Il fenomeno musicale Arctic Monkeys si annuncia fin dall’inizio con un record: Whatever people say I am, that’s what I’m not è l’album di debutto, con il maggior numero di copie vendute nella storia della Gran Bretagna, al di sopra di quelli degli Oasis. Da allora, l’evoluzione e il successo della band sono stati esponenziali, tali da collocare i giovani musicisti nella scena musicale contemporanea insieme ad altri grandi nomi come Blur e Franz Ferdinand.
Dalle prime raccolte a Favourite worst nightmare
L’avventura Arctic Monkeys comincia ufficialmente nel 2005, anno in cui i cinque di Sheffield registrano e producono, con la propria casa discografica indipendente Bang Bang Records, l’LP Five minutes with Arctic Monkeys, distribuito con una tiratura limitata di 500 copie.
In realtà, ancora prima, il gruppo aveva iniziato a distribuire i loro brani tramite internet, così da assicurarsi una solida base di audience senza l’aiuto di una casa discografica. Già nel 2004, infatti, gli Arctic Monkeys avevano pubblicato in formato digitale Beneath the Boardwalk, una raccolta dei pezzi suonati dal vivo, molti dei quali sarebbero stati in seguito inseriti nel loro primo album.
Il primo album vero e proprio è Whatever people say I am, that’s what I’m not (2006), un disco dallo stile duro come è il garage rock. I singoli più famosi sono I bet you look good on the dancefloor e When the sun goes down, molto veloci ed energici come anche Dancing Shoes, ma possiamo anche trovare la nostalgica Mardy Bum. Inoltre, poco tempo dopo uscirà l’EP Who the fuck are Arctic Monkeys?, il cui brano omonimo dimostra la capacità del gruppo di comporre ritmi sincopati e coinvolgenti, che si spezzano verso la fine cambiando completamente il tono della canzone.
Con il secondo album, Favourite Worst Nightmare (2007), gli Arctic Monkeys confermano le proprie potenzialità, regalandoci un lavoro ugualmente carico al precedente, nel quale le influenze degli Strokes e dei Libertines sono rielaborate in chiave personale. In Brianstorm la batteria è martellante e adrenalinica, Old Yellow Bricks subisce arresti e accelerazioni continui e poi, ovviamente, c’è Fluorescent Adolescent, uno dei brani più famosi con una chitarra molto ritmata e un celebre giro di accordi nel verso finale. La voce un po’ immatura da teenager di Alex Turner sovrasta armoniosamente il tutto.
Arctic Monkeys: Album recenti e altri progetti
Humbug (2009), prodotto dal leader dei Queen of the stone age Josh Homme, è un album molto più scuro. La base ritmica della batteria e dei riff di chitarra sono gli stessi, ma vi viene costruito sopra un suono molto più denso, tranne forse in Secret door. I toni si fanno apocalittici in Pretty visitors, mentre Cornerstone è un brano sentimentale dal suono meno graffiante. Comunque, nessuno dei singoli estratti arriva in testa alle classifiche, come era successo per i dischi precedenti, per quanto Humbug abbia ricevuto il disco di platino in Gran Bretagna.
Gli anni successivi sono molto intensi: nel 2011 iniziano le registrazioni dell’album Suck it and see e contemporaneamente Alex Turner scrive la musica per il film Submarine di Richard Ayoade. Ne risulterà un album, chiamato Submarine, di cui vi proponiamo The Piledriver Waltz (brano inserito anche in Suck it and see).
Il quarto album si presenta più melodico dei precedenti, sia nel cantato che nella parte strumentale e anche la voce di Turner si fa più bassa. Abbiamo per esempio Suck it and see e Love is laserquest, due canzoni d’amore che, per quanto molto diverse (Suck it and see è scandita da cori e ha un suono molto più potente), mostrano il nuovo sound del gruppo. Vi sono però anche brani come la minacciosa Don’t sit down ‘cause I’ve moved your chair e The hellcat spangled shalala con le sue strofe piane, le esplosioni dei ritornelli e lo slancio finale.
Poco dopo, gli Arctic Monkeys ricoprono un ruolo d’onore alle Olimpiadi di Londra del 2012: essi suonano infatti alla cerimonia di apertura, con una cover di Come together dei Beatles.
L’anno successivo vede l’uscita di AM. Le influenze e le ispirazioni sono varie: il ritmo è spesso hip hop (come in Why’d you only call me when you’re high) e molti brani sono ballabili, ma troviamo anche la chitarra alla Velvet Underground di Mad sounds, I wanna be yours, che mette in musica una poesia di John Cooper Clarke, e il primo singolo estratto, Are U mine?, che testimonia la progressiva americanizzazione che il gruppo ha attraversato.
Con questo lavoro si afferma l’unicità degli Arctic Monkeys, che, siamo sicuri, varrà la pena continuare a seguire per scoprire cosa la loro musica ci regalerà in futuro.
Gaia Giaccone