Indice dell'articolo
Una specie di noia
In principio era L’Essere e il nulla, l’opera sopra cui Jean-Paul Sartre edificò quel maestoso monumento che prese il nome di esistenzialismo e che ben presto tradì il disprezzo per la lotta di gran parte dei suoi lettori. Tanto vale affettare indifferenza, meglio, nausea e godere di quel briciolo di giovinezza che l’età offre adombrandolo nel collo di un dolcevita.
La nausea, questa “specie di noia” (allo stesso modo per cui il ricordo si presenta come “una specie di poesia”) tradisce accidia e noncuranza dove non misantropia. Per tale ragione Sartre si costringe a ribadire, nel corso di una conferenza tenuta nel 1945, il proposito umanitario del suo sistema, quella sottesa idea di de-potenziamento dell’eccezionalità come cordone che collega fra loro gli uomini. Tale posizione di carità laica verso l’altro, la quale non si risolve che in un obbligare di nuovo lo sguardo su se stessi, sarà con gli anni sempre più estrema, sino al punto di conformarsi al marxismo e ad un non tanto velato stalinismo, un pathos (generato forse dall’assenza di un Dio metafisico?) verso lo stato totalitario della divinità comunista.
Letteratura e scrittura di scena
È per tale motivo che lo scrittore Albert Camus decide, demolendo la solida amicizia che lo legava a Sartre, di concretizzare la propria rivolta anti-esistenzialista. Ecco che l’esistenzialismo si presenta nel suo volto più oscuro, un servo privo di capacità e dedito alla menzogna, una chiacchiera vuota adorna di sofismi che tradisce presto la maschera dell’accattonaggio. Così La commedia dei filosofi, componimento che l’autore appunta sui propri taccuini molto probabilmente nel 1947.
La scrittura teatrale opera tradizionalmente nella propria incompiutezza: oltre l’innegabile valore letterario (le tragedie di Shakespeare, ad esempio, aprono a un’intensa lettura prima che a un’incantevole messa in scena), soffrono della mancanza di un recitato che dia loro voce e corpo. Il lettore di drammaturgia conosce cosa dovrà leggere con interesse e cosa trascurare: via le didascalie, informazioni per l’attore solo; via i nomi dei personaggi; via ancora le conclusioni d’atto. Nella scrittura teatrale ciò che è letto è qualcosa di diverso da ciò che sarà recitato.
Vi sono tuttavia alcune opere il cui merito abbandona la scrittura di scena e lascia che la letteratura sopravviva in un differente universo, alla prima poco conforme. Quando, nel presentare la figliastra, Pirandello scrive nei Sei personaggi in cerca d’autore “sarà spavalda, quasi impudente”, non intende forse esporre quella ragazza perduta nel territorio della letteratura? Così Camus, nella Commedia, scrive che “Entra il Signor Nulla” allo stesso modo per cui il Nulla s’infiltra e prende possesso dell’Essere nell’opera sartriana. È necessario, dunque, che le didascalie si riapproprino del prestigio smarrito.
Camus contro il mercante di Parigi
Alle porte del signor Vigna, sindaco e farmacista di un paese della Francia, si presenta il Signor Nulla, fra le mani un “enorme volume in-folio”: singolare come dietro tale figura si celi quella strabica (moralmente strabica, preciserebbe Camus), laica come devotamente stalinista, misantropica eppure umanista di Sartre. Il volume, la sua maestosa opera, è un nuovo vangelo di cui egli, messia di un credo tautologico, si serve per vendere il suo obbligo verso un aldiquà della situazione.
SIGNOR NULLA: La formula è semplice, alla portata di tutti gli spiriti ordinari. Eccola: <<Essere nel farsi e fare che ciò sia, è essere per chiunque senza essere ciò che si sia>>.
Come il cristianesimo lavora per un’esistenza che sia conseguente alla vita mortale, così la nuova filosofia, oggetto di vendita, possiede il vantaggio d’essere una “rara mercanzia” che tuttavia figura tra la “gente alla moda” di Parigi. Sarà annoverato tra essa chi, devotamente, ne osserverà il dogma e lo realizzerà in un eroismo immobile (o anche solo di mobilità apparente). Terribile, per una filosofia che si dice umanista, affrancarsi proprio dalla pratica, la sola strada dove per Camus si possa consumare la rivolta.
La situazione del paradosso
L’accusa che l’autore sembra muovere all’esistenzialismo è quella di velare il paradosso di austerità filosofica. In una dimensione dove le intenzioni si annullano a favore delle azioni, qualsiasi sentimento, se non sa tradursi in una pubblicità materiale, diviene pallido e soffocato nell’astrattezza dell’anima. Come dire che l’amore non è tale finché non si traduce in amplesso, ecco ciò di cui Vigna, ormai devoto del Signor Nulla, discute con la figlia, prossima al matrimonio con un ragazzo piuttosto codardo. Certo, uno scherzetto che non tiene conto del ruolo attivo di cui la coscienza si anima nella filosofia esistenzialista, la cui origine e meta è proprio la vita pratica.
Sotto la filosofia, il corpo da saziare, la fame di un piazzista che non sembra avere fine. Come si può, dunque, legittimare una filosofia dalle così esili ambizioni? Arridendole con tenerezza: essa non è che il sistema d’un matto fuggito dal manicomio. Questo lo sguardo di Camus sull’opera di Sartre, lo sguardo della ragione contro il delirio.
Antonio Iannone
BIBLIOGRAFIA
A. Camus, La commedia dei filosofi, Via del Vento edizioni, Pistoia 2010, trad. it. di Antonio Castronuovo
L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore, in Maschere nude IV, a c. di R. Alonge, Mondadori, Milano.
J.-P. Sartre, L’Essere e il Nulla, Il Saggiatore, Milano 2014, trad. it. di G. del Bo.