La concezione della storia di Montale raggiunge nella raccolta Satura l’apice del pessimismo e segna una svolta nell’immagine del mondo proposta dalla sua poesia. La raccolta Satura, apparsa nel 1971 dopo molti anni di silenzio poetico costituisce una svolta in negativo.
Dalla compassione e il dolore espresse nella Bufera per le brutture della realtà prodotte dalla storia si giunge ad una critica più radicale e serrata che ha come obiettivi principali il consumismo, la corsa spietata verso il benessere, le culture giovanili intrise di luoghi comuni e forme di omologazione, il ruolo totalizzante dei mass media e tanti altri.
Il dato poetico però che ha determinato questa mutazione è costituito dall’adesione ad una concezione della storia molto più pessimista, incapace di isolare valori positivi universali, impossibilitata a fare della letteratura la torre d’avorio eretta a protezione dei valori di bellezza e di giustizia universali investiti della transitorietà della storia. Ne La Storia di Montale lo sguardo sul divenire storico si fa dunque disincantato, sornione, e a tratti snob e sprezzante.
La Storia di montale (da Satura): una poesia paradigma
La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi la ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né retrocede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra
carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi.
Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
Analisi de La Storia di Montale e indagine su cosa la Storia non è.
tu dimmi /disingaggiato amico /a tutto questo / hai da fare obiezioni? (Montale, Fanfara, Satura)
L’espressione del dissenso nei confronti di ogni ideologia positiva dello sviluppo storico ne La Storia di Montale è formulata attraverso una via negationis del concetto compiuta dall’anafora “la storia non”. Ogni periodo del componimento è introdotto da tale anafora ed ogni periodo mira a decostruire una precisa ideologia positiva o a risaltarne le contraddizioni. Successivamente i periodi introdotti dall’anafora “la storia non” divengono sentenziosi ed epigrammatici e giungono a veicolare il significato di una totale estraneità all’individuo che non può riscontrare in essa ragione o una qualsiasi forma di giustizia.
Le ideologie decostruite sono essenzialmente due: l’idealismo (in tutte le sue forme e derivazioni) e lo storicismo dialettico marxista. Innanzitutto è rifiutata l’idea della storia come una “catena di anelli ininterrotta”. È sistematicamente rigettato ogni determinismo. La storia non è né, in ossequio all’idealismo, prodotta dalla mutevolezza dello Spirito umano né, in funzione marxista, frutto della lotta tra le classi sociali e dei conseguenti rapporti di produzione della ricchezza materiale.
L’immagine dell’anello della catena è recidiva in Montale, l’ha usata già nella celebre lirica I limoni per evidenziare la rigidità delle strutture che tengono l’esistenza lontana dall’accedere alla verità, e “l’anello che non tiene” giunge ad essere la speranza per sfuggire all’inesorabile aridità dell’esistenza; in questo componimento però è usata alla decostruzione di ogni paradigma determinista.
La storia non contiene nulla che “borbotti a fuoco lento”, non contiene fasi latenti che poi si esprimono nel mutamento, nelle rivoluzioni, negli sconvolgimenti come può essere sia l’evolversi e il lento formarsi di una precisa idea (come l’Illuminismo maturato nella rivoluzione francese) o il lento modificarsi di rapporti di produzione che vanno successivamente a modificare gli ordinamenti giuridici, e di economia politica (come le lente conquiste della borghesia nel corso del Settecento, poi confluite nel trionfo di questa classe sociale nelle rivoluzioni dell’Ottocento).
La concezione della storia di Montale nella Satura
Successivamente alla contestazione delle ideologie positiviste come idealismo e marxismo, Montale diventa via via sempre più sentenzioso. Non accetta che la storia possa giustificare e legittimare tutto. Si giunge a contestare addirittura che essa non abbia nulla di immanente alla storia del genere umano, che ad esso è totalmente estranea, che non abbia valori positivi da riscontrare.
La storia non ha nemmeno la potenzialità conoscitiva, “non è magistra di niente che ci riguardi”, non ha la capacità che gli attribuivano i classicisti di essere esempio per il futuro. Anche l’ipotesi di una probabile chiave di lettura onnicomprensiva di essa risulterebbe uno sterile strumento che “non serve a farla più vera e più giusta.
Il pessimismo ne La Storia di Montale a tratti supera anche l’irriverenza con la quale Leopardi si scagliava ne La ginestra contro le “magnifiche sorti e progressive”. In una realtà che non conosce minimamente il senso di una razionalità anche il ruolo salvifico della donna è del tutto sminuito. Non più Clizia che “può ricomporre il senso” della Storia sulla scacchiera, ma Mosca (figura della moglie) la donna che vive il quotidiano, il prosastico cercando di resistere al “trionfo della spazzatura”.
In ogni caso il suo antistoricismo non costituisce affatto un disprezzo, una svalutazione del tema della storia, ma una chiara constatazione della sua impossibilità a sviscerarlo e conoscerlo. Ha detto infatti il Cardinale C.M. Martini nell’omelia del giorno del suo funerale
“In questo momento in cui il transitorio è davvero passato, volato via, e solo l’essenziale resta, in questo momento in cui il poeta ha realizzato quel suo “me ne andrò zitto, tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto” salgono a noi tanti interrogativi rispetto al suo “segreto”.
Luca Di Lello