In occasione della festa della donna, sembra giusto analizzare il ruolo che il mondo femminile ha ricoperto nel teatro greco, in particolar modo nella commedia antica. Il commediografo Aristofane ha dedicato ben due commedie all’universo femminile, immaginando come il mondo greco avrebbe reagito ad una società matriarcale: parliamo della Lisistrata e delle Ecclesiazuse.
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La Lisistrata
La Lisistrata fu messa in scena nel 411 a.C., in piena guerra del Peloponneso. Atene, ad un passo dallo sfacelo avvenuto in Sicilia, riflette sul senso della guerra, da sempre associata al mondo maschile. Cosa succederebbe se le donne, attuando uno sciopero dell’amore, bloccassero tutta la città costringendo i mariti a stringere la pace?
Da questa domanda una commedia irriverente, in cui l’argomento della sessualità è affrontato sempre con la risata e mai in maniera volgare. Il risultato? Gli Ateniesi, stremati dall’astinenza, stipulano la pace con gli Spartani e, dopo un breve ma intenso governo delle donne arroccate sull’Acropoli, tutto torna alla normalità.
Le Ecclesiazuse
Le Ecclesiazuse, invece, furono rappresentate nel 391, in un altro periodo di grande crisi per Atene. La democrazia era stata restaurata dopo la sconfitta nella guerra con gli Spartani, ma si rivelava spesso più dura dell’oligarchia (pochi anni erano passati dalla condanna a morte di Socrate).
Aristofane, così, decide di evadere dalle difficoltà politiche immaginando un altro governo attuato dalle donne. Le cittadine ateniesi, stufe della loro emarginazione e piuttosto critiche nei confronti dell’amministrazione maschile della città, si travestono da uomini e fanno attuare nell’Ecclesìa (cioè in assemblea) una nuova costituzione, che dia libero spazio a tutti: i beni sono di tutti i cittadini, e anche le donne possono unirsi a qualsiasi uomo. Si intravede, sullo sfondo, quel “comunismo integrale” platonico, che il filosofo svilupperà nella Repubblica e nelle Leggi.
Rispetto alla Lisistrata, tuttavia, questa commedia appare molto più stanca: non c’è quell’energia, quella malizia, quell’esplosione di versi che si possono ammirare nella prima commedia. È pur vero che ci troviamo alla fine della produzione di Aristofane, quando egli abbandona anche “tecnicamente” il vecchio modo di fare commedia. Il finale, infatti, non sorprende come quello della Lisistrata: si conclude ugualmente con un banchetto festoso, ma senza lasciar spazio a quello scontro tra mondo maschile e femminile, che suscitava tante risate quanto riflessione.
Il capovolgimento dello status quo
Il senso delle due commedie non si esaurisce nelle loro semplici trame: potremmo definirle quasi l’emblema della commedia antica. Come si evince da quanto raccontato, scopo della Lisistrata e delle Ecclesiazuse è quello di vedere cosa succederebbe se le donne, per una volta, salissero al potere nella società greca, chiaramente patriarcale.
Ebbene, l’idea del “rovesciamento” dello status quo è il fulcro di tutta la commedia antica. Mentre quella nuova, cioè quella di Menandro, si concentrerà soprattutto sulla vita umana e sulla psicologia dei personaggi, la commedia più antica, nata dai festival dionisiaci, aveva il compito di istruire attraverso la risata. Per dirlo in poche parole, la commedia antica aveva il compito di “stressare” la società attuale attraverso rovesciamenti insoliti e assurdi, che, nonostante la loro irrealizzabilità, risolvevano lo stesso la situazione.
Una nuova consapevolezza
Tutte le trame di Aristofane prevedono un personaggio paradossale che svolga questo ruolo: capovolgere la situazione attuale anche solo per smuoverla, far vivere per un po’ una condizione opposta e poi, naturalmente, far tornare tutto alla normalità. Attenzione però: Aristofane non deve esser letto come un poeta “politicizzante”, e i suoi “esperimenti” non devono essere visti come proposte da parte di un dissidente, che mette davanti agli occhi degli Ateniesi un mondo alternativo.
Aristofane ha orrore del caos, e tutto deve tornare, prima o poi, al suo stato originario. Il “rovesciamento” attuato nelle sue commedie, dunque, non serve a distruggere il mondo attuale, o a sostituirlo, bensì a renderci più consapevoli di esso attraverso la sperimentazione dell’opposto.
Le donne nella società greca
Se, dunque, nella Lisistrata e nelle Ecclesiazuse il mondo “normale” è quello maschile, è giusto che i personaggi delle commedie sperimentino il suo capovolgimento, cioè una società matriarcale. La forte connotazione ironica e il ruolo che il sesso ha nelle due commedie, tuttavia, ci allontanano totalmente dalla possibilità che Aristofane, nei suoi versi, voglia proporsi come un “femminista”.
La forza dirompente di Lisistrata è sicuramente ammirevole, ma è paradossale pensare che un uomo di V sec. a.C., pur geniale quanto vogliamo, si ponesse provocatoriamente a fianco delle donne. L’idea di un governo femminile spaventava lo stesso Aristofane, che infatti metteva sulla bocca del coro:
« Se cediamo, se gli diamo il minimo appiglio, non ci sarà più un mestiere che queste, con la loro ostinazione, non riusciranno a fare. Costruiranno navi, vorranno combattere per mare […]. Se poi si mettono a cavalcare, è la fine dei cavalieri ».
Il messaggio pacifista di Aristofane
Le capacità delle donne sono enormi, e per questo pericolose per una società tradizionale. Il suo obiettivo, più che altro, era mettere sulla scena dei valori alternativi a quelli della guerra.
Il messaggio pacifista di Aristofane è chiaro e ben riscontrabile, e solo per questo egli rende protagoniste delle donne, perché il mondo femminile è per definizione quello della pace, della famiglia e dell’agricoltura. Una campagna contro la guerra era una campagna contro il mondo maschile, e per questo il poeta si serve delle donne per restaurare la pace nella città. Attraverso il capovolgimento dello status quo Atene può guarire dalla guerra (nella Lisistrata) o dallo strapotere (nelle Ecclesiazuse), divenendo cioè più consapevole dei propri limiti e delle proprie potenzialità attraverso l’esperienza di ciò che è opposto.
Il mondo femminile non poteva certo pretendere, attraverso due commedie, di restaurare quell’antico potere matriarcale che i Greci ponevano all’origine della loro storia (Amazzoni e Lemnie, duramente punite per questa loro presa di posizione), ma poteva comunque insegnare agli uomini al potere che la guerra si risolve con l’amore, non con altre armi.
Alessia Amante