Borgo Santa Lucia è il luogo dove quasi tremila anni fa nacque Napoli.
Il borgo di Santa Lucia corrisponde, infatti, al sito scelto dai Greci per fondare Parthenope.
Nel terzo quarto dell’VIII secolo a. C., i Caldidesi di Cuma si stanziarono in quest’area per collocare una postazione di difesa contro la presenza degli Etruschi presenti a Capua e a Pontecagnano.
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Borgo Santa Lucia ovvero Parthenope
Parthenope trae il proprio nome dalla sirena omonima; le tre sirene (le altre due sono Ligea e Leucosia), note per ammaliare i marinai in transito, avevano la loro sede presso Li Galli, gli isolotti al largo di Positano.
Nel libro XII dell’Odissea, Omero racconta che Ulisse, non volendo rinunciare a sentire il canto delle sirene, su consiglio della maga Circe, si fece legare all’albero della nave; le tre creature, mal sopportando l’affronto, si lasciarono morire e, trasportate dalle onde, giunsero Ligea a Terina nel Golfo di Sant’Eufemia, Leucosia a Punta Licosa in Cilento e Parthenope sull’isolotto di Megaride.
Megaride e Castel dell’Ovo
Proprio l’isolotto di Megaride fu il sito individuato dai Calcidesi per fondare Parthenope; oggi l’area è occupata da Castel dell’Ovo, che deve il proprio nome alla leggenda secondo cui il poeta Virgilio avrebbe collocato nelle segrete del maniero un uovo magico, dalla cui integrità sarebbe dipeso il destino stesso della città.
Al contrario, per quanto riguarda il termine Megaride, si tende perlopiù a metterlo in relazione etimologica con mégaron, “casa signorile, sala di adunanza”, o addirittura con Mégaira (Megera, una delle tre terribili Erinni); tuttavia tali ipotesi mal si legano alla funzione svolta dall’isolotto, motivo per il quale non è da escludere una derivazione dal babilonese makallu, cioè “approdo”.
L’acropoli di Pizzofalcone
I Calcidesi posero la loro acropoli sulla vicina altura del Monte Echia (di etimo incerto: dalla ninfa Egle? da Afrodite Euploia? dalla dea sumerica dell’acqua Enki? da Ercole?), dal Duecento detta Pizzofalcone (dalla falconiera fatta costruire da Carlo I° D’Angiò), ma in napoletano nota anche come ‘ncopp’ ê mmuntagnelle.
L’acqua ‘e mummara
È da questa collina che si generano le fonti del Chiatamone (dal greco platamon “rupe scavata da grotte” per la numerosa presenza di antri nella zona, che in epoca romana erano luoghi sacri a Mitra e sede di culti orgiastici, come raccontato da Petronio nel Satyricon), da cui sgorgavano le acque ferrate o sulfuree dette ‘e mummara (dal recipiente in cui erano raccolte – bómbylos in greco vuol dire “vaso”), bevute dai napoletani fino al colera del 1973.
Il pallonetto e la festa della ‘Nzegna
Altro luogo caratteristico di Santa Lucia è il Pallonetto (toponimo che per Carlo Celano avrebbe a che fare con la pallamaglia, un gioco con palla e mazza considerabile l’antenato napoletano del golf), un borgo aggrappato a una scalinata scavata nella rupe del Monte Echia dove per secoli hanno vissuto marinari, acquiole e mitilicoltori.
Oltre che per Santa Lucia, la devozione dei Luciani è per la Madonna della Catena, a cui era legata la borbonicissima festa estiva della ‘Nzegna, durante la quale un corteo di finti cortigiani accompagnava altrettanti finti “re” Ferdinando e “regina” Maria Carolina.
A Santa Maria della Catena è intitolata una graziosa chiesetta in cui è sepolto Francesco Caracciolo, l’Ammiraglio dello stesso Ferdinando, passato dalla parte dei rivoluzionari giacobini nel 1799 e per questo impiccato; ora, per quanto noto sia l’attaccamento dei Luciani ai regnanti, il borbonismo dei figli di Parthenope non è però mai stato cieco, altrimenti non si spiegherebbe la presenza di un traditore nella chiesa: onore a un illustre marinaio da parte di altri marinaî, pur se avversari.
Santa Lucia Luntana
Nella primavera del 1922, il celebre paroliere e compositore E. A. Mario partiva per l’America su invito della comunità partenopea di New York: mentre il poeta sulla poppa della nave sventolava la paglietta, i napoletani accorsi in massa al porto cantavano in coro Santa Lucia Luntana (1919).
Il 24 maggio 1954, sulle scalette del Borgo Marinari, in presenza di Enrico De Nicola e dello stesso E. A. Mario, fu scoperta una targa (tuttora visibile) con alcuni versi di Santa Lucia Luntana, ispirati dal sentimento di malinconia che gli emigrati che si allontanavano sul vapore provavano nello scorgere all’orizzonte, via via più piccolo, il porticciolo di Santa Lucia.
Carmine Caruso