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La Storia del Giardino Zoologico
Situato a Fuorigrotta, lo zoo di Napoli attualmente non è che l’ombra del grande progetto di recupero faunistico per cui è stato ideato.
Gabbie sottodimensionate, animali stressati, costretti in spazi angusti e con ambienti non idonei, ecco come si presenta lo Zoo di Napoli, un tempo fiore all’occhiello della conservazione delle specie in via d’estinzione.
Nato nel 1940, ma inaugurato solo nel 1949 a causa della Seconda Guerra Mondiale, esso era uno dei principali centri di conservazione faunistica d’Italia dal momento che vantava la riproduzione di molte specie in via d’estinzione quali l’avvoltoio papa e il rinoceronte nero. Ma questo oggi non è che uno sbiadito ricordo.
La situazione attuale
Oggi, dei vari animali che occupavano lo zoo, rimangono: le povere tigri, regine della foresta asiatica, costrette in gabbie strettissime e prive di qualsiasi tipo di stimolazione ambientale che permetta loro di “distrarsi” dalla già triste vita che conducono; stessa questione vale per il leone che della sua fierezza non rimane che uno sguardo triste e malinconico fra le sbarre della sua gabbia; gli orsi, i più grandi predatori terrestri, lasciati lì, inermi, alienati, in quella fossa priva di qualsiasi stimolo e in spazi notevolmente piccoli rispetto alle naturali grandezze dei loro territori; l’elefante, denominata Sabrina, grande animale sociale, era lasciata lì, sola e in un ambiente assolutamente non idoneo. Sabrina però è una delle ultime ad essersi liberata della schiavitù, lasciandosi andare ad una morte liberatoria nel 2014. Altri abitanti come gli struzzi non fanno altro che correre lungo le recinzioni, danneggiando così il loro meraviglioso piumaggio. Tutti questi comportamenti sono disturbi nevrotici che sono stati indotti dalla cattività e che vengono definiti “ossessivo compulsivi”. Ciò in realtà non è altro che una vera e propria violazione del diritto alla vita di poveri animali.
LAV e lotta per il diritto alla vita
Per fortuna però non esistono solo persone che alimentano questa schiavitù visitando il parco ma anche persone sensibili alla causa animale che si sono attivate per difendere i diritti degli ergastolani dello zoo di Napoli. Difatti il 30 novembre 2014 e il 25 gennaio 2015 i volontari della LAV (Lega Anti-Vivisezione) hanno portato avanti una manifestazione al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica alla causa animalista e per cercare di cambiare le vite agli animali rinchiusi fra le sbarre dello Zoo.
In conclusione, le condizioni di vita degli abitanti dello Zoo sono oggettivamente al di sotto delle necessità degli animali ma si confida nella nuova amministrazione dello Zoo finché in un qualsiasi modo siano migliorate le condizioni degli animali. Non è una condanna dunque, ma una flebile speranza per un futuro che purtroppo adesso sembra assolutamente negato per la moltitudine di animali dello Zoo di Napoli.
Lo Zoo può essere davvero la soluzione?
Citando Axel Munthe, lo scrittore e psichiatra svedese impiantato a Capri che fu fra i primi a battersi per la causa animalista, considerando i giardini zoologici un qualcosa di incivile: “La selvaggia e crudele bestia non è dietro le sbarre della gabbia, ma innanzi ad essa”. Con questa affermazione non si intende condannare, ma lanciare un interrogativo: è più idoneo per la conservazione delle specie a rischio relegarle in gabbie per riprodurli in un ambiente innaturale o lasciarle nel loro ambiente naturale, prevendo la distruzione dei loro habitat e la loro caccia? Ai posteri l’ardua sentenza…
Stefano Capodanno