In un secolo di grande sperimentazione linguistica, Raymond Queneau ipotizza l’avvento del néo-français quale rimpiazzo di un francese letterario oramai inefficace.
Il Novecento è il secolo che ha visto la nascita dello Strutturalismo in linguistica, grazie a Ferdinand de Saussure e del Formalismo in Russia. Ambedue hanno spostato l’analisi della critica letteraria verso la lingua intesa come sistema di relazioni tra elementi minimi, che interagiscono nell’opera letteraria in un insieme di strutture che assumono via via un respiro sempre maggiore.
In altre pieghe del secolo prende vita una vivace sperimentazione linguistica, dotata di un robusto retroterra teorico, che si propone come un’analisi delle caratteristiche delle lingue europee alla luce, nel caso particolare della Francia, dei nuovi studi nel campo della Sociolinguistica.
Raymond Queneau e il francese contemporaneo
Sin dalla gioventù appassionato dallo studio delle lingue, lo scrittore Raymond Queneau intraprende presto un’attività di osservazione che lo porta a misurarsi con la realtà linguistica della Francia dei primi anni ’30.
Influenzato dagli scritti del linguista Joseph Vendryes, comincia a percepire uno scarto tra lingua scritta ed orale talmente vasto da reputare la prima ormai una vera e propria lingua morta; sua missione pertanto diventerà da quel momento l’elaborazione e l’attuazione di un sistema di riforme sintattiche, lessicali e soprattutto ortografiche volte a ricalcare la lingua scritta tutta su quella parlata.
Si tratta di un progetto a suo avviso di una portata maestosa, paragonabile agli intenti danteschi espressi nel Convivio. Per di più, in seguito ad un viaggio in Grecia nel 1932, ha modo di osservare la particolare realtà della lingua greca, divisa dalla lotta tra katharevousa, la lingua della letteratura classica molto vicina al greco antico, e la demotica, la lingua del popolo, della conversazione corrente, sostenuta come futura lingua dalla dignità letteraria da intellettuali quali Konstantinos Kavafis.
La rivoluzione linguistica in Francia avrebbe dovuto seguire vie simili e finalmente “Liberarsi dal bozzolo filato dai vecchi grammatici del XVI secolo“¹.
Caratteristiche del néo-français
Come si è detto, attraverso tre rivoluzioni successive, di sintassi, lessico e ortografia, il néo-français avrebbe potuto aspirare ad una dignità letteraria e rientrare negli usi ufficiali quale nuova lingua riformata.
Per tale motivo, nel saggio “Bâtons, chiffres et lettres“, Raymond Queneau mostra tutte quelle caratteristiche grazie alle quali il néo-français si sarebbe distaccato dal francese letterario scritto:
- Ad esempio, una delle prese di posizione più arbitrarie, secondo l’autore, effettuate dai grammatici del passato consiste nell’aver conservato, in ossequio alla tradizione etimologica latina e greca, grafie contenenti lettere che non sono mai state pronunciate in nessuna fase dell’evoluzione fonetica della parola, come ad esempio la p all’interno del verbo compter.
- Il discorso di Queneau-Vendryes cerca di risalire alle radici del problema della tradizione linguistica, focalizzandosi sull’identità delle nostre lingue attuali quali storicamente lingue volgari, che si sono evolute secondo varie fasi, contaminandosi vicendevolmente nel corso dei secoli. Si tratta quindi di una vera e propria creazione, nonché della rivalorizzazione di una lingua che, riconciliandosi con la sua natura orale e musicale, diventa finalmente una lingua poetica.
- Secondo Queneau, una grafia ricalcata sull’effettiva pronuncia avrebbe il pregio di portare ad una perfetta coincidenza tra grafema e fonema nelle parole, nonché la possibilità di velocizzare l’apprendimento in età scolare delle regole ortografiche del néo-français, in quanto ridotte all’estremo.
Queneau scrive il suo primo romanzo, “Le Chiendent” (1933), esordendo con l’intento di trasporre in francese parlato il Discorso sul metodo di Cartesio.
Informato successivamente dei successi ottenuti dall’uso consolidato del registratore, nel Dopoguerra, nell’indagine sociolinguistica sul lessico informale da parte di locutori inconsapevoli (si rinvia, in merito, agli esperimenti di Sauvageot e Gougenheim), per ciò che riguarda i romanzi, l’idea di Queneau per utilizzare parte del néo-français sta nell’aver ideato una particolare grafia fonetica che è diventata una sua caratteristica proverbiale, nota alla critica come “Notation Queneau“. Essa fa capolino dai primi romanzi a quelli più tardi, come in “Zazie dans le métro“, seppure con necessarie modifiche e ripensamenti in corso d’opera.
Enfin se présente un flicard alerté par les bêlements de la rombière.
– Y a kèkchose qui se passe ? Qu’il demande.²
Ciò che si può riconoscere allo scrittore sta nell’aver saputo leggere in anticipo i tempi e aver tentato di affrontare con consapevolezza il necessario mutamento diacronico cui tutte le lingue sono soggette. Infatti la nuova grafia queniana, caratteristica del grande apparato inespresso del néo-français, si ravvisa oggi sia nello stile di molti scrittori, che la usano anche consapevolmente, come Mouawad, sia nel linguaggio giovanile degli Sms.
Daniele Laino
Bibliografia:
Queneau R., Bâtons, chiffres et lettres (Saggi sul néo-français)
Queneau R., Zazie dans le métro