Baruch (Benedetto) Spinoza nasce nella città di Amsterdam nel 1632, in un periodo particolarmente benevolo per l’economia e la cultura del paese. Il filosofo Spinoza fu un vero e proprio innovatore, denunciò ogni restrizione religiosa, in difesa della libertà e dell’indipendenza dell’uomo.
Una delle opere più stimolanti per la lettura della filosofia di Spinoza è senza ombra di dubbio l’Etica, perché, tra l’altro, fa del riso l’espressione più diretta di una passione profonda e originaria dell’essere umano: la gioia di vivere. Il riso, in effetti, fa parte del nostro essere, della nostra biologia e Spinoza ne è pienamente convinto. Il riso contiene un’incredibile varietà di sfumature: gamma di gradi di intensità, di espressioni corporee e facciali a esso correlati. Ma è collegato anche ad una larga banda di emozioni e sentimenti che Spinoza raccoglie sotto la voce di “eccitazione piacevole”.
Il riso fa buon sangue
Quando diciamo che “il riso fa buon sangue” non intendiamo con “buon sangue” quello di un estraneo ferito da un nostro violento attacco aggressivo. In questo caso l’espressione avrebbe solo il valore di una battuta di spirito che gioca su un possibile doppio senso di fare “buon sangue”.
In realtà, invece, vogliamo solo sottolineare che il riso migliora essenzialmente il nostro stato di salute, avendo la prova di un temporaneo stato di benessere; il proverbio esprime, senza volerlo, una corretta ipotesi fisiologica: sembra, infatti, che il riso rilasci ormoni e sostanze proteiche nel sangue e neurotrasmettitori nell’area celebrale, migliorando anche in età adulta il tono muscolare e la risposta immunitaria.
Di questo è perfettamente convinto anche Spinoza che coglie nel riso una forte valenza corporea. A suo avviso, inoltre, il riso, a differenza di altre passioni che mettono in gioco solo una parte del corpo, coinvolge quest’ultimo in maniera equilibrata nella sua interezza. Per Spinoza, dunque, il riso mantiene le sue promesse: ci tiene lontani dalla depressione e mette in luce una nuova parte della realtà, illuminandoci un lato inedito di essa, trasformandoci e, in altre parole, dandoci la giusta distanza dalle cose che ci affliggono. Proprio in questo caso il riso è amato dalla filosofia (ma non è il caso di dedurre da ciò che la filosofia faccia ridere, la questione sarebbe piuttosto sconcertante).
Spinoza e il riso dovuto al non senso
Spinoza continua dicendo che si ride anche perché una data situazione ci comunica un senso di irrealtà, di non senso. Il filosofo ce lo chiarisce con un chiaro esempio:
Coloro ai quali ardono d’amore e sognano notte e giorno soltanto alla loro amante e meretrice… di solito suscitano il riso.
Insomma, ridiamo perché è del tutto insensato passare il proprio tempo a pensare alla donna amata. Tuttavia, quando incappiamo in una circostanza che ha un qualche sapore di irreale, di solito, noi reagiamo con lo stupore, la paura o la meraviglia e tutto ciò non sarà sufficiente a farci ridere.
Spinoza spiega, nel suo capolavoro, come “il riso chieda qualcosa di più”, un capovolgimento improvviso delle normali relazioni tra le cose, un passaggio, molto rapido, dal senso al non senso. Infatti, quando il senso vacilla, quando si mostra sul punto di svanire, noi rimaniamo attoniti, molto perplessi ma, dopo una frazione di secondo, il non senso trionfa; allora scoppiamo in una risata.
Cosa ci insegna Spinoza? Ci insegna proprio che il riso non esprime altro che una perdita di contatto fra noi e gli oggetti. Se questo smarrimento di senso avviene in tempi più lunghi, senza il brusco movimento, allora il riso non trova il modo di imporsi. Ma è anche vero, dirà Spinoza, che: “esistono atteggiamenti e comportamenti, che proprio per la loro natura producono involontariamente il riso. In questa sfera rientra la stupidità”. Vale a questo punto di ricordare un’altra osservazione di Spinoza: “non tutti gli uomini sono naturalmente disposti ad operare secondo le leggi della ragione”.
Deborah Rosiello
Fonti
Fonte citazioni: B. Spinoza, Etica