Apollo, l’origine della musica divina nella mitologia greca

Apollo, il dio bello

Il dio bello, Apollo, rappresenta la poesia, l’arte, lo spuntar di un nuovo giorno. Ovidio, nelle Metamorfosi così immortala il dio dorato all’inseguimento della sfuggevole Dafne:

Senza più forze, vinta dalla fatica di quella corsa allo spasimo, si rivolge alle correnti del Peneo e: «Aiutami, padre», dice. «Se voi fiumi avete qualche potere, dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo piacqui». Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra, il petto morbido si fascia di fibre sottili, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici, il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva.
Anche così Febo l’ama e, poggiata la mano sul tronco, sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo, ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae.”

Era come fuggire al sole, Dafne lasciò le sue piacenti membra umane per siffatte sembianze di pianta:

E allora il dio: «Se non puoi essere la sposa mia, sarai almeno la mia pianta. E di te sempre si orneranno, o alloro, i miei capelli, la mia cetra, la faretra; e il capo dei condottieri latini, quando una voce esultante intonerà il trionfo e il Campidoglio vedrà fluire i cortei. Fedelissimo custode della porta d’Augusto, starai appeso ai suoi battenti per difendere la quercia in mezzo.
E come il mio capo si mantiene giovane con la chioma intonsa, anche tu porterai il vanto perpetuo delle fronde!». Qui Febo tacque; e l’alloro annuì con i suoi rami appena spuntati e agitò la cima, quasi assentisse col capo.”

Apollo, un altro sole

Chiamato anche con il suggestivo nome di Febo, “lo splendente, il puro”, Apollo assumeva, di solito nell’iconografia classica, l’immagine della luce nascente, lo splendore di un giorno che nasce. Il dio assume anche la nozione di fisica e morale del concetto di luce, fiamma divina. Le sue origini solari sono da collocare in un’epoca storica molto lontana, nel I secolo a. C., quando lo storico Diodoro Siculo, raccontò che il dio dorato era giunto nella terra di Grecia dal lontano nord. Nelle terre remote della lunga notte boreale, era colui che portava la luce, spegnendo il tedio e la tristezza delle tenebre.

Apollo

Il torpore del sole giungeva nelle terre del sud del mondo antico e ricopriva il mondo di fiori, frutti e giardini. Il simbolo solare del dio Apollo era la cicala dorata, che compariva soltanto nel sole caldo delle lunghe estati del sud.

Nelle antiche civiltà, che si accompagnavano nascoste e silenziose accanto alla più florida cultura greco-romana, Apollo continuò a simboleggiare la luce, un altro sole, quello dell’acume e delle’intelligenza creativa, della bellezza e dell’arte, che trova ispirazione nella mente soave di un poeta dal cuore tenero. Soltanto l’arte è come la luce, regala agli uomini, contaminati dalle bassezze del mondo, l’emozione unica del bello e di creare qualcosa, come un altro sole che risplende e illumina la vita interiore dell’uomo.

Il mito di Apollo, l’origine divina della musica

Il mito antico del dio bello racconta di come Apollo fosse geloso di quello che rappresentava per gli uomini, che tanto amava. La sua gelosia fu protagonista di uno scontro avuto con il satiro Marsia, seguace della dea Cibele. La leggenda racconta che durante le cerimonie della Grande Madre, la musica era suonata dal cembali e aveva la funzione di suscitare l’invasamento mistico e non quella di infondere il suono soave del canto lirico.

Marsia, il satiro, suonava con il flauto, gettato via da Atena, strumento da lei fabbricato e poi suonato. La dea della guerra aveva suscitato l’ira e lo sdegno delle più belle Era e Afrodite, rendendosi oggetto di scherno e derisione, in quanto il suo volto assumeva un’espressione goffa e non gradevole alla vista quando soffiava per emettere il suono mistico dal flauto. Lo strumento venne maledetto dalla dea e poi gettato.

Il flauto fu motivo di grande gioia ed entusiasmo e Marsia ottenne grande prestigio per il suono del suo strumento. Alla corte di Cibele si raccontava che il satiro musico suonasse con così grande beltà, che la musica sembrava provenire dal cuore e negando l’origine divina dell’arte del dio Apollo. La divinità dorata, dunque, accettò la provocazione e sfidò il satiro.

ApolloMarsia suonò il flauto fabbricato dalla dea Atena e Apollo si esibì con la sua lira. A giudizio delle Muse, il risultato fu di assoluta parità. Il dio irritato sfidò ancora il satiro: la nuova giostra consisteva nel dover suonare e contare contemporaneamente. Poiché il flauto si suona con la bocca, il satiro perse la sfida e il dio Apollo vinse e lo punì per la sua presunzione, scorticandolo vivo.

La musica ha origine divina e e l’arte è la quintessenza del dio Apollo. 

Valentina Labattaglia

Bibliografia:

  • A. CERINOTTI, Atlante dei Miti dell’antica Grecia e di Roma antica, Demetra editrice, Verona 1998
  • Fonte poesia: sito web