Era il lontano 1986: il genio di di Tiziano Sclavi e la matita di Angelo Stano davano vita ad un nuovo personaggio completamente fuori dai classici canoni dell’immaginario fumettistico; un nuovo personaggio faceva la propria comparsa nelle edicole italiane: Dylan Dog, “Indagatore dell’incubo”…
L’uscita del primo numero “L’alba dei morti viventi” fu un rischioso esperimento, circondato da scetticismo generale e mille incognite, suscitate in primis dallo stesso Sclavi. Come può un lettore standard, o qualsiasi tipologia di lettore “bonelliano” o “marveliano” che sia, abituato e viziato da eroi western o vendicatori vari, incuriosirsi dinanzi alle presunte gesta di un presunto indagatore squattrinato, ex alcolista, per giunta dichiaratamente ateo?
Un antieroe, debole, insicuro e vulnerabile, soggetto come e più di tutti a fobie e ricadute, spesso del tutto impotente dinanzi ai misteriosi casi che affronta nel suo discutibile mestiere. Un personaggio fin troppo umano nelle sue debolezze, incoerentemente estraniato, quasi in conflitto con l’umanità, distante anni luce dai parametri del Super- Uomo dell’epoca d’oro di fumettiana memoria.
Il protagonista viene inoltre affiancato da un buffo assistente, perfetto sosia di Groucho Marx (chi?!?), dotato di un inguaribile spirito dell’umorismo, relegato all’occorrenza ad uomo delle pulizie, causa ristrettezze economiche di vario genere, cui l’Indagatore è obbligato a sopperire quotidianamente. Migliore amico (in verità Dylan Dog non pare nutrire parecchie amicizie) un classico vecchio ispettore di Scotland Yard, tale Bloch, mezzo calvo, perennemente disilluso ed in attesa della tanto agognata pensione.
Esordio nelle edicole negativo: esperimento fallito ?
Inutile aggiungere altro, il debutto in edicola risultò un fiasco quasi totale. I numeri successivi non ottennero risultati migliori, tant’è il fumetto navigò a vista circa un anno, inizialmente non compreso da critica ed ancor meno da grande e piccolo pubblico di lettori, riscontrando seguito soltanto grazie ad un’irrisoria nicchia di appassionati del genere e curiosi, nulla più.
Si temette il peggio, l’interruzione della stampa, causa scarsità di copie vendute, di pubblico e forse di “credibilità”. Il senso ed il messaggio dell’autore non furono prontamente recepiti. L’originalità non sempre paga, a volte confusa con scarso realismo.
Dylan Dog: la svolta , nascita di un fenomeno pop
Improvvisamente, il 1987 è l’anno della svolta. Dylan Dog raggiunge finalmente consensi dal pubblico, è boom di vendite, vecchi e nuovi lettori sono rapiti dal modo e dall’ambiente in cui vengono trattate le storie scritte da Tiziano Sclavi e disegnate dalla matita di Angelo Stano. Il personaggio inizia a prendere forma e vita nell’ immaginario collettivo e nella cultura pop italiana, scalando rapidamente le gerarchie del fumetto nostrano, insidiando e addirittura superando le vendite del leggendario “Tex”.
La trama delle avventure “dylaniane” risulta imprevedibile, ricca di splatter e colpi di scena. In “Dylan Dog” si affrontano tematiche sociali, tabù, il tutto condito da fantasmi e demoni di vario genere, spesso incarnati nell’unico vero mostro: l’uomo.
Il detective inglese residente in Londra, Craven Road 7, nonostante il suo inguaribile scetticismo, giunge comunque alla soluzione del caso lui prospettato dai clienti, molto sovente splendide donne, delle quali egli si invaghisce perdutamente, alcune volte risultando proprio loro stesse le carnefici dei delitti prospettati all’attenzione dell’Indagatore.
Il connubio fumettistico tra il tenebroso Dylan e l’inguaribile humor del suo assistente Groucho risulta vincente. L’ispettore Bloch assume un ruolo paternalistico verso il protagonista, lo raccomanda, consiglia e protegge quando necessario, mettendo a continuo repentaglio, a suo dire, lavoro e pensione.
Negli ultimi anni “Dylan Dog” ha dovuto rinunciare al suo padre-fondatore Sclavi, il quale per circa un decennio ha preferito dedicarsi ad altri progetti artistici, “abbandonando” la sua amata creatura. Il fumetto ha inevitabilmente attraversato una crisi di identità, dovuta agli acciacchi del tempo, mancanza di originalità e freschezza; tutto patologico dopo centinaia di numeri pubblicati.
Il ritorno alle origini: Tiziano Sclavi riabbraccia Dylan
Finchè Tiziano Sclavi …”Dopo un lungo silenzio” torna ad occuparsi del suo Old Boy. È proprio questo il titolo del numero 362, tra i più attesi della serie. “Dopo un lungo silenzio” è titolo volutamente ambiguo, ma forte e diretto. Il doppio senso segna in parte la ricomparsa del mostro che più ha afflitto l’esistenza di Dylan Dog, ovvero il demone dell’ alcolismo.
Ma la vera ricomparsa che interessa i lettori si legge più che implicitamente tra le righe: Sclavi è tornato !! La storia non delude, intensa e scorrevole, la mano di Sclavi accompagna Dylan durante l’intero percorso narrativo che lo vede vittoriosamente coinvolto a combattere un’ultima battaglia contro il suo vecchio nemico.
“Dylan Dog” ha resistito allo scorrere ed alle mode del tempo, restando un fumetto cult, rinnovando sì alcune sfaccettature per restare al passo coi giorni nostri, ma rimanendo coerente e fedele con le linee guida dettate da Sclavi. Lo stesso autore ha avvertito il bisogno di ricongiungersi a Dylan, proprio cercando di evitare che questi smarrisse la sua purezza originaria.
Il mondo in cui vive e sopravvive il tenebroso detective londinese è, come il nostro, in continuo mutamento, un iter irrefrenabile, ciò nonostante questi mai rinuncia a costruire il vecchio galeone e suonare l’amato clarinetto. Ogni uomo è figlio del proprio tempo, Dylan Dog è un personaggio fuori dal tempo, destinato a rimanere tale.
Davide Gallo