Un uomo colto, versato in molti campi del sapere umano, stanco del limite che avverte in se stesso e nella cultura contemporanea, desideroso di ottenere piaceri, conoscenza e potere, invoca il demonio e baratta la sua anima in cambio di ventiquattro anni durante i quali ogni suo desiderio sarà soddisfatto. È il mito del Dottor Faust, narrato da Christopher Marlowe, uno dei più longevi e fecondi della cultura occidentale.
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Il topos: overreacher e peccato di superbia
Quando il desiderio ci trascina irrazionalmenteverso i piaceri e governa in noi,il suo governo viene denominato hybris. [1]
Nell’immaginario collettivo legato al demoniaco, il patto col diavolo riveste un ruolo simbolico particolare: l’uomo che vende la propria anima supera i limiti del consentito, non si accontenta di ciò che Dio gli concede e compie un vero e proprio peccato di superbia nei suoi confronti.
Tale figura di overreacher pare una rielaborazione in chiave cristiana del Greco peccatore di ὕβϱις (hybris). Il mito è stato infatti così spontaneamente assorbito dal Cristianesimo da investire, mutatis mutandis, Adamo ed Eva nell’assaggio del frutto proibito della conoscenza e lo stesso Lucifero, di cui abbiamo ampiamente discusso nell’articolo a lui dedicato, che superbamente tentò di elevarsi allo stesso livello di Dio.
Si noti la somiglianza tra Lucifero e Faust: nella tragedia di Christopher Marlowe, di cui ci accingiamo a discutere, è lo stesso Faust a racchiudere in sé delle innegabili connotazioni diaboliche, mentre i diavoli risentono ancora della rappresentazione grottesca tipicamente medievale.
Faust: da leggenda popolare tedesca…
…ben noto mago e negromante, di come si è promesso al diavolo per un determinato periodo della sua vita, di quali straordinarie avventure egli fu protagonista o testimone in questo tempo, fino al momento in cui ricevette la ben meritata mercede. [2]
La storia di Faust nasce nel XVI secolo in area germanica: pare sia ispirata alla figura realmente esistita di Johann Georg Faust, astrologo, mago, medico, alchimista e avventuriero le cui gesta ispirarono (in negativo) testi di predicazione luterana, tra cui quello dello stampatore Spies. Storicamente parlando, dunque, la figura di Faust doveva rappresentare un monito contro la ricerca scientifica, percepita come antagonista della teologia. Ben presto però essa divenne molto più che un anti-exemplum religioso: il testo si diffuse rapidamente in Europa e già alla fine del secolo fu tradotto in inglese, ispirando così il genio del drammaturgo Christopher Marlowe.
…a opera tragica inglese
Ma alla fine, gonfiato di bravura e arroganza,
troppo in alto lo spingono le sue ali di cera
e il cielo le scioglie, decreta la sua caduta. [3]
Molto prima delle opere di Pessoa, di Thomas Mann e anche della monumentale opera di Goethe, dunque, è “The tragical History of the Life and Death of Doctor Faustus” di Marlowe, scritta nell’ultimo decennio del XVI secolo e pubblicata postuma, a consacrare il mito di Faust alla letteratura.
Dilaniata dal conflitto tra dogmatismo religioso e umanistica affermazione di sé, la tragedia di Marlowe è una delle più dibattute del teatro elisabettiano: il paragone con Icaro, tracotante per eccellenza nel mondo antico, è anche in questo caso un monito e vuole rappresentare la morale della storia? Oppure, secondo la lettura romantica, Faust sarebbe l’uomo nuovo, l’eroico ribelle, la cui vicenda non va condannata ma individualisticamente esaltata?
La cosa certa è che Marlowe mette da parte i desideri di piacere e di potere di Faust, presenti nelle altre versioni del mito, per concentrarsi unicamente sulla sua libido sciendi, la sua sete di conoscenza: appagamento dei sensi e dominazione non sono assenti, ma rappresentano le naturali conseguenze della sua sconfinata (e proibita) cultura. Non è difficile, dunque, identificare Faust con l’uomo rinascimentale e borghese (che mercifica ogni cosa, persino l’anima), salvo poi (a differenza di questi) essere totalmente incapace di coniugare sapere e fede.
Più che tentare di comprendere una fantomatica morale dell’opera, dunque, sarebbe meglio tenere a mente che la tragedia è costitutivamente priva di morale, perché mette in scena un conflitto insanabile e ci ricorda che la tensione rappresentata è irriducibile: Faust è combattuto tra le forze opposte del bene e del male perché l’uomo della riforma protestante si sente vittima di quella stessa lotta.
Faust, infine, è indefinibile come eroe o come villain, come peccatore o come vittima: l’unica cosa che possiamo rilevare è la sua incapacità di pentirsi, il suo perseverare fino al momento della dannazione, che ci spinge a inquadrarlo non più solo come un uomo tentato dal demonio, ma come un demonio stesso.
Possiamo concludere affermando che il mito di Faust si inserisce a pieno titolo nella parabola del diavolo letterario, perché archetipico dei desideri più repressi, specie dalla religione, dell’animo umano.
E cos’è il diavolo, metaforicamente parlando, se non ciò che vorremmo negare di noi stessi?
Maria Fiorella Suozzo
Fonti e citazioni
Il Dottor Faust, Marlowe, Mondadori 1983, a cura di Nemi D’Agostino
[3] ivi, coro I
Faust, ovvero il desiderio nell’uomo dal Medioevo all’Età Contemporanea, Franco Mattarella
[1] Fedro, Platone
[2] Storia del Dottor Faust, Johannes Spies (stampatore; l’autore è anonimo), 1587
immagine in evidenza: Walpurgisnacht, Albert Zimmermann, 1866