Anche il genere letterario della biografia può offrirsi come primaria fonte d’ispirazione nell’ambito delle storie a fumetti. Può essere impiegato, grazie alla versatilità del mezzo fumettistico, con grande varietà di stili e d’intenti. Ben consapevole di queste possibilità, lo sceneggiatore e produttore statunitense Vivek J. Tiwary ha realizzato un singolare esempio di graphic novel biografico, approdando nel mondo del fumetto con Il quinto Beatle. Racconto originale e sorprendente della vita di Brian Epstein, l’uomo che scoprì e guidò i Beatles verso una fama senza precedenti, destinando i quattro ragazzi di Liverpool a cambiare per sempre la storia della musica e a segnare la nascita di uno dei più grandi fenomeni culturali e di costume del XX secolo.
Scopo dichiarato da Tiwary è di svelare la poesia dietro la storia dolorosamente umana di un “eroe” tanto imperfetto, quanto affascinante. Le ricerche sulla vita pubblica e privata del visionario manager della band di Liverpool hanno impegnato Tiwary per alcuni decenni, trovando poi esito in un graphic novel dall’aspetto di un sincero “atto d’amore”.
Senza rinunciare a stratagemmi narrativi e a elementi ricercatamente romanzati, che lasciano trasparire le origini televisive e teatrali della sua produzione, Il quinto Beatle rappresenta per Tiwary il “lavoro della vita”, compiuto in nome di un amore, mai corrisposto, con le vicende di Epstein.
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Brian Epstein: chi era costui?
Se c’è mai stato un quinto Beatle, era di certo Brian.
– Paul McCartney, 1999
Ci ritroviamo, così, subito proiettati in una plumbea e cupa Liverpool del 1961. Il giovane ventiseienne Brian, di origine ebraica, è costretto a vivere segretamente la propria omosessualità, che nell’Inghilterra degli anni Sessanta è considerata un reato perseguibile con la prigione.
Episodi di antisemitismo e omofobia faranno per sempre parte della sua vita, condita da una serie di fallimenti personali. Ad esempio l’espulsione dall’esercito o la stroncatura della propria carriera di stilista; oppure tentativi di auto repressione attraverso le pesanti cure farmacologiche che ne vogliono guarire le “inclinazioni sbagliate”.
L’incontro coi Beatles
Ma l’esistenza di Brian Epstein assume una piega imprevista. Il tutto grazie al negozio di dischi che gestisce a Liverpool e alle continue richieste, da parte dei clienti, di My Bonnie, singolo di un album tedesco di Tony Sheridan, in cui figura come band di supporto un quartetto locale accreditato come The Beat Brothers, ma meglio noto in città come The Beatles.
Spinto dalla curiosità, Brian li ascolta suonare per la prima volta al Cavern Club, in cui il gruppo si esibisce ogni sera. La folgorazione è immediata. Ne resta ammaliato, iniziando a credere fermamente nel loro talento e nella possibilità di renderli le più imponenti stelle del firmamento musicale che il mondo avesse mai conosciuto.
“Più grandi di Elvis“, dirà, cercando di aiutare loro, ma forse anche se stesso.
Divenuto il manager della band, Epstein si propone innanzitutto di ridisegnarne l’immagine. Sostituì a quei quattro ragazzi rozzi, sboccati e vestiti con giubbotti di pelle nera, i Beatles eleganti, dai tagli di capelli coordinati e dall’inchino finale rivolto al pubblico.
“Eppy”, come Epstein è soprannominato da Lennon, riuscì ad ottenere un contratto con la EMI; il tutto dopo aver collezionato una serie di rifiuti presso altre case discografiche. L’impresa segna la storia del gruppo, trasformandola in quella di un’ascesa inarrestabile, che Tiwary riesce perfettamente a raccontare, sviluppando parallelamente gli eventi che portano la beatlemania nel mondo e le vicende private di un Brian Epstein all’apice del successo, ma in realtà irrimediabilmente solo, costretto a vivere all’ombra di se stesso, e sinceramente desideroso che quell’amore cantato dai suoi Beatles entri nei cuori delle persone.
Il quinto Beatle
Molte personalità che hanno affiancato il gruppo nel corso degli anni (tra le quali Stuart Sutcliffe, Pete Best e George Martin) sono state definite “quinto Beatles”; ma forse questo appellativo calza meglio a Epstein che a chiunque altro.
Persona eccentrica, sognatrice, fragile e insicura, empatica e ingenua; dotata di grande forza di volontà, ma di scarso fiuto per gli affari economici, non essendo sempre in grado di gestire coscienziosamente gli interessi finanziari della band, commettendo alcuni gravi errori. È questo il ritratto di Brian Epstein che emerge dal racconto di Tiwary, forse più edulcorato di quanto non sia stata la realtà dei fatti; segue però un naturale e delicato equilibrio tra momenti comici e drammatici; con attenzione anche ai rivolgimenti della storia di quegli anni tanto particolari, quanto decisivi per la cultura successiva.
La sceneggiatura è ulteriormente valorizzata dai disegni di Andrew C. Robinson, dallo stile moderno ed espressivo, che cattura perfettamente le somiglianze fisiche con i personaggi reali, e da quelli di Kyle Baker, autore dei disegni di un solo episodio all’interno del graphic novel (quello del pericoloso tour nelle Filippine di Marcos), che impiega uno stile più cartoonesco e in linea con le intenzioni ironiche con cui è affrontata la vicenda.
La storia di Epstein e dei Beatles è raccontata seguendo un percorso cromatico che va dal bianco e nero delle prime pagine ai colori più sgargianti e vivaci delle ultime, in sintonia col periodo psichedelico della band e con la Summer of love.
La morte di Brian Epstein
Nell’agosto del 1967 Brian Epstein, morirà all’età di trentatré anni, in seguito a un’overdose di farmaci. Le strade di John, Paul, George e Ringo cominciarono dunque a prendere direzioni diverse, fino alla vera e propria rottura. Ma l’eco di quel messaggio d’amore, in cui Epstein aveva creduto per primo, ha continuato a seguire quella strada che oggi giunge fino a noi.
Luciana Tranchese