Sarebbe davvero difficile rifiutare un soggiorno gratuito di cinque mesi in una splendida struttura lontana da tutti e da tutto… ma se l’albergo in questione fosse l’Overlook Hotel di Shining, non ci vorrebbe molto a declinare l’offerta!
Shining, un capolavoro horror
Jack Torrance (Jack Nicholson) viene assunto come guardiano dell’Overlook Hotel durante il periodo di chiusura invernale, in una località montuosa distante chilometri dal più vicino centro abitato. È il momento perfetto per poter scrivere finalmente il suo romanzo, un luogo pacifico che possa dargli l’occasione di mettere su carta la sua opera, perché lui di idee “ne ho, e ne ho tante”, come specifica alla moglie con un sorriso tirato, ha solo bisogno dell’atmosfera giusta per concentrarsi.
Ma, come si suol dire, ogni cosa ha il suo prezzo, in questo caso si tratta di presenze sovrannaturali che infestano l’albergo che sarebbe stato, inoltre, costruito su un cimitero indiano. Di certo Stephen King, dal cui libro Stanley Kubrick ha tratto uno dei capolavori del cinema horror, non lesina sull’elemento paranormale.
La pellicola inizia con una lunga ripresa della zona dove è situato l’albergo. Non si vedono che alberi, pianure e cime montuose, il regista gioca bene le sue carte fornendoci uno spettacolo la cui bellezza ci lascia incantati ma la cui imponenza ci provoca un senso di smarrimento e di impotenza, al punto tale che viene subito da domandarsi come Heidi sia uscita mentalmente illesa dalla sua infanzia tra le montagne della Svizzera.
In effetti già dopo il primo mese di permanenza all’Overlook Hotel iniziamo a percepire una nuova atmosfera, non tanto per le visioni del figlioletto di sette anni il quale ci aveva già mostrato il suo dono della luccicanza, the shining, intuendo sin dal principio una forza malefica nel luogo. Piuttosto potremmo parlare della “luccicanza” che vediamo negli occhi del protagonista.
Jack Nicholson ci offre una tra le sue migliori perfomance recitando il ruolo dello scrittore mancato pieno di frustrazioni non fermandosi però a questo stereotipo. Perché Jack si lascia catturare, e probabilmente non in maniera inconsapevole, da questa forza oscura dell’albergo, incarnando lui stesso il guardiano che dieci anni prima aveva massacrato moglie e figlie.
Qui vediamo tutta la bravura dell’attore, il cui personaggio, ormai crollato davanti al suo destino, abbraccia pienamente il ruolo di folle assassino. E Jack Nicholson diventa il film, non c’è spazio che per i suoi monologhi da visionario. Ecco come durante una scena di pura tensione ci riesce impossibile non ridere e al tempo stesso rabbrividire alla frase “Wendy, tesoro, non ti farò nulla, solo quella testa te la spacco in due”. Probabile che Erasmo da Rotterdam l’avrebbe definito come l’Elogio della Follia…
E Kubrick fin da subito gioca con lo spettatore, lo coccola mentre gli presenta una normale famiglia che non sembra turbata all’idea di lungo periodo di semi-isolamento, finché, prendendolo quasi per mano, lo trascina in un vortice di violenza e irrazionalità.
In fondo il regista ci aveva già mostrato tutta la sua maestria con la violenza gratuita di Arancia Meccanica. In questo caso non vediamo una vera e propria violenza se non con l’uccisione del capo cuoco dell’hotel (Scatman Crothers), povero agnello sacrificale, la cui morte non viene usata che come pretesto per permetter la fuga della moglie dalle grinfie del lupo cattivo.
Lo scopo di Shining, per Kubrick, non è quello di farci chiudere di occhi davanti ad aggressioni brutali, lo scopo è quello di tormentarci con un climax di tensione che ci costringe ad aggrapparci ai manici della sedia.
E nessun elemento sfugge al regista per raggiungere il suo fine. Dall’utilizzo del tempo, che scorre in maniera più accelerata a mano a mano che si entra nel culmine della storia, fino quasi ad essere scandito dallo zoppicare di Jack i cui passi riecheggiano nell’albergo come dei rintocchi di una campana, una campana che, sino a quel punto, non si sa ancora se suonerà la fine delle vittime innocenti o del pazzo omicida.
Dedichiamoci all’ambientazione, Kubrick non lascia quasi spazio alle scene d’esterno. Tutto si svolge all’interno dell’Overlook Hotel dal quale non c’è alcun modo di andar via. Quando si entra nell’albergo si entra a far parte della grande famiglia, “Questo drink lo offre la casa” è la frase che ci fa capire che Jack ormai ne è membro a tutti gli effetti e che perciò dovrà comportarsi di conseguenza.
Kubrick riesce in maniera esemplare a creare un film che, sebbene non presenti effetti speciali tipici dei moderni film splatter, si posiziona tra i primi posti dei cult del genere horror.
Celia Manzi