Plutarco di Cheronea, più conosciuto come biografo, è meno noto come filosofo. Nell’ opera “I Moralia” racchiude precetti di una morale spicciola, alla portata di tutti, che lui stesso applica e che non differiscono dai precetti cristiani tramandatici dai Vangeli.
Plutarco, scrittore, biografo, filosofo e sacerdote originario di Cheronea in Beozia, visse a cavallo tra gli anni 40/45 e 120/125 d.C. . Nel 105 d.C. gli fu data la carica di sacerdote del tempio di Apollo a Delfi e per tutta la vita seguì le due massime delfiche:
“Conosci te stesso” e “tutto con misura”.
Oltre ad essere un uomo di grande religiosità, era anche un uomo di una profonda umanità e con un forte senso della famiglia. Difatti, nonostante i suoi viaggi, ritornò sempre in Beozia. Punto di riferimento per lui fu il suo maestro Ammonio che lo iniziò alla filosofia platonica e fu il primo a notare la sua inclinazione per la religione.
Tuttavia Plutarco non fu privo di contraddizioni. Diceva di condannare la superstizione ma credeva negli oroscopi, nell’interpretazione dei sogni, nel volo degli uccelli, nei buoi che leccavano il proprio sangue mentre venivano sacrificati, nei serpenti che si annidavano nei letti.
L’opera che ci resta di Plutarco è di una levatura ineguagliabile, tanto che il filosofo Erasmo da Rotterdam la pone al terzo posto dopo la Bibbia e i Vangeli “perché non si può trovare nulla di più elevato”.
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L’ipotesi di Teodoreto: una religiosità evangelica
Teodoreto, teologo e vescovo di Cirro si spingerà addirittura ad ipotizzare che Plutarco avesse letto i Vangeli e che le prove si rintracciassero proprio nella sua opera più eterogenea, ne “I Moralia”. Il corpus comprende scritti etici, pedagogici, politici, filosofici, naturalistici, teologico-religiosi, antiquari, di critica letteraria, retorico-epidittici e di contenuto misto, in forma di dialoghi o trattati. La morale di Plutarco è spicciola, alla portata di tutti e veramente sentita in quanto lui stesso la pratica.
Seguendo la strada tracciata da Teodoreto, analizzando numerosi passi tratti da “I Moralia” e comparandoli alla Bibbia, in particolar modo ai Vangeli, si può azzardare addirittura l’idea che Plutarco fosse più vicino al Cristianesimo che alla tradizionale religione olimpica.
Sicuramente egli ebbe molti contatti con Roma, che visitò, e ciò non toglie che proprio in uno dei suoi viaggi nella Città Eterna si possa essere accostato alla “buona novella”.
Plutarco, i Moralia e i Vangeli
L’amore
Volendo fare analogie tra l’opera degli evangelisti e gli scritti di Plutarco, in merito all’amore e al matrimonio nei frammenti del “De Amore”, egli dice che l’amore è “un bene divino, trascendente”
che
il matrimonio è il rapporto tra l’uomo e la donna, ossia il legame più sacro che esista in questa vita
e ancora
il rapporto sessuale compiuto senza amore, come la fame o la sete, non porta a nessun nobile risultato, se non alla soddisfazione di un bisogno
Nel vangelo di Matteo leggiamo così:
per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi
Dalla I Lettera ai Tessalonicesi:
che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate
Sull’anima nel “De Tranquillitate animi” Plutarco sostiene che “l’anima ha in essa intelletto, scienza, opinione e sentimento” e:
né una splendida dimora, né abbondanza di oro, né nobiltà di nascita, né dignità di magistratura, né grazia o abilità di eloquenza sono capaci di dare alla vita tanta serenità quanta può darne un’anima pura da azioni o pensieri turpi
Nel “Thayer’s Greek-English Lexicon of the New Testament” l’anima è descritta per i Cristiani come “fiato, forza vitale, essere vivente, sede dei sentimenti, dei desideri, degli affetti, delle avversioni”.
La lavanda dei piedi
Inoltre in Plutarco troviamo riportati due episodi simili a quelli biblici del miracolo della vista e della lavanda dei piedi:
Dalla “Vita di Crasso” :
Crasso prese della terra, la impastò e la spalmò sugli occhi dello sventurato, il quale corse a lavarsi nelle acque del Nilo e guarì, recuperando la vista
Dal “Vangelo di Marco” :
Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?» E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
Nella “Vita di Focione” descrive il comportamento di Focione, il capofamiglia che per sottolineare l’eccezionalità dell’ospite e rendergli omaggio, lui stesso si cala nelle vesti di uno schiavo lavandogli i piedi.
Nel “Vangelo di Giovanni” viene riportata la lavanda dei piedi fatta da Gesù ai discepoli poco prima della sua condanna, con il messaggio di servire gli altri.
Inoltre Plutarco riprende anche la figura del condannato che porta il patibulum, ne “I Moralia” 554 a/b: “Ogni malfattore porta la sua croce”
Sicuramente lo scrittore di Cheronea fu di ampie vedute e, pur non essendo innovativo con la sua opera sopracitata, riuscì ad avere un’ampia eco nei secoli seguenti, tanto che Montaigne così ne parla:
Noi, poveri ignoranti, saremmo stati perduti se questo libro non ci avesse tolto dal pantano, grazie a lui ora siamo in grado di parlare e di scrivere
Anna Cioffi
Bibliografia
Plutarco, L’ arte di ascoltare, cura e traduzione di Mario Scaffidi Abbate, Newton Compton Editori, 2014
Plutarco, Sull’ amore, Gli indispensabili, Il Sole 24 ore, 2014