In un duo di articoli che hanno preso in considerazione lo scritto di Friedrich Nietzsche, Su verità e menzogna fuori dal senso morale, si è cercato d’introdurre quello che per l’autore è il primo tentativo di decostruire dalla base tutta la riflessione filosofica occidentale sviluppatasi in circa duemila anni di storia.
Ora l’intenzione è di mostrare qual è il concetto di verità sedimentatosi nella storia della filosofia che Nietzsche profondamente critica.
La verità: dalla parola al concetto
Partiamo da dove eravamo rimasti: abbiamo sottolineato la natura metaforica della parola, all’interno del linguaggio umano, che, da stimolo nervoso provocato dalla percezione che abbiamo di una cosa, si trasforma in noi in immagine e successivamente in suono (il nome della cosa che noi pronunciamo). Per questo Nietzsche dice che non possediamo affatto ciò che le cose sono in sé, l’essenza delle cose, ma solo le loro metafore; la costruzione del linguaggio, in tale contesto, poggia su basi fragili.
Successivamente, l’autore passa all’analisi del modo in cui si formano i concetti. Il percorso inizia dalla parola la quale, lungi dall’essere semplice ricordo dell’esperienza originaria e individuale, deve
adattarsi a innumerevoli casi, più o meno simili, vale a dire mai rigorosamente simili, quindi dissimili
Dunque, ogni concetto si ottiene grazie alla messa da parte di tutte le differenze individuali, cioè astraendo solo determinate caratteristiche, formulando una qualitas occulta, nel tentativo di cogliere quella X inaccessibile e indefinibile che si nasconde al di là di ciò che noi nominiamo e pensiamo:
come se nella natura ci fosse qualcosa come la “foglia”, quasi una forma originaria, su cui siano tessute, disegnate, circoscritte, colorate, increspate, dipinte, ma da mani maldestre, tutte le foglie, per cui nessun esemplare sarebbe riuscito in modo corretto e attendibile quale copia fedele della forma originaria
L’uomo misura di tutte le cose
Per questo l’insieme dei concetti e degli schemi della nostra ragione e delle leggi che formuliamo risultano falsati, ovvero la nostra stessa conoscenza è del tutto antropomorfa. Allora che senso ha parlare di verità? Cos’è la verità in un tale contesto? Ricordiamo che, secondo Nietzsche, l’uomo giunge alla ricerca della verità insieme alla costituzione di un contratto sociale, ovvero nel momento in cui vive in società, perché ha bisogno di convenzioni, dunque di parole e di leggi regolatrici, per poter sopravvivere.
Che cos’è allora la verità? Un esercito in movimento di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane […] le verità sono illusioni, di cui si è dimenticato che sono tali.
La verità umana, la parola, il linguaggio, l’astrazione; rispetto a ciò che è in sé, è illusione, è menzogna; ma l’uomo si ritrova nella dimenticanza dell’origine menzognera della verità per la sua stessa natura di essere sociale e pone il suo agire di essere razionale sotto il dominio delle astrazioni. Tutto ciò che lo distingue dall’animale dipende da questa facoltà di dissolvere le metafore essenzialmente intuitive in schemi universalmente validi, di tramutare l’immagine immediata in concetto astratto.
entro questo gioco di dadi dei concetti, “verità” significa usare ogni dado così com’è indicato […] e non contravvenire l’ordine delle caste e la serie di successione dei ranghi di classe.
Quindi ci si ritrova a costruire la cattedrale della conoscenza su basi tanto poco stabili quanto i concetti come se si stesse costruendo sull’acqua corrente ed è un processo che l’uomo non fa partire dalla natura ma dalle sue proprie illusioni. Per questo la verità è prospettica, cioè riguarda il rapporto tra l’uomo e il mondo come è percepito da lui. Così come le api costruiscono le celle e vi inseriscono il miele, la scienza, partendo da presupposti umani – la concezione di spazio e tempo – e costruendo con tali strumenti le leggi della natura, nello studio del mondo come lo percepisce vi troverà sempre una verità coerente ai presupposti primi. La sua verità allora, che per Nietzsche è in tutto e per tutto una menzogna, avrà valore limitato, ma coerente con il precetto di Protagora di ritenere l’uomo misura di tutte le cose.
Dimenticando quindi che le originali metafore dell’intuizione sono metafore, le prende per le cose stesse.
L’uomo dimentica se stesso come soggetto e in primo luogo come soggetto artisticamente creativo.
Nunzia Rescigno
Fonti
Fonte citazioni: Friedrich Nietzsche, Su verità e menzogna fuori dal senso morale; Filema edizioni.