(introduzione sulla sociobiologia e l’importanza del sesso)
Lo scopo della sociobiologia è quello di elaborare modelli probabilistici attingendo concetti da diverse discipline, spaziando dalla etologia alla fisiologia, ed attraverso la comparazione delle proprie stesse conclusioni. Mediante queste elaborazioni ci si pone l’obiettivo di spiegare i comportamenti animali sulla base di componenti biologiche ed evolutive. I costumi animali si sono modificati nel corso della storia naturale, e sono stati soggetti, esattamente come avviene per le modifiche morfologiche, a selezione naturale.
Quando un carattere risulta essere vantaggioso in termini di fitness, aumentando il successo riproduttivo dell’organismo che ne è dotato, permettendogli di lasciare una prole numerosa, esso è selezionato dall’ambiente positivamente, e si diffonde nella popolazione. Ciò avviene allo stesso modo sia per i tratti fisici che comportamentali.
Centrale in questo concetto è quindi il ruolo del sesso. Un individuo, per tramandare il proprio pool genetico e diffondere i propri caratteri, contribuendo all’evoluzione, deve riuscire a riprodursi: il suo successo è infatti legati al numero di figli generati che a loro volta riescono a produrre una nuova generazione.
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Il sesso nella società umana
Il sesso è senza dubbio un argomento curioso e stimolante, proprio perché nella vita esso gioca un ruolo fondamentale. La sessualità umana poi è ricca di sfumature, complessa ed assolutamente singolare se comparata a quella degli altri animali. Ed è attraverso questo confronto che possiamo capirne le particolarità ed i motivi alla base.
La differenza nei costumi sessuali ha motivi ecologici: sono le interazioni degli individui di una popolazione tra di loro e con l’ambiente a determinare le maggiori distinzioni tra le specie in quest’ambito.
Nella maggior parte dei taxa animali il maschio contribuisce alla riproduzione solo fornendo il seme, mentre nella specie umana il padre contribuisce in maniera rilevante alle cure parentali. Ciò avviene perché i piccoli di homo sapiens sono per molto tempo inetti a procurarsi il cibo, dipendendo in tutto e per tutto dai genitori. Il padre allora vuole sincerarsi del suo investimento, fornendo le risorse necessarie alla sua sopravvivenza.
L’uomo dipende, in misura molto maggiore rispetto ad altri organismi, dalla propria capacità intellettiva: occorrono anni prima che questa sia sufficientemente formata in modo da risultare sufficiente per procacciarsi il cibo. Sono molte le informazioni da acquisire durante i primi anni della crescita. Ad esempio, in una società di cacciatori raccoglitori è necessario imparare quali specie vanno cacciate o raccolte, quali sono velenose, dove è possibile reperirle e come si riconoscono.
L’homo sapiens ha quindi le caratteristiche delle specie a strategia K, ovvero quelle che massimizzano il proprio successo riproduttivo puntando sulle cure parentali per far sì che la propria prole, di solito non molto numerosa e a crescita lenta, sopravviva arrivando all’età adulta.
La richiesta un lungo periodo in cui i figli richiedono attenzioni da parte degli adulti ha avuto effetto anche sulla struttura sociale stessa: la maggior parte delle famiglie moderne è monogamica (cosa abbastanza rara tra i primati), mentre in alcune società odierne continua permanere la leggera tendenza poliginica che ha caratterizzato l’inizio della nostra civiltà, e che spiega la differenza di dimensioni corporee che esiste tra maschio e femmina nella nostra specie.
Sesso e caratteri sessuali
La nostra socialità ha influenzato anche la morfologia dei caratteri sessuali. La nostra ancestrale poliginia si palesa non solo nella differenza di stazza tra i due sessi, ma anche per il marcato sviluppo dei caratteri sessuali secondari, che risultano fondamentali nell’attrarre i partner, e diventano ancor più importanti quando la competizioni per questa risorsa diventa aspra.
Tratti curiosi sono la pelosità parziale, visibile solo in determinate aree del corpo, il seno, presente, a differenza degli altri primati, non solo durante la gravidanza, e le dimensioni degli apparati genitali.
L’uomo ha un scroto del peso, mediamente, di circa 40g. Se confrontato con quello di un gorilla, è molto più grande, mentre non regge il confronto con i testicoli degli scimpanzé, pesanti più del doppio.
Il motivo di queste differenze è da ricercare nella frequenza della copula nelle diverse specie: i gorilla, pur essendo poliginici, presentano una scarsa attività sessuale, mentre invece tra gli scimpanzé la promiscuità rappresenta la norma. Dei testicoli di maggiori dimensioni assicurano una produzione seminale più abbondante, è se in una specie la femmina è abituata a fare sesso con più maschi in rapida sequenza, quello che immetterà più sperma avrà maggiori chances di fecondarla. La differente morfologia è quindi funzionale a motivi ecologici: i testicoli di ogni specie sono abbastanza grandi per svolgere adeguatamente il proprio compito, ed una maggiore dimensione comporterebbe solo maggiori costi nell’investimento sessuale.
Molta curiosa è la motivazione legata alle dimensioni del pene del maschio di homo sapiens, senza dubbio enormi rispetto a quelle di qualsiasi altro primate (12,7cm la media umana, contro i 3,2 nel gorilla), ed in generale di grossa taglia rispetto alla propria struttura fisica, se confrontato con altre specie.
Secondo moderne teorie il pene nell’uomo si sarebbe evoluto come un organo da parata: le sue dimensioni e la sua morfologia non si sarebbero evolute in funzione del proprio scopo riproduttivo, quanto invece sarebbero da ricercare nel obiettivo di un’esibizione che testimoni un certo status. Ma il fatto curioso è che, sempre secondo questa teoria, l’esibizione non sarebbe rivolta nell’attrarre le donne, ma bensì nell’intimidire altri maschi.
Lorenzo Di Meglio
Bibliografia
Paul B. Weisz – Zoologia – Zanichelli
Jared Diamond – Il terzo Scimpanzè ascesa e caduta del primate Homo sapiens – Bollati Beringhieri
Fondamenti di ecologia – Odum Eugene P.; Barret Gary W. – Piccin-nuova libreria