La Cappella del Tesoro di San Gennaro, contenente le reliquie del santo, è uno scrigno di arte e di architettura realizzato dai più grandi artisti del barocco napoletano. Essa fu progettata dal frate Francesco Grimaldi (sulle cappelle delle famiglie Filomarino, Capace e Cavaselice) e ultimata nel 1646. Inizialmente il Tesoro del Santo era posto nella torre posta alla sinistra della facciata, l’occasione per una nuova collocazione arrivò nel 1527.
In questo periodo, infatti, Napoli fu colpita dalla peste. In occasione del trasferimento delle reliquie del santo da Montevergine a Napoli, il popolo decise di affidarsi a San Gennaro, formulando il voto di erigere una nuova cappella. Nel 1601 fu fondata la Deputazione della Real Cappella del Tesoro, alla quale venne affidato il compito di costruire questo nuovo spazio all’interno del Duomo di Napoli.
La struttura della Cappella del Tesoro di San Gennaro
La Cappella del Tesoro presenta una pianta a croce greca con l’altare maggiore al centro del presbiterio, due altari all’estremo dei bracci della croce e quattro minori situati alla base dei pilastri che reggono la cupola. Alla cappella si accede dalla navata destra del Duomo. La facciata è composta da tre archi, le tre cappelle nobiliari sacrificate per la realizzazione della cappella del Tesoro di San Gennaro.
Due colonne di marmo nero venato sostengono l’arco centrale. Negli archi laterali si vedono due nicchie ornate di colonne di broccatello nelle quali sono sistemate le due statue di Giuliano Finelli raffiguranti San Paolo e San Pietro realizzate rispettivamente nel 1639 e nel 1640. Il cancello di ottone su disegnato per la prima volta da Gian Giacomo di Conforto nel 1623 e quindi nel 1629 da Cosimo Fanzago.
Nelle pareti sono realizzate diciannove nicchie all’interno delle quali sono posizionate altrettante statue di bronzo raffiguranti santi protettori dove sono conservate le loro reliquie. All’epoca erano infatti diciannove i santi protettori di Napoli.
La cupola del Tesoro: gli affreschi del Domenichino
Per quanto riguarda gli affreschi della cupola della Cappella del Tesoro di San Gennaro la Deputazione contattò, in un primo momento, nel 1616, Giuseppe Cesari, detto Cavalier d’Arpino. Tuttavia i suoi troppi impegni lo costrinsero ad abbandonare questo incarico e iniziò quindi una trattativa con il pittore bolognese Guido Reni, il quale, a causa delle troppe pressioni e minacce rifiutò l’incarico. Furono chiamati altri artisti di grande prestigio: Fabrizio Santafede, Battistello Caracciolo, Francesco Gessi, ma tutti questi non furono ben accetti.
Diversi anni dopo, nel 1630, finalmente i lavori di decorazione furono iniziati dal bolognese Domenico Zampieri, meglio ricordato come Domenichino, che aveva diviso la superficie decorativa in scomparti con cornici di stucco bianco e dorato secondo il metodo classico. Domenichino riuscì a terminare alcuni affreschi della cappella. Sopra il cancello di ingresso è la raffigurazione della Processione con le reliquie del Santo, sull’altare di destra troviamo San Gennaro condotto al martirio. Sull’altare di sinistra, invece, è raffigurato San Gennaro che libera Napoli dai Saraceni, mentre nella volta sopra l’altare maggiore è dipinta una serie di scene del martirio del Santo.
L’intervento di Giovanni Lanfranco
A causa della sua improvvisa morte, avvenuta nel 1641, non riuscì a decorare la cupola e per questo la Deputazione della Real Cappella del Tesoro affidò al pittore parmense Giovanni Lanfranco l’esecuzione degli affreschi ex novo, eliminando ciò che il Domenichino aveva realizzato in precedenza. Lanfranco chiese ed ottenne l’abolizione delle costolonature in stucco e la chiusura del lanternino, per un maggior effetto di insieme degli affreschi e per la realizzazione del Paradiso. La raffigurazione si articola in una serie di cerchi concentrici che si sviluppano verso l’alto.
Nella zona del lanternino, domina la figura di Dio in gloria, nel piano inferiore il disegno si articola intorno alle figure del Cristo e dalla Vergine, circondati entrambi da cori di angeli musicanti, santi e personaggi biblici. Nella fascia del tamburo, Lanfranco superò il problema delle finestre che interrompevano lo spazio, dipingendo tra di esse coppie di virtù monumentali fra nuvole e putti.
Nel 1768 gli affreschi della cupola subirono dei danni a seguito di un fulmine e già all’epoca si dovette intervenire con un primo restauro. L’effetto dello sfondato architettonico è esaltato dal cromatismo vivace e dalla luminosità oggi visibili anche grazie ai restauri effettuati tra il 1984 e il 1996.
Anna Cuomo