La grande guerra può essere considerato non solo uno dei capolavori del regista, ma anche un patrimonio del cinema e della storia italiana, oltre ad essere uno dei film più conosciuti di Mario Monicelli all’estero, soprattutto negli Stati Uniti e in Francia. Vincitore di numerosi premi, tra i quali spicca il Leone d’oro al festival di Venezia, si aggiudicò anche una nomination agli Oscar del 1960 come miglior film straniero.
La grande guerra, prodotto da Dino De Laurentiis, è diretto da Mario Monicelli e scritto insieme al duo Age & Scarpelli e Luciano Vincenzoni. Le musiche furono composte da Nino Rota, che non abbandona mai il suo stile inconfondibile. Dall’altro lato della cinepresa, un cast storico: due dei mostri della commedia all’italiana, parliamo di Vittorio Gassman e Alberto Sordi, a fare da contorno ai due motori del film troviamo attori del calibro di Silvana Mangano, Folco Lulli, Romolo Valli.
La grande guerra, la trama
La vicenda si svolge nel 1916, fra il fronte sul Carso e un piccolo paese chiamato Ponte San Fedele. Oreste Jacovacci (Alberto Sordi), romano, e Giovanni Busacca (Vittorio Gassman), milanese, sono due soldati scansafatiche, furbastri e abbastanza vigliacchi. Inizialmente infatti i due, cercano invano di evitare la guerra, ma alla fine si trovano arruolati e al fronte. Da quel momento in poi vivono la classica esperienza di guerra fatta delle disgrazie tipiche di un evento del genere, disgrazie derivanti anche un po’ dal loro atteggiamento.
Affronteranno così il cibo pessimo, le marce forzate, il freddo, la paura e qualche piccola distrazione militare. Busacca, infatti, avrà anche una storia con una prostituta milanese (Silvana Mangano). Cercando per tutto il tempo del loro conflitto di evitare di essere in prima linea e di trovarsi in pericolo, riescono sempre a farla franca tutte le volte finché una notte si ritrovano casualmente in una cascina che viene presa dai nemici austriaci.
La grande guerra: una realtà difficile da accettare
Mario Monicelli con La grande guerra dimostrò molto coraggio. Egli infatti riprese un conflitto storico che era stato molto sentito a livello emotivo dagli europei e dagli italiani, sia da quelli che lo vissero in prima persona che da quelli che rimasero a casa; secondo alcuni studiosi, per i soldati fu più rovinoso sul piano emotivo rispetto al secondo conflitto mondiale, per una serie di motivi legati alle caratteristiche che aveva assunto la guerra, motivo per il quale molti che avevano vissuto quel periodo preferirono chiudersi nel silenzio.
A questo si aggiungeva l’idea della prima guerra mondiale che gli italiani figli della seconda guerra mondiale e cittadini adulti del ventennio fascista si erano fatti; la grande guerra fu infatti trattata dal regime fascista con toni eroici e magniloquenti come una guerra combattuta da uomini valorosi, coraggiosi, il cui unico intento era la vittoria della grande Italia, era questa l’immagine che gli italiani si erano fatti della guerra.
Monicelli quindi, con la realizzazione di questo film, andò a demolire con toni satirici e comici, senza rinunciare all’onestà, qualità da non trascurare per film del genere, quell’uomo-eroe e quella guerra epica, che tanto erano stati cari alla retorica fascista. Non a caso La grande guerra incontrò non pochi ostacoli alla sua realizzazione.
Alla fine il coraggio e l’onestà di Mario Monicelli, insieme alla suo talento e grazie anche ad una troupe e ad un cast di attori eccezionali, portarono alla realizzazione di un film che finì per convincere anche i più scettici.
Quello che ne uscì fu un film completo, che alternava all’epicità della guerra, i toni tipici della commedia all’italiana, tutto questo senza cadere mai troppo nel sarcastico e senza mai allontanarsi troppo dalla realtà, di fatto il film riserva anche momenti drammatici (forse più di tutti la scena finale) che caratterizzano la guerra.
Mario Monicelli consegnò così alla storia uno dei più grandi affreschi di un periodo storico passato ma mai dimenticato, contribuì alla spinta per la nascita della fortunata commedia all’italiana e consacrò definitivamente la sua arte, destinata ad accompagnare gli italiani per ancora moltissimi anni o forse per sempre.
Roberto Carli