un personaggio del suo calibro, un uomo che, nel bene e nel male, aveva segnato un’epoca e fondato un impero.
Non molto tempo prima le principali potenze europee si erano riunite al Congresso di Vienna per rimettere sul trono i vecchi sovrani, rappresentanti ormai desueti di un antico regime che il popolo stesso aveva combattuto.
E Napoleone col suo codice civile aveva approvato le teorie illuministiche su cui si basava la rivoluzione francese: l’abolizione dei diritti feudali e dell’assolutismo monarchico, e le aveva lasciate in eredità alle sue conquiste. Non è difficile immaginare quanto fosse scomodo e temuto, anche da morto.
Non sono le sue imprese che Manzoni ricorda nel Il Cinque Maggio, bensì la sua spiritualità. Svestendosi dei panni dell’eroe che aveva messo in crisi l’Europa, ecco l’uomo coi suoi drammi e le sue contraddizioni venire finalmente allo scoperto. C’è solo un animo stanco e irrequieto che ha timore del giudizio divino così come qualsiasi altro essere vivente, che aspetta pazientemente la morte in esilio.
Il Napoleone descritto dal Manzoni anela alla pace interiore, alla catarsi e al ricongiungimento con Dio, poiché la sua vita terrena è stata fonte di peccato e l’aveva distolto del vero bene. A un passo dalla morte il cuore vuole solo la fede, l’appiglio ultimo per la salvezza eterna.
La solennità dello stile, la filosofia cristiana che si interroga sui limiti delle capacità umane hanno reso l’ode associabile alle orazioni del Bossuet. Essa è anche la rappresentazione tangibile della poetica manzoniana, costruita intorno al concetto di Divina Provvidenza, anticipando il focus delle trattazioni successive, di cui i Promessi sposi sono l’esempio più lampante.
Divina Provvidenza
Se Dio ha il controllo di ogni cosa nel mondo, dove è finito il libero arbitrio? Affermazione che può risultare contraddittoria, eppure è molto semplice e cercheremo di renderla lineare: gli uomini hanno piena libertà di scelta circa le proprie azioni, poiché nell’onniscienza divina esse combaciano col suo volere. Il suo intervento nel mondo avviene concretamente attraverso la garanzia di una protezione costante.
Una sorta di Deus ex machina direbbe qualcuno, assolutamente non soggetta al caos. E Alessandro Manzoni non era un tipo che si lasciava influenzare dall’irrazionalità: egli considerava il suo genio come l’applicazione della ragione illuministica, una ragione autocritica illuminata dalla sapienza divina in grado di riconoscere i propri limiti e i propri sbagli.
Eroica: la gloria di Napoleone
C’è una fumettista giapponese, quindi per essere precisi una mangaka, divenuta famosa in tutto il mondo per aver composto il manga Le Rose di Versailles, meglio conosciuto in Italia sottoforma di anime intitolato Lady Oscar.
Questa donna, Riyoko Ikeda, era semplicemente appassionata di storia francese, e mai si sarebbe aspettata un successo simile. Eppure dovette ricredersi.
Nel 1987 fece pubblicare il manga Eroica: la gloria di Napoleone ( Eikō no Naporeon – Eroika ) in Italia edito dalla Magic Press, ormai considerato uno spin- off de Le Rose di Versailles.
La trama riprende la storia di alcuni personaggi lasciati in sospeso nel manga precedente, e rielabora in versione piuttosto realistica l’ascesa al potere del generale corso.
Tra la spregiudicatezza di Josephine de Beauharnais, la sua prima moglie, e le congiure contro il Direttorio, il racconto scorre piacevole e rallegrato dalla finezza dei disegni e le baruffe tra soldati.
Roberta Fabozzi