Come si è passati dal Fato pagano alla libertà moderna? Quale ruolo ha avuto la dottrina cristiana nella concezione del libero arbitrio?
Rispetto al fatalismo pagano, la civiltà giudaica aveva sviluppato il concetto di libero arbitrio facendone una verità di fede. Quest’ultima è entrata quindi a far parte del patrimonium fidei della dottrina cristiana, che ha così diffuso la nuova concezione di libertà in tutta l’ecumene. Fu proprio sul libero arbitrio che sarebbe stata successivamente concettualizzata la libertà moderna, caposaldo dell’Umanesimo e del Rinascimento. Per questo, fin dalle origini del Cristianesimo, troviamo numerose testimonianze storiche e patristiche a sostegno del libero arbitrio.
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Le «due vie» nella letteratura sub-apostolica (I-II sec)
Già nel periodo immediatamente successivo all’era apostolica, troviamo due importanti fonti della dottrina cristiana che parlano di libero arbitrio. Nella Didachè e nella Lettera di Barnaba viene ripreso il tema biblico delle «due vie» (Deu 30, 15-16) che stanno di fronte all’umanità. Il riferimento al passo della Scrittura è evidente:
Passiamo ad un’altra conoscenza e dottrina. Due sono le vie dell’insegnamento e della libertà; quella della luce e quella delle tenebre. Grande è la differenza tra queste due vie… (Lettera di Barnaba).
Analogamente si esprime la Didachè, con l’unica differenza che le definisce «della vita» e «della morte» (Cap. I, 1).
I primi apologisti: Giustino e Atenagora (II sec.)
Già nel II secolo nacque l’apologetica cristiana dal bisogno di difendere la dottrina cristiana dalle accuse di parte pagana. I primi apologisti si mostrano consapevoli della novità apportata dalla nuova fede. Nella prima Apologia, infiatti, Giustino dedica due capitoli (XLIII-XLIV) al libero arbitrio presentandolo come parte della rivelazione giudeo-cristiana, grazie al quale le profezie non si compiono più «per fatale necessità» ma per la prescienza divina riguardo le scelte umane.
Anche Atenagora, nella Supplica per i cristiani, mostra di ritenere il libero arbitrio come una verità autoevidente, non solo per la dottrina cristiana. Il filosofo ateniese ricorda all’imperatore Marco Aurelio che, altrimenti, non avrebbe senso punire i malvagi e lodare i giusti:
E come fra gli uomini, i quali dotati di libero arbitrio nella scelta del bene e del male (ché voi né onorereste i buoni né punireste i cattivi se in loro potere non fosse il far male o il far bene) gli uni si dimostrano probi in quelle faccende che loro voi affidate, e gli altri infedeli, simile è anche la condizione degli angeli (cap. XXIV, 4).
Ireneo ed Origene (II-III sec)
I due grandi esegeti cristiani, impegnati nella lotta contro gli gnostici, hanno sostenuto con forza la dottrina del libero arbitrio. Ireneo vi ha dedicato un intero capitolo dell’Adversus haereses (Libro IV, cap. XXXVII), mentre Origene ne ha fatto un cardine della sua teologia difendendola diffusamente in tutti i suoi scritti (anche nel più famoso: i Principi). Tanto che, in un articolo per il Sole 24 Ore, il filologo Giulio Busi ha definito Origene come il responsabile della «rottura della gabbia cosmica» pagana.
Cipriano ed Agostino (III-IV sec.)
Anche i due grandi vescovi africani hanno creduto nella libertà dell’uomo. Cipriano, poco interessato alle dispute teologiche, ne accenna nella sua De catholicae Ecclesiae unitate dove spiega l’esistenza delle eresie anche in virtù del libero arbitrio:
Da questo fatto sono derivate molto spesso e derivano tuttora le eresie, poichè una mente perversa non ha pace, poichè una perfidia incline alla discordia non conserva l’unità. Il Signore permette che questo accada e lo tollera, in virtù del libero arbitrio della nostra libertà… (De catholicae Ecclesiae unitate, c. 10).
Agostino, invece, ha trattato diffusamente di questo argomento in polemica col determinismo manicheo. Anche se, in seguito, ha molto insistito sulla predestinazione, il vescovo di Tagaste non ha mai rinnegato la tradizione del libero arbitrio. Anzi, riaffermandola nel De gratia et libero arbitrio.
I nemici della dottrina cristiana: Gnostici e Manichei
Mentre il campo ortodosso sembra compattamente convinto del libero arbitrio, solo alcuni ambienti ereticali restano legati al fatalismo pagano. Gli gnostici sostenevano una forma di determinismo antropologico secondo il quale gli uomini non avevano tutti la stessa natura. Per questo univano ad una pessimistica visione della realtà (e della materia), la gioia dell’eletto che – a differenza di altri – è stato predestinato dalla divinità. Gli gnostici, per via del sincretismo col paganesimo, non facevano altro che cristianizzare il fato.
In seguito, i manichei raccolsero l’eredità gnostica facendo proprio il determinismo. Anche per questo, come ricorda Agostino nelle Confessioni, i manichei non credevano nell’imputabilità dei peccati. La responsabilità delle colpe non era dell’individuo ma di qualcosa dentro di lui che lo faceva peccare.
Ettore Barra