Viaggi d’ogni tipo costellano la letteratura d’ogni epoca e luogo. Un sentimento particolare per i viaggi è espresso dal poeta francese Charles Baudelaire che ci fornisce in vari scritti una dimensione simbolica con i percorsi interiori dell’animo umano molto frequenti nella sua produzione letteraria. Nell’immaginario baudelairiano del viaggio è il mare a riempire la scena, e subito la rappresentazione muove verso l’allegoria.
Il mare per Baudelaire è una sorta di infinito in miniatura; straordinarie esperienze dei sensi e dell’immaginazione attraverso il viaggio che sembra realizzarsi in un tempo immobile. La poesia più lunga de I Fiori del male, “Il viaggio”, dedicata all’amico Maxime Du Camp, è un’epopea del moderno, dove la voglia e la smania d’esplorazione del mondo implode su se stessa, il sogno dell’altrove si svilisce nell’aridità della ripetizione, il desiderio dell’infinito si circoscrive nella prigione del finito e persino le nuvole assumono il colore della cenere.
“Per il ragazzo, amante delle mappe e delle stampe,
l’universo è pari al suo smisurato appetito.
Com’è grande il mondo al lume delle lampade!
Com’è piccolo il mondo agli occhi del ricordo!
Un mattino partiamo, il cervello in fiamme,
il cuore gonfio di rancori e desideri amari,
e andiamo, al ritmo delle onde, cullando
il nostro infinito sull’infinito dei mari:
[…]
Ma i veri viaggiatori partono per partire;
cuori leggeri, s’allontanano come palloni,
al loro destino mai cercano di sfuggire,
e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!
[…]
Dai viaggi che amara conoscenza si ricava!
Il mondo monotono e meschino ci mostra,
ieri e oggi, domani e sempre, l’immagine nostra:
un’oasi d’orrore in un deserto di noia!”
Ma tra tutti i viaggi il più auspicabile e dolce è quello che porta alla Morte. Lo spostamento, la partenza come distacco, l’illusione della conquista dell’approdo, la variazione curiosa, il falso abbandono, le nuove ricche sensazioni dell’esotismo non aggiungono nulla alla monotonia del vivere, alla immobilità degradata della nostra condizione umana.
Partire o restare non fa differenza: la realtà esterna, qualunque essa sia, continua a riproporci instancabilmente l’immagine di noi stessi, mentre qualsiasi esterna proiezione nelle cose è impossibile. L’impossibile fuga dell’uomo non si gioca nello spazio, ma con il tempo, altra grande dimensione della vita umana, si muove l’impari confronto.
La vera felicità del viaggio, quella del cuore giovane che guarda senza preclusioni all’ignota bellezza dell’avventura, sta nell’assecondare la dolce seduzione della morte. Messaggio coraggioso quello di Baudelaire, che vede nella morte non un tranquillo approdo, il porto di quiete ambito dalla maggioranza degli uomini, ma la meta di un’ultima esaltante avventura verso l’ignoto, dove forse soltanto si consumerà l’ardore inesausto di novità e di cambiamento di un animo assetato di verità e di bellezza
“O Morte, vecchio capitano, è tempo!
Via l’ancora!
Ci tedia questa terra, o Morte!
Verso l’alto, a piene vele!
Se nero come inchiostro
è il mare e il cielo,
sono colmi di raggi
i nostri cuori, e tu lo sai!
Su, versaci il veleno
perché ci riconforti!
E tanto brucia nel cervello
il suo fuoco,
che vogliamo tuffarci nell’abisso
Inferno o Cielo cosa importa ?
discendere l’Ignoto nel trovarvi
nel fondo alfine il nuovo!”
L’invito al viaggio
Ne “I fiori del male” ne troviamo un particolare viaggio dei sensi nel componimento “L’invito al viaggio”. La dolcezza in apertura accompagna la musicalità della poesia: la lontananza è spesso dischiusa dal profumo del corpo femminile, dal lampo di uno sguardo, dal ricordo di una carezza.
Nei viaggi di Baudelaire partenza e approdo, avventura e naufragio, meraviglia e quiete sono osservati nel loro dispiegarsi, immersi nella luce morente del tramonto che combatte con le ombre della sera.
Le parole di questo componimento evocano immagini di un altrove dorato che forse tutti hanno accarezzato con il pensiero nei propri sogni a occhi aperti, tanto che la critica ha definito il componimento “Il vangelo dell’esotista”.
“Sorella mia, mio bene,
che dolce noi due insieme,
pensa, vivere là!
Amare a sazietà,
amare e morire
nel paese che tanto ti somiglia!
I soli infradiciati
di quei cieli imbronciati
hanno per il mio cuore
il misterioso incanto
dei tuoi occhi insidiosi
che brillano nel pianto.
Là non c’è nulla che non sia beltà,
ordine e lusso, calma e voluttà.
Mobili luccicanti
che gli anni han levigato
orneranno la stanza;
i più rari tra i fiori
che ai sentori dell’ambra
mischiano i loro odori,
i soffitti sontuosi,
le profonde specchiere, l’orientale
splendore, tutto là
con segreta dolcezza
al cuore parlerà
la sua lingua natale.
Là non c’è nulla che non sia beltà,
ordine e lusso, calma e voluttà.
Vedi su quei canali
dormire bastimenti
d’animo vagabondo,
qui a soddisfare i minimi
tuoi desideri accorsi
dai confini del mondo.
– Nel giacinto e nell’oro
avvolgono i calanti
soli canali e campi
e l’intera città
il mondo trova pace
in una calda luce.
Là non c’è nulla che non sia beltà
ordine e lusso, calma e voluttà.”
Lo stesso titolo, “L’invito a viaggio”, lo troviamo nell’opera “Lo spleen di Parigi”, dove molti dei poemetti in prosa presentano fantasticherie e viaggi mentali.
L’invito de “I fiori del male” è antecedente a questo in prosa dello Spleen e oltre che per i titolo si accomunano per alcune parole e per le sensazioni evocate con il raffinato gusto dell’esotico, ma le finalità differiscono. Tutto il testo vagheggia un mondo magnifico mai realmente cercato che resta solo semplice fantasticheria, anelito; viaggio immaginario attraverso una geografia immaginaria.
“C’è un paese superbo, un paese di Cuccagna, dicono, che sogno di visitare insieme a una vecchia amica. Paese strano, affondato nelle nebbie del nord, e che potrebbe essere chiamato l’Oriente dell’Occidente, la Cina dell’Europa, tanto vi ha avuto libero corso la calda e capricciosa fantasia…dove tutto è bello, ricco, tranquillo e onesto; dove il lusso gode di rispecchiarsi nell’ordine…dove tutto ti assomiglia, angelo mio.”
Ma alla fine Baudelaire rivela che il luogo meraviglioso così ardentemente immaginato e che ha volutamente avvolto nel mistero è l’analogia della donna ideale, della sorella elettiva, ne è la sua propria corrispondenza: il poeta ha afferrato la sua chimera, il luogo che ha immaginato di raggiungere tra innumerevoli viaggi si rispecchia nella sua interiorità con la donna amata.
“Tu sei quei tesori, quei mobili, quel lusso, quell’ordine, quei profumi, quei fori miracolosi. Sei sempre tu quei grandi fiumi e quei tranquilli canali. Quelle enormi navi ch’essi trasportano…sono i miei pensieri che dormono o boccheggiano sul tuo seno. Tu li guidi con dolcezza verso il mare dell’infinito…; e quando, stanchi per l’onda e sazi dei prodotti d’Oriente, rientrano nel porto natio, sono ancora i miei pensieri arricchiti, che dall’infinito tornano a te.”
Qui il peculiare tema della corrispondenza attraverso binomi come donna e paesaggio, navi e pensieri riunisce nel medesimo porto il poeta, la donna e “la terra di Cuccagna”. Viaggi nell’immaginazione come questi, alla ricerca di un mondo meraviglioso all’insegna del piacere e del benessere, servono a Baudelaire per far emergere gli elementi corrispettivi visionari e simbolici della propria interiorità sofferta che sembra agognare qualcosa di impossibile.
Maurizio Marchese
Fonti:
Gesualdo Bufalino, II viaggio dell’albatro zoppo, in Cere perse, in Opere 1981-1988, introduzione di M. Corti, a cura di M. Corti e F. Caputo, Milano, Bompiani, 1992.
Charles Baudelaire, “Lo spleen di Parigi”-piccoli poemi in prosa, Feltrinelli, Stampa Nuovo Istituto d’Arti Grafiche-BG, 2015.
Charles Baudelaire, I fiori del male, traduzione e cura di Antonio Prete, Feltrinelli, Stampa Nuovo Istituto d’Arti Grafiche-BG, 2010