Le esperienze premorte sono fenomeni interessanti che potrebbero aiutarci a risponde alla domanda “che cosa succede dopo la morte?“.
Questa è una domanda oggetto di discussione e di confronto ormai da migliaia di anni. Da qualche anno però è anche la scienza che ha iniziato ad interrogarsi a riguardo e sembra essere intenzionata a risolvere questo millenario problema esistenziale.
Le esperienze di premorte: cosa si prova quando si sta per morire
Le esperienze di premorte (Near Death Experiences o esperienze NDE) vissute da una piccola ma significativa parte della popolazione.
I pazienti rianimati, spesso dopo un arresto cardiaco, tendono tutti a raccontare vicende molto simili tra loro, con elementi in comune.
Si parla di una sensazione singolare, come se si uscisse dal proprio corpo e si andasse verso una luce. Alcuni parlano di vivere, in pochi istanti, i momenti salienti della loro vita; altri invece di vedere, dall’alto, i medici intenti a rianimare il loro corpo. Su una cosa però tutti concordano, ed è circa la sensazione di pace e serenità che si prova.
Semplici allucinazioni?
L’equipe guidata dal neuroscienziato Steven Laureys, dell’Università di Liegi ha esaminato un campione significativo di persone. I ricercatori hanno scoperto che, indipendentemente da quanto doloroso possa essere stato il trauma subito, chi sperimenta quell’esperienza dice di non aver provato nessuna sensazione negativa o sofferenza.
Al contrario, quasi tutti coloro che sono ritornati miracolosamente alla vita affermano di essersi trovati in uno stato di perfetta serenità, senza avere più timore della morte.
Naturalmente il dottor Laureys era già a conoscenza della teoria maggiormente condivisa dalla comunità scientifica. Infatti, quelle immagini non sarebbero altro che allucinazioni create da un cervello in anossia (senza ossigeno) oppure da un danno nell’area limbica (deputata al controllo delle emozioni).
“Allora ci si aspetterebbe di vedere delle differenze, tra le NDE conseguenza di annegamenti e quelle invece prodotte da altri trauma”, sostiene il neuroscienziato.
Con i suoi collaboratori, ha confrontato 190 casi documentati di esperienza di premorte avvenute in seguito ad arresto cardiaco, affogamento, ferite alla testa e così via. Usando un’analisi statistica e un metodo di misura noto come la Scala Greyson per assegnare un numero ed un’intensità differente alle diverse tipologie di NDE, il team ha confermato che i racconti hanno numerose similitudini in comune.
La ricerca neuroscientifica
Adesso i ricercatori dell’Università di Liegi stanno cercando di capire, mediante una scansione completa del cervello dei pazienti che riferiscono di aver appena avuto una NDE in seguito ad un infarto, le tracce o cicatrici che potranno riflettere i postumi dell’evento.
Il dottor Laureys è conscio di quanto sia complesso indagare su fenomeni tanto soggettivi, ma intende affrontare la materia con apertura mentale:
“Dobbiamo accettare che ci sono tante realtà che noi non capiamo, ma è importante applicare il miglior metodo scientifico a nostra disposizione. È il primo passo per comprendere qualcosa di davvero interessante e che potrebbe alla fine fornirci una maggiore conoscenza di quello che è la coscienza.“
Christian Nardelli