Il 4 giugno 1994 Massimo Troisi ci salutava per sempre. Napoli (e non solo) ricorda con nostalgia quell’uomo timido e geniale, che è divenuto il simbolo della comicità partenopea, insieme a Scarpetta e De Filippo.
Massimo Troisi e la Smorfia
La sua comicità e la sua personalità affondano le radici in una sapiente ed esplosiva mescolanza tra cabaret e teatro classico napoletano. Il suo debutto avvenne in un teatro parrocchiale, quello della chiesa di S. Anna, a San Giorgio a Cremano, agli inizi degli anni ’70. Qualche anno dopo con la complicità di altri amici, tra cui Lello Arena e, solo in un secondo momento, Enzo Decaro, Massimo ricava da un garage vicino casa sua un teatrino, che sarà la sede del Centro Teatro Spazio. In quel teatro-garage, si recita di tutto: da Viviani a Scarpetta, da Eduardo a Dario Fo.
E fu proprio grazie all’esperienza accumulata nel corso degli anni al Centro Teatro Spazio che Massimo, Lello ed Enzo, decisero di unirsi per fondare, nel 1976, il gruppo I Saraceni, che l’anno dopo diventerà La Smorfia.
L’obiettivo de La Smorfia, che riscosse un enorme successo tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80, era quello di riproporre il cabaret attraverso la farsa tradizionale e il teatro tradizionale partenopeo, cercando quanto più possibile di contrapporre alla comicità trash, in quegli anni dilagante, un modo tutto nuovo di interpretare, in chiave ironica e critica, la Napoli di oggi.
Lello Arena dichiara infatti in un’intervista del 3 marzo 1979: “Il nostro è un linguaggio che ci auguriamo genuino, chiaro, artigianale e comprensibile a tutti. Inoltre ribaltiamo il valore comunemente attribuito a oggetti, frasi, situazioni e mettiamo in ridicolo certi stereotipi verbali e di comportamento di cui ognuno di noi si serve. Inducendo il pubblico a ridere sul capovolgimento di certi canoni logici, lo costringiamo contemporaneamente a ridere di se stesso”.
Ed è qui, ne La Smorfia, che la figura di Massimo Troisi trova la sua espressione più alta in ogni personaggio che interpreta nei suoi sketch, e le cui caratteristiche saranno poi trasposte sul grande schermo: le sue espressioni, l’intonazione, quel napoletano sgrammaticato, monologante e ricco di spezzature e sospensioni, sempre tendente all’afasia e all’autoannullamento.
La filmografia di Massimo Troisi
Massimo esordisce al cinema nel 1981 con il film Ricomincio da tre, al suo fianco il suo caro amico Lello Arena, musiche di Pino Daniele. Un’esplosione di napoletanità che colpisce nel segno e che gli vale due David di Donatello per la miglior regia e per il miglior attore. Un successo assoluto.
Seguono, nel 1982, Scusate il Ritardo, considerato il miglior film dell’artista partenopeo, e che ancora una volta si aggiudica due David di Donatello che vanno a Lello Arena (miglior attore non protagonista) ed a Lina Polito (miglior attrice non protagonista), No grazie, il Caffè mi rende nervoso e nel 1984 Non ci resta che piangere, in collaborazione con il suo amico Roberto Benigni.
Collaborò con Ettore Scola, recitando al fianco di Marcello Mastroianni in Che ora è? (1989), che gli valse la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, e in Il viaggio di Capitan Fracassa (1990), impersonando la maschera di Pulcinella.
Nel 1994, Massimo è impegnato nelle riprese de Il postino, per la regia di Michael Radford. Nonostante sia stanco e affaticato, riesce a terminarle. Dodici ore dopo, Massimo muore all’età di quarantuno anni, per un attacco cardiaco.
Quel film sarà candidato, due anni dopo, a ben cinque premi Oscar, tra cui miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura non originale.
A distanza di anni, è difficile parlare di Massimo Troisi senza avvertire una punta di nostalgia. Chiunque l’avverte, anche chi non lo ha mai conosciuto o è troppo giovane per ricordarlo. Ciao Massimo.
Gabriella Valente