Ogni 28 gennaio, ad Aquisgrana, viene celebrata la messa in onore di San Carlo Magno. Ma in nessun calendario cattolico troverete il nome dell’imperatore del Sacro Romano Impero. Perchè, allora, si tiene questo rito?
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San Carlo Magno: una premessa
Per poter spiegare questo mistero occorre fare qualche passo indietro, fino ad arrivare al Medioevo. A scuola ci viene insegnato che Carlo Magno regnasse sui Franchi, e che fosse, quindi, francese. La realtà è molto più complessa. Ciò che veniva designato con “Francia” in quel periodo (il IX secolo) non corrisponde alla Francia attuale; il dominio dei Carolingi si estendeva sino in Germania, che verrà designata, nei decenni successivi al regno di Carlo, “Francia orientalis“, contrapposta ad una “Francia occidentalis“.
Per tale motivo, nei secoli immediatamente successivi alla morte di Carlo, chi regnava in Germania si poteva considerare successore di Carlo, insieme ai regnanti dell’attuale Francia. La statura della figura di Carlo Magno faceva sì che i sovrani europei facessero a gara per mostrarsi suoi degni discendenti, perchè un collegamento col primo Imperatore del Sacro Romano Impero significava una forte legittimazione agli occhi dei propri sudditi.
La mitizzazione di Carlo: il caso di Ottone III
Un imperatore tedesco, Ottone III, diede avvio ad una vera e propria trasformazione di Carlo Magno in personaggio leggendario. Il tutto iniziò la domenica di Pentecoste dell’anno 1000. In quell’occasione Ottone III fece riaprire la tomba di Carlo, sita ad Aquisgrana. Questo è ciò che dice il Chronicon Novalicense al riguardo:
“L’imperatore Ottone III, giungendo nella regione dove riposava il corpo di Carlo, si recò presso il luogo della sepoltura accompagnato da due vescovi e da Ottone, conte di Lomello; l’imperatore era il quarto. Così raccontava il conte: entrammo dunque da Carlo. Egli non giaceva disteso come è consuetudine per i defunti, ma, quasi fosse vivo, stava seduto su un trono. Era cinto da una corona d’oro; teneva uno scettro tra le mani coperte da guanti che le unghie, crescendo, avevano perforato. Sopra di lui c’era un’edicola ben costruita con calce e marmi. Quando vi arrivammo la spezzammo, praticandovi un foro, e, una volta entrati nella tomba, avvertimmo un profumo intensissimo. Inginocchiatici, senza indugio lo adorammo. Subito l’imperatore Ottone lo rivestì di abiti candidi, gli tagliò le unghie e restaurò ciò che intorno a lui si era deteriorato. Invero nessuna delle sue membra si era ancora disfatta per la putrefazione: mancava solo un pezzetto della punta del naso, che subito Ottone fece rifare in oro. Estrasse poi un dente dalla bocca di Carlo, ricostruì il monumento e se ne andò”[1]
La narrazione ha qualcosa di divino: Ottone III trova davanti a sé un Carlo seduto su un trono “quasi fosse vivo”, rivestito d’oro, il cui corpo, a distanza di due secoli, non aveva subito alcun segno di putrefazione. La mossa di Ottone III è pienamente propagandistica: egli fa visita alla tomba del suo più illustre predecessore proprio, come detto sopra, per creare un collegamento fra la sua dinastia e quella carolingia, in modo da trarne legittimazione.
San Carlo Magno: la canonizzazione
L’altra grande mossa propagandistica ad opera degli imperatori tedeschi è del 1165, ad opera dell’Imperatore Federico Barbarossa: il giorno di Natale egli si trova ad Aquisgrana in compagnia di Enrico II Plantageneto, re d’Inghilterra. In tale occasione, come mossa puramente propagandistica, il Barbarossa decide di canonizzare Carlo Magno: vengono riesumati i suoi resti, così come erano stati lasciati dal suo predecessore Ottone III. Due ossa di un braccio di Carlo sono inserite in un reliquiario, il resto in un sacrofago con decorazioni di metalli preziosi raffiguranti la vita del re dei Franchi. L’8 gennaio del 1166 l’imperatore Barbarossa scrive un testo che esalta Carlo e spiega i motivi della sua canonizzazione ad opera dell’antipapa Pasquale III.
“Egli, con tutte le forze del suo cuore, ha aspirato a ottenere le ricompense eterne, a estendere la gloria del nome cristiano, a propagare la pratica della divina religione; innumerevoli sono i vescovati da lui fondati, innumerevoli le abbazie e le chiese, innumerevoli i beni e le elemosine con le quali le ha arricchite, e con queste grandi elemosine non brillò solo su questa riva del mare, ma anche sull’altra: le sue azioni e i testi che riportano le sue imprese lo mostrano nel dettaglio, con un’evidente autenticità. Al fine di estendere la fede cristiana e convertire i barbari, agì come un valente atleta e un vero apostolo, come dimostrano la Sassonia, la Frisia e la Westfalia, ma anche gli Spagnoli e i Vandali, tutti popoli da lui convertiti alla fede cattolica con la parola e con la spada. E anche se non fu la spada a togliergli la vita, i tormenti delle diverse sofferenze, l’incertezza dei combattimenti, la quotidiana volontà di morire per la conversione dei pagani fanno ugualmente di lui un martire. E oggi noi lo riconosciamo e lo adoriamo su questa terra come un santissimo confessore, lui che ha condotto una santissima vita e che si è riunito a Dio dopo una pura confessione e una vera penitenza, e che dunque crediamo sia stato incoronato in Cielo santo confessore tra i santi confessori. […] Con l’accordo e l’autorizzazione del signore papa Pasquale e con il consenso di tutti i nostri principi, laici ed ecclesiastici, noi abbiamo tenuto una solenne assemblea ad Aquisgrana, per rivelare, esaltare e canonizzare il suo santissimo corpo.”[2]
Perchè San Carlo Magno?
Carlo Magno, sino ad allora trasfigurato ed esaltato come costruttore di chiese, convertitore dei pagani, sempre pronto a combattere per la fede, in sintesi un grande cristiano, diventa a tutti gli effetti un santo: San Carlo Magno. Il Barbarossa decide di sfruttare per la propaganda imperiale la canonizzazione di Carlo in modo da acquisire, in modo indiretto, quell’aura di sacralità che, col suo gesto, egli aveva attribuito al suo illustre predecessore.
Il Papato non si oppose alla decisione: in effetti mai, neanche in età contemporanea, alcun Papa ha dimostrato la sua contrarietà alla canonizzazione di Carlo; egli non è mai entrato nel calendario liturgico della Chiesa cattolica romana, ma al contempo il suo culto è stato tollerato a lungo, a testimonianza di quanto credito avesse la tesi della santità di Carlo in quelle terre.
Inoltre la canonizzazione può essere letta anche in un altro modo: come una risposta ai tentativi contemporanei dei re francesi di monopolizzare l’uso propagandistico di Carlo; insomma, un correre ai ripari per evitare che Carlo diventasse unicamente “francese”. In effetti lo stesso Luigi VII re di Francia, non a caso, fu assente alla cerimonia. Ciò che il Barbarossa temeva divenne infine realtà: alla fine del Medioevo l’appropriazione francese della figura del re dei Franchi era ormai cosa fatta. Ed infatti oggi consideriamo Carlo unicamente francese e non tedesco. Ma a metà del XII secolo Carlo Magno , in Germania, è ritenuto tedesco al 100%. Non stupisce quindi l’uso propagandistico che ne fanno della sua figura Ottone III e soprattutto il Barbarossa, a cui si deve la canonizzazione di San Carlo Magno.
Note
[1] Chronicon Novaliciense cit. in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum ex Monumentis Germaniae Historicis Recudi Fecit, trad. it. a cura di Georges Minois, Hannover 1846, pag. 55-56
[2] Minois, G., Carlo Magno. Primo europeo o ultimo romano, Salerno editrice, Roma 2012, pag. 18
[3] Morrissey, R., Charlemagne and France. A Thousand Years of Mythology, University of Notre Dame, Indiana 2003, pag. 83