La volta scorsa abbiamo parlato del sofista Protagora; in questo nuovo numero parleremo di Gorgia, filosofo nostrano – era siculo – che ha messo in crisi mezza filosofia Parmenidea.
Gorgia sconvolge tutti: “nulla esiste!”
Gorgia di Leontini – sua città natale, oggi si chiama Lentini – soleva affermare che
(…)nulla esiste; se poi esiste, è inconoscibile; se, infine, anche esiste ed è conoscibile, tuttavia non può venir significato direttamente ad altri
- “(…)nulla esiste”: nulla, in greco – l’onnipresente greco – si dice οὐδέν (oudèn) ed è diverso da non ente che si dice invece μή εἶναι (mè einai); e infatti nulla ha un significato che include sia l’ente sia il non ente comprese le cose empiriche, quindi gli oggetti comuni. Dato che anche Gorgia, come abbiamo visto fare a Protagora, si occupa del rapporto tra linguaggio e verità, dicendo che nulla esiste si nega l’essere come possibile riferimento del discorso; in altre parole, il discorso non può occuparsi dell’essere!
- “se poi… inconoscibile”: il logos (λόγος) non può conoscere la realtà, se anche essa esistesse;
- “se, infine, anche… ad altri”: la parola non può neanche lontanamente comunicare qualcosa poiché le parole e le cose appartengono a due livelli di realtà completamente differenti.
Gorgia vs Parmenide
A questo punto bisogna chiarire perché quanto detto fino ad ora vada contro la filosofia di Parmenide: innanzitutto, quest’ultimo non ammette l’esistenza del non essere – e addirittura Gorgia afferma che nulla esiste – ma, soprattutto, Parmenide parteggia per la concezione realistica del linguaggio secondo cui nominare un oggetto significa affermarne l’esistenza.
Se, al contrario, in Gorgia non troviamo alcun legame tra le cose e il linguaggio allora a cosa serve, qual è la sua funzione? Cerchiamo di dare una risposta.
Le funzioni del linguaggio, secondo il Padrino di Leontini, sono due:
- la funzione critica e distruttiva affidata alla dialettica: essa è un metodo di dimostrazione che mostra la verità di una tesi dimostrando che è falsa la tesi opposta; in sostanza, invece di difendere la propria tesi si attacca la tesi contraria al fine di rendere questo attacco nullo.
- Accanto alla funzione critica troviamo quella costruttiva che è della retorica: essa è l’arte del convincimento.
Abbiamo detto che il linguaggio non rispecchia la verità: esso la produce! Perché? Perché crea persuasione! Che vuol dire questo?
L’arte della persuasione
La parola è in grado di suscitare emozioni, di agire sugli affetti, in sostanza essa può condizionare le opinioni degli uomini e agire sull’animo stesso dell’uomo, modificandolo; d’altra parte, quante volte una singola frase vi ha reso tristi o contenti? “Quattro, non hai studiato bene/sette, continua così”.
Il linguaggio che persuade produce verità e fa in modo che la verità coincida, di fatto, con la credenza: il discorso vero è, dunque, il discorso più efficace in termini di persuasione. Se io riuscissi a persuadervi di avere una coda, avrei creato, secondo il pensiero di Gorgia, la verità; ma il discorso retorico, al fine di generare credenza, deve possedere una logica ferrea e argomentazioni inconfutabili – da qui nascono le famose figure retoriche.
Per avere un esempio dell’arte del Padrino di Leontini, potete leggere qui una delle sue opere più famose, l’Encomio di Elena (quella che, secondo il mito, fu causa scatenante della Guerra di Troia) dove Gorgia vuole discolpare Elena. Ci riuscirà? Fatemi sapere.
Luigi Santoro
Fonte citazione: Gorgia, Intorno al non ente o della natura in Anonimo, De Melisso Xenophane et Gorgia, trad. di M. Untersteiner; Parmenide, Sulla natura, trad. di Pilo Albertelli; ipotetico dialogo tra un professore e uno studente.