Dopo essersi trasferito alla corte del duca Carl August, Goethe utilizzò tutte le sue energie per poter cambiare la situazione disastrosa nel ducato “addormentato” di Weimar. Nonostante il governo del duca fosse illuminato e riformato, dopo dieci anni di tentativi, lo scrittore tedesco si ritrovò completamente esausto e svuotato. Per questo motivo decise di lasciare temporaneamente Weimar per compiere il famoso viaggio in Italia, durante il quale compose Ifigenia in Tauride.
Indice dell'articolo
Il viaggio in Italia di Goethe
Il viaggio in Italia durò ben due anni, dal 1786 al 1788, e Goethe visitò gran parte delle più importanti città della penisola, da Venezia a Roma, da Napoli a Palermo. Questo periodo di lontananza dalla realtà tedesca permise al poeta di conoscere non solo un ambiente diverso da quello in cui aveva vissuto fino a quel momento, ma specialmente se stesso. Goethe sperimentò i piaceri dei sensi e la gioia di vivere, ma anche l’importanza di un equilibrio tra mondanità ed entusiasmo.
Nel percorrere la penisola, Goethe sviluppò anche una teoria particolare riguardo l’evoluzione storica: i cambiamenti non sono dovuti a rivoluzioni oppure grandi cataclismi, bensì a dei mutamenti impercettibili. Sempre in questo contesto, sviluppò le sue idee riguardo l’autonomia dell’arte alla base del classicismo tedesco: l’arte non deve obbedire a motivazioni esterne ad essa ed anche il singolo essere umano deve agire libero da qualsiasi vincolo utilitaristico.
In queste circostanze prese vita la tragedia di Ifigenia in Tauride. Il soggetto antico, tratto dall’Ifigenia di Euripide, ossia lo scontro tra greci e barbari e il dovere di vendicare l’assassinio del padre e il divieto categorico del matricidio, vengono ripresi e reinterpretati da Goethe.
La tragedia di Ifigenia in Tauride
Ifigenia, salvata dalla dea Artemide dal sacrificio del padre Agamennone, è sacerdotessa in Tauride e, grazie alla benevolenza del re Toante, riesce ad introdurre nell’isola una mentalità più aperta e ad imporre la rinuncia ai sacrifici umani in onore degli dei. Dopo aver rifiutato la proposta di matrimonio del sovrano, quest’ultimo decide di reinserire la pratica dei sacrifici e dispone che siano uccisi due prigionieri greci catturati da poco.
Nei due prigionieri, Ifigenia riconosce il fratello Oreste, spinto dalle Furie in esilio per espiare il matricidio commesso, e il suo amico Pilade che propone alla sacerdotessa un piano per fuggire. Inizia così la tragedia di Ifigenia: cosa fare? Ricorrere alla violenza e tradire i valori fino ad ora professati per la salvezza? Ingannare Toante per assicurarsi il ritorno in patria?
(…) Rifuggo,
rifuggo la menzogna, che non libera
il cuore come ogni altra parola sincera, (…)
(Ifigenia in Tauride, Atto IV, Scena I, 1404 – 1406)
L’ “anima bella” di Ifigenia
Prima di cedere al piano di Pilade, Ifigenia si ravvede: perché creare altro male? Il suo compito è quello di risanare le malefatte compiute dalla sua famiglia; per questo motivo decide di rivelare la verità a Toante, da cui dipende la sua vita e quella dei suoi cari:
Io sono nata libera come un uomo.
Se il figlio d’Agamennone ti stesse innanzi
E tu pretendessi una cosa ingiusta
Anch’egli ha una spada e ha un braccio
Per difendere i diritti del suo cuore.
Io non ho che le parole, e per un uomo nobile
È bello stimare le parole di una donna.
(Ifigenia in Tauride, Atto V, Scena III, 1858 – 1864)
A sorpresa, Toante si rivela capace di tolleranza e umanità. Impressionato dalla grandezza d’animo di Ifigenia, libera i prigionieri e concede alla sacerdotessa di far ritorno in patria.
Una tragedia illuminista
In quest’opera, Goethe riprende la concezione dell’Illuminismo dell’uomo, considerata una creatura dotata di un’inclinazione naturale al bene e che ha perso la sua nobiltà d’animo a causa dell’oppressione e dell’intimidazione. L’uomo nobile ha la possibilità di scegliere tra il proprio bene e quello generale: in questa libertà di arbitrio risiede la grandezza umana.
Le parole di Ifigenia per liberare il fratello Oreste dalla vendetta delle Furie sono battute rivolte a tutta l’umanità: non vi è colpa né debolezza umana che non possa essere espiata tramite atti di pura umanità. Questo è il messaggio di Ifigenia in Tauride:
Felici noi che è una donna! Un uomo,
Anche il migliore, abitua il suo animo
Alla ferocia e diventano legge con il tempo
Per lui anche le cose che aborre, spietato
Si fa per l’abitudine, quasi non lo riconosci.
Solo una donna, acquisito un sentimento,
non l’abbandona più. (…)
(Ifigenia in Tauride, Atto II, Scena I, 786 – 793)
Pia C. Lombardi
Bibliografia
Goethe, Ifigenia in Tauride, Garzanti