“Essendo nato Tiziano in Cador, piccol castello posto in sulla Piave e lontano cinque miglia dalla chiusa dell’alpe, l’anno 1480, della famiglia de’ Vecelli, in quel luogo delle più nobili, pervenuto all’età di dieci anni con bello spirito e prontezza d’ingegno, fu mandato a Vinezia in casa d’un suo zio cittadino onorato, il quale veggendo il putto molto inclinato alla pittura, lo pose con Gianbellino pittore[…]”.
Così Giorgio Vasari, illustre biografo dei più grandi artisti del Rinascimento italiano, descrive l’inizio della lunga e instancabile carriere del grande maestro veneto Tiziano Vecellio. Egli lavorerà per i potenti committenti della sua epoca spostandosi tra le città più ricche d’Italia dal punto di vista culturale ed artistico: Venezia, Mantova, Urbino e Roma.
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Venezia, Giorgione, l’esordio
Tiziano arriva a Venezia negli ultimi anni del XV secolo. La città lagunare vive uno dei suoi momenti di massimo splendore e dal punto di vista artistico conosce il passaggio dall’elegante decorativismo dello stile tardogotico alle nuove sobrie fabbriche rinascimentali di Pietro Lombardo e Mauro Codussi. Questo cambiamento sarà consolidato dall’arrivo in città di artisti come Leonardo da Vinci e Albrecht Durer.
La formazione di Tiziano comincia proprio a partire dalla conoscenza di queste nuove tenedenze che, unite alla lezione di maestri locali, come Vittore Carpaccio, daranno vita al classicismo cromatico che accompagnerà l’artista durante la sua carriera. La tradizione dell’allunnato di Tiziano nella bottega di Giorgione ha indotto a proporre, per molte opere non documentate e di difficile attribuzione, l’ipotesi che alla sua morte nel 1510, l’allievo abbia raccolto l’eredità del maestro completandone molte opere tra cui il “Concerto campestre” del 1509. Studi recenti hanno dimostrato che Giorgione non possedeva una bottega e dunque Tiziano non fu suo allievo.
Tiziano: pittore ufficiale della Serenissima
Tiziano si avvicina ai circoli umanistici attivi a Venezia, formati principalmente da patrizi e ricchi mercanti. le idee letterarie, filosofiche e musicali che vengono elaborate da questa cultura d’èlite sono tradotte da Tiznao in opere private, in cui il tema dominante è il rapporto tra amore e musica. Tra queste ricordiamo la celebre tela “Amor Sacro e Amor Profano” del 1514.
Nel 1516 Tiziano riceve una delle sue commissioni più note, ovvero la pala dell’ “Assunta” per l’altare maggiore della chiesa francescana di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Il successo e l’ammirazione per quest’opera saranno così grandi da fargli ottenere una nuova commissione per la medesima chiesa, la “Pala Pesaro”. Il suo ingegno verrà premiato con un ruolo di particolare rilievo nell’ambito della cosiddetta “renovatio urbis Venetiarum”, al fianco di personalità del calibro di Pietro Aretino e Jacopo Sansovino.
Oltre i Dogi
La risonanza del successo dell’Assunta fece definitivamente decollare la carriera internazionale di Tiziano. I primi a interessarsi di lui fuori i confini della Serenissima furono i piccoli Stati del nord-Italia, in particolare Ferrara e Mantova. Tiziano lavora prima per Alfonso d’Este alla corte di Ferrara, dove oltre a realizzare numerosi ritratti ufficiali, decora lo studiolo personale del Duca, il cosiddetto “Camerino d’alabastro”. A Mantova invece, alla corte dei Gonzaga, egli lavorerà al fianco di una delle personalità artistiche più importanti del suo tempo, Giulio Romano,che in quegli anni si stava occupando della costruzione di Palazzo Te. Negli anni quaranta Tiziano sarà ad Urbino dove lavora per la nuova dinastia dei Della Rovere dando vita a nuovi capolavori: sono gli anni della celebre “Venere di Urbino”.
Il viaggio a Roma
Nel settembre del 1545 Tiziano parte da Venezia e, dopo un breve soggiorno ad Urbino, il 9 ottobre giunge a Roma. Accolto con grandi onori nella corte pontificia, viene accompagnato da Vasari e Sebastiano del Piombo nella visita ai monumenti della città eterna, e avviene inevitabilmente l’incontro con Michelangelo. Il naturalismo e la libertà cromatica della “Danae”, dipinta nel 1546 per il Cardinale Alessandro Farnese, non vengono compresi da molti, come ci racconta Vasari. L’innovazione dell’arte tizianesca è visibile soprattutto in un0opera come “Paolo III Farnese con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese”: la sottile indagine psicologica dei tre personaggi viene condotta attraverso l’accostamento rapido di pennellate di colore intenso, radicalmente opposto alle stesure cromastiche quasi 2metalliche” dei suoi contemporanei. la verità della rappresentazione fece si che i tre illustri personaggi della corte papale preferissero a questo ritratto altre opere di tenuta più “ufficiale” come il “Ritratto di Alessandro Farnese”. il solenne conferimento della cittadinanza romana nel marzo del 1546 conclude il soggiorno romano di Tiziano nella città eterna.
Gli ultimi anni
Quando l’artista ritorna nella sua Venezia, di percepisce nella sua arte un cambiamento. In città cominciano a lavorare artisti come Tintoretto e Veronese, artisti che influenzeranno fortemente l’ultimo Tiziano. Egli è ormai teso alla conquista di un nuovo metodo pittorico, fatto di rapide e larghe pennellate, o anche di colore modellato con le dita, con un effetto finale simile al non finito di Michelangelo. Il punto di arrivo di questo percorso è la “Pietà” del 1575, dove il colore è ormai del tutto sfaldato e utilizzato in chiave emotiva.
La peste uccide Tiziano il 27 agosto del 1576. Egli non ebbe una scuola e degli allievi, ma i colori della sua arte vivono ancora oggi nelle emozioni che le sue opere lasciano a chi ha la fortuna di poterle ammirare.
Manuela Altruda