Il primo testo letterario della letteratura italiana, datato, firmato e redatto in lingua volgare, è il Cantico delle Creature, di San Francesco d’Assisi.
A seguito, pare, di una delirante notte di incubi e sofferenze, culminata in una salvifica visione di beatitudine, il santo compose quello che è oggi il più antico testo della nostra storia letteraria nel 1224, un paio di anni prima di morire.
In territorio francese da più di mille anni trovatori, poeti e cantori componevano romanzi e liriche utilizzando le lingue d’oc e d’oïl; quali sono, allora, le ragioni profonde di questo immenso scarto temporale?
Il ritardo della letteratura italiana
Il ritardo della letteratura italiana è profondamente radicato in una serie di motivazioni sociali, prima che culturali.
Già nei primi anni del XII secolo la Francia presentava caratteristiche di unità politica, culturale e geografica. Ciò fu sufficiente a creare l’esigenza, il bisogno, la richiesta di una letteratura che fosse portatrice di un codice etico e comportamentale condiviso da un largo numero di fruitori.
La classe emergente era la cavalleria, che si ritagliava spazi sempre più ampi all’interno del sistema feudale; la cavalleria e il sistema feudale stesso esigevano una forma di espressione univoca e concreta.
L’Italia, nel frattempo, era divisa. Geograficamente, linguisticamente, politicamente.
L’emergente classe mercantile era in aperto contrasto con l’aristocrazia feudale; la città succhiava energia e pulsioni dal contado, che si impoveriva; le differenze fra le classi sociali erano acute e difficili da gestire. In questo clima, sia per un mancato codice di valori condiviso, sia per una mancata sensibilità verso realtà che si slegassero dal contingente politico, la letteratura non trovava terreno fertile in cui mettere radici.
In tale contesto, il fatto che il più antico testo della letteratura italiana appartenga al genere religioso appare significativo. Nei territori umbro-toscani, laddove era più forte e cospicua la presenza di monasteri, l’esigenza di avviare il processo divulgativo di un volgare italiano, seppur ancora neonato e incrostato di particolarismi e latinismi, si trasferiva sul piano della predica.
Scuola siciliana, poesia siculo-toscana e stilnovismo
Il fatto che letteratura nasca spontaneamente come mezzo e fine dell’aggregazione sociale e della condivisione di valori è dimostrato dal fatto che, dal 1230 circa al 1250, la scuola poetica siciliana, la prima della nostra storia, cresce e si sviluppa attorno alla Magna Curia di Federico II di Svevia, monarchia accentratrice esente dalle lotte di classe dell’Italia centro settentrionale.
Nel frattempo, la cultura occitana aveva già compiuto la sua parabola discendente. Con la crociata contro gli Albigesi del 1209 le corti provenzali avevano visto la propria fine; inoltre i trovatori avevano cominciato una lenta migrazione verso l’Italia settentrionale, diffondendovi la propria poesia.
Quando, alla morte di Federico II, i poeti siciliani a loro volta convogliarono verso il centro-nord della penisola, e incontrarono le istanze provenzali, nacque la cosiddetta generazione di mezzo, o poesia siculo-toscana. Questa coniugava e ampliava temi e forme della lirica trobadorica e di quella siciliana.
Contemporaneamente però vedrà i natali, per ora timidi, una nuova sensibilità poetica, incarnata per certi versi nella figura di Guido Guinizzelli – una sensibilità di intellettualismo filosofico, leggiadria metrica, sottigliezza pacata. Quella che, con il Dante lirico maggior esponente e per bocca di Dante stesso, avrebbe dato origine allo stilnovismo.
Un quadro multiforme
Scuola siciliana, poesia siculo-toscana e stilnovismo costituiscono solo i tre assi portanti di un complicato sistema architettonico che aveva in realtà numerosissime altre suggestioni. Quella del genere religioso, che anzi, come abbiamo visto, era stato il primo segnale della nascita di una letteratura vera e propria; del genere didattico-allegorico; quella del genere comico-realistico – solo per citarne alcuni.
Sin dal suo primo secolo di nascita, dunque, la letteratura italiana già si presenta come un variopinto mosaico d’istanze diverse, contraddittorie e complementari. Una tela intessuta e intrecciata di mille fili, il cui percorso nella trama è continuamente spezzato e interrotto dall’incrocio con gli altri.
Negli articoli che seguiranno, dunque, cercheremo di orientarci, assieme ai lettori, all’interno del multiforme labirinto della letteratura del XIII secolo, o quantomeno delle sue espressioni principali – sperando di non perderci, senza esserne troppo sicuri.
Beatrice Morra