E un sentimento di mancanza e di continua ricerca (anche di qualcosa di cui non si possono definire i confini, qualcosa di cui non si sa) il filo conduttore che tiene insieme i ventidue brevi racconti di Valerio V. Bruner. Racconti che sono raccolti in un libro – edito dalla GM Press – che prende proprio il nome di None but the brave, la canzone esclusa da Born in the U.S.A[1].
«And tonight, now I’ll see old friends
caught in things they got no chance to win
Just gettin’ beaten, and then playin’ again
‘Till their strength gives out
Or their hearts give in»
None but the brave – Bruce Springsteen
L’influenza di Springsteen su Bruner
I racconti sono dichiaratamente ispirati da una specifica poetica, quella springsteeniana, che è fatta di immagini (ed è per questo evidente il rapporto di reciproco scambio che ha con il cinema[2]).
«Misi in moto la macchina e guidai verso il confine tra l’Alabama e il Mississippi, mentre Bruce Springsteen cantava della mia vita ai margini della società»[3]
E sono propriamente delle immagini (che hanno la caratteristica di essere immediatamente comprensibili) il motore e la fonte di cui si nutrono i racconti di None but the brave: immagini di anti-eroi, di eterni sognatori, di esclusi e di perdenti che, nonostante tutto, restano e sopravvivono[4].
I personaggi di None but the brave (soprav)vivono negli scantinati della memoria.
Il contenuto spaziale dei racconti è, infatti, effimero e impalpabile, estremamente legato a una condizione sentimentale, a una dirompente e inarrestabile tensione emotiva.
Il mancato soddisfacimento di un desiderio, di un sogno, risulta essere la loro condanna (condanna dell’anima che viene espressamente indicata anche in un’altra canzone di Springsteen, The River: «is a dream a lie if it don’t come true, or is it something worse that sends me down to the river though I know the river is dry») ma, al tempo stesso, è in esso che cercano di (ri)trovare una possibilità di redenzione.
«Who’s that man who thinks
he can decide whose dreams will live
And who’s shall be pushed aside»[5]
È quel qualcosa che non c’è più, o che in alcuni casi non c’è mai stato, ciò che infatti spinge i personaggi ad andare avanti e a mettere in atto dei veri e propri meccanismi di ripetizione: come quello che, ad esempio, compie il protagonista del primo racconto (Spiriti nella notte), che tenta di soddisfare il desiderio del compagno (ri)vivendolo lui in prima persona.
I fantasmi di None but the brave
Questi, sono «uomini e donne […] destinati a diventare “fantasmi” dell’eterno ritorno»[6] proprio perché la necessità di soddisfacimento si confronta (dolorosamente) con il passare del tempo (come il protagonista de La lunga strada verso casa) e l’atto della ripetizione si assume lo specifico compito di astrarre determinati atti e fatti dal loro contesto specifico, rendendoli dimensioni extratemporali. Di fatto, li mitizza.
I fantasmi di None but the brave persistono, vivono e sopravvivono in uno stato di continua tensione, persistono e si nutrono del ricordo di un amore (perduto o mai avuto) o di un desiderio (abbandonato o irraggiungibile).
Ma è propriamente in funzione di quel ricordo, di quello stato di tensione, che essi vivono.
Le belle tavole di Ivano Bruner, che accompagnano la lettura, (insieme alle canzoni e alle fonti alternative – letterarie, cinematografiche e musicali – citate) segnano ed enfatizzano il carattere immanente dei racconti: è da segnalare, ad esempio, quella dedicata a 1968 Atlanta, Georgia, in cui l’uomo colto nel momento del trapasso sembra divenire parte dello stesso albero a cui lo hanno appeso, spettatore e compartecipe involontario.
Racconti di cui si invita alla lettura, anche a tappe non consequenziali ma comunque considerandole «parte di un unico dramma»[7], di cui ci sentiamo partecipi e attratti perché contengono il carattere di cui è proprio l’uomo: l’erranza.
Cira Pinto
Link al sito della GM Press, casa editrice del libro, su cui è possibile ordinare e visionarne un’anteprima: Link
[1] Titolo che vuole sottolineare anche uno dei caratteri della raccolta: si racconta brevemente, come se ci fossero dei repentini zoom, di esclusi.
[2] Se si volesse approfondire la natura di tale rapporto si consiglia la lettura de Il cinema secondo Springsteen, a cura di V. Esposito e D. Del Pozzo.
[3] Valerio V. Bruner, None but the brave, p. 177.
[4] Parafrasando la dedica fatta dall’autore.
[5] Bruce Springsteen, None but the brave.
[6] Vincenzo Esposito, prefazione a None but the brave, p. 9.
[7] Ibid.