La riscoperta dei papiri antichi, avvenuta a partire dalla spedizione napoleonica in Egitto nel 1798, ha permesso di leggere e conoscere con occhi nuovi autori considerati ormai perduti per i moderni. L’aspetto più straordinario dei papiri è che essi sono vergati dai Greci stessi, di età ellenistica o romana, e riportano “lezioni” del testo spesso molto vicine all’epoca in cui il suo autore era vissuto. Tra gli autori che maggiormente hanno guadagnato salvezza dalla riscoperta dei papiri va annoverato senza alcun dubbio Menandro.
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Prima dei papiri
Come è stato detto, precedentemente alla scoperta dei papiri greci Menandro, perduto per via manoscritta, era conosciuto attraverso due soli canali: citazioni di altri autori e pochi frammenti sopravvissuti. Da un lato, bisognava affidarsi alla lettura dei commediografi latini, Plauto e Terenzio, che avevano attinto a piene mani dalle opere di Menandro, contaminandolo tuttavia non poche volte.
Dall’altro, ben poco era rimasto delle vere parole di Menandro: soltanto le ὑποθέσεις (upothèseis, cioè le trame) e le γνώμαι (gnòmai, cioè le sentenze) tratte dalle sue commedie. In entrambi i casi, tuttavia, poco si poteva intuire del suo teatro. Le trame, infatti, non davano alcuna idea di come Menandro affrontasse le innovazioni scenografiche e i contenuti della commedia tardo-classica, e le gnomai, lungo i secoli, erano state “contaminate” dal resto della tradizione, rendendo impossibile la sicura attribuzione di quelle frasi allo stesso Menandro.
Le prime grandi scoperte
Ecco perché la scoperta del primo papiro su Menandro nel 1876 aprì un mondo nuovo. Il papiro fu trovato nel monastero di S. Caterina del Sinai e fu edito da Cobet. Attualmente si trova a S. Pietroburgo, da cui il nome “Membrana Petropolitana”.
Nel 1898 seguì una nuova scoperta: il papiro fu edito da Nicol e si trova attualmente a Ginevra. Risale al V-VI sec. d.C., dunque è un testimone piuttosto tardo ma abbastanza importante per i versi riportati.
La grande scoperta, tuttavia, avvenne nel 1905. Lefebvre iniziò gli scavi ad Afrodito, città del Medio Egitto, e sotto segnalazione di un uomo indigeno vi trovò una sorta di “cantina” appartenuta ad un funzionario greco di età giustinianea, Dioscoro. Nel suo archivio furono rinvenuti numerosissimi documenti, fondamentali per la conoscenza del diritto di VI sec., alcuni di essi contenuti in una sorta di “pignatta”. Ebbene, lo strato di carta che proteggeva i documenti contenuti in questa pignatta era un insieme 17 fogli riportanti circa 1500 versi inediti di Menandro, e anche qualche verso dei Demi di Eupoli. Tutte le commedie che meglio conosciamo di Menandro (Dyskolos, Samìa, Epitrepontes ecc.) sono testimoniate in questo papiro.
I papiri Bodmer e la PCairensis
L’altra immensa scoperta sulle commedie di Menandro avvenne nel 1952, presso un monastero dell’Egitto. Bodmer comprò tutti i resti di codici rinvenuti in quel luogo, i quali presero appunto il suo nome. I PBodmer 25 e 26 riportano le più importanti commedie di Menandro: l’Aspìs, il Dyskolos e la Samìa, con lezioni tutt’oggi impiegate nelle edizioni moderne. Il limite dei papiri Bodmer, tuttavia, era lo stesso del papiro di Dioscoro: entrambi sono testimonianze piuttosto tarde, i primi di III-IV sec. e il secondo, come è stato detto, di VI. Ancora più tarda è la PCairensis, un testimone di V sec., ma piuttosto accurato nel riportare i cambi di battuta tra un personaggio e l’altro, con tanto di indicazione del nome.
Il cartonnage
La soluzione a tale problema, una sorta di “seconda scoperta”, è stata trovata quando, scavando le tombe dei Greci vissuti in Egitto, è stato appurato che gli strati di papiro che ricoprivano i corpi (cartonnage) riportavano testi greci. I papiri non più utilizzati, cioè, venivano reimpiegati come “copertura” per le mummie. L’aspetto più straordinario di tale scoperta è che l’uso del cartonnage è antichissimo, e risale fino al primo arrivo dei Greci in Egitto, tra IV e III sec. a.C.
I papiri da cartonnage, dunque, non solo hanno permesso di leggere autori antichi frammentari (Saffo è tra questi), ma anche lo stesso Menandro. Menandro, tra l’altro, non è autore così lontano come Saffo, ma visse nel IV sec. a.C. Di conseguenza tali papiri riportano il suo testo a circa cinquant’anni dalla sua morte, dunque vicinissimo alla lezione originaria! Un esempio è il papiro della Sorbona 2272B del III sec. a.C., uno dei testimoni più antichi di Menandro, tratto addirittura dal pettorale di una mummia greca.
Il futuro dei papiri
È dunque chiaro da questa breve panoramica sulla storia della tradizione papiracea che i papiri rappresentano davvero la strada del futuro per la rilettura e la riscoperta di autori perduti. Essi hanno il grande merito di risalire all’epoca dei Greci stessi, garantendo in questo modo una fedeltà al testo che nei manoscritti, talvolta, non è certa. L’ammirazione che Greci fino al VI sec. conservavano per autori lontani anche per loro ha permesso la sopravvivenza degli stessi e, indirettamente, tutta la conoscenza che noi moderni abbiamo su di loro.
Alessia Amante