Il primo poeta elegiaco ateniese che si ricorda nella storia è Solone. Oggi continueremo il nostro viaggio attraverso i poeti elegiaci proprio attraverso la figura straordinariamente variegata di questo personaggio. Ricordiamo che nei precedenti articoli ci siamo soffermati in particolare sulla figura di Teognide di Megara, vissuto fra Atene e Corinto, nel VI sec. a.C. Anche se Solone e Teognide sono separati da poco più di un secolo, capiremo di seguito quanta distanza, invece, intercorre tra la loro poetica.
Indice dell'articolo
Le fonti
Solone nasce ad Atene nel 640 a.C. da una famiglia nobile. Della sua vita abbiamo alcune autorevoli fonti già nel II sec. d.C. con Plutarco e nel secolo a questo successivo, con Diogene Laerzio. Attualmente, tuttavia, è Aristotele, e in particolare la sua Costituzione degli Ateniesi, il maggiore riferimento per la ricostruzione della vita del primo poeta ateniese. Proprio partendo dalla testimonianza di Aristotele, possiamo certamente affermare che Solone, tra il 590 e il 580 a.C. soggiornò in Egitto e a Cipro dagli antichi fosse ritenuto «il legislatore» per eccellenza.
Alceo e Solone
L’esperienza politica del legislatore si ritrova nella gran parte dei versi. Questa caratteristica c’impone di ricordare già menzionato Alceo, che come Sole riuscì a fondere esperienza politica e lirica. Nonostante questo naturale parallelismo bisogna tener conto di una radicale differenza tra le due esperienze politco-letterarie. Alceo fu un cantore turbato e deluso nei confronti del mondo politico e questo spesso gli impedì di affrontare esplicitamente e direttamente singoli avversari. Solone, invece, si rivolge con autorità a tutta la cittadinanza, pur sempre restando il fatto che anche la sua cerchia di lettori all’inizio fu quella dei simposi nell’eterìa.
La politica estera e le riforme sociali
Ripensando alla carriera politica di Solone, la prima cosa che ci viene in mente è la conquista di Salamina, ottenuta prima dell’arcontato. Quest’isola, posta di fronte l’Attica, era continuamente motivo di contesa tra Atene e Megara. Il legislatore fece così quella che sembrerebbe una modernissima propaganda politica, con la quale incitò i cittadini a rientrare in battaglia contro i megaresi una volta e per tutte. Fu così che gli Ateniesi ebbero definitivamente il possesso dell’isola. Nella politica interna, nonostante Solone fosse un aristocratico, ricordiamo, invece, la riforma del sistema monetario a vantaggio dei debitori e del riequilibrio del rapporto tra le classi sociali.
Di certo però la riforma istituzionale più importante è quella che consentì la creazione di un ordinamento timocratico che divise la cittadinanza in quattro classi principali: i pentacosiomedimni (che avevano una rendita di duecentocinquanta quintali di frumeto, olio e vino; i cavalieri che possedevano 300 medimni di rendita; gli zeugiti, detentori una coppia di buoi; i teti, ovvero i salariati con una rendita inferiore ai duecento medimni. Questa moderata riforma permise ai teti di partecipare alle assemblee e al tribunale de popolo. Successivamente ai grandi successi politici e istituzionali gli fu proposto di diventare tiranno, tuttavia egli rifiutò per restare arbitro e pacificatore della parti sociali. Per questo motivo è stato spesso ricordato come un grande «moderatore».
L’elegia per Salamina
Tra le azioni di propaganda per esortare i cittadini alla definitiva conquista di Salamina c’è sicuramente la composizione di una celebre elegia, denominata proprio per questo l’Elegia per Salamina, e della quale Plutarco c’informa del fatto che fosse costituita di cento versi. Di quei probabili cento versi, oggi ne possediamo soltanto otto, qui di seguito riportati.
«Sono giunto io, quale araldo, dalla bramata Salamina,
portando un cosmo di parole, un canto, invece di un discorso.
(…)
fossi io allora, fatto a cambio di patria,
folegandrio o sicineta* invece che ateniese!
Presto infatti potrebbe spargersi questa voce tra gli uomini:
«quest’uomo è un Attico, uno degli Abbandonasalamina».
(…)
andiamo a Salamina a combattere per l’isola,
bramata e a liberarci della dura vergogna!» [1]
L’elegia alle Muse
L’elegia alle Muse è il carme più lungo che ci è pervenuto del primo poeta ateniese. Consta di settantasei versi e in essa si invocano le Muse, rivolgendo poi a loro una serie di considerazioni sulla felicità, il successo e la ricchezza dell’uomo. Dal v. 43 troviamo una lunga lista di mestieri, perfettamente inserita in un gusto arcaico, che ovviamente ammonisce quei lavori non particolarmente stimati dagli aristocratici, quindi dal ceto al quale appartiene il poeta.
La composizione risulta in parte scomposta, poco unitaria e per questo motivo la critica si è spesso accanita sull’autenticità dei versi, ma in realtà l’apparente disordine è l’evidente traccia di un pensiero in fieri. la lingua, esattamente come nell’elegia per Salamina, è lo ionico omerico. Il colto riferimento omerico si ritrova anche nel lessico, anche se misto a nessi esiodei. Solone è però il primo elegiaco ad utilizzare molto frequentemente anche i termini politici a lui contemporanei.
Per quest’ultimo motivo si è molte volte supposto che il suo stile non fosse raffinato; la critica novecentesca tuttavia ha rigettato quest’ipotesi, riconducendo la ricerca della risposta a questa questione alla passione politica, all’esigenza di polemizzare contro avversari politici e propagandare una politica istituzionale assai diversa rispetto ai precedenti arcontati. Ovviamente l’uso del distico elegiaco, del trimetro giambico e del tetrametro trocaico catalettico colloca a pieno Solone nel suo tempo, anticipando anzi lo stile della grande tragedia attica che di lì a poco fiorirà senza mai perdere la specificità culturale in tutto l’Occidente.
Lisa Davide
[1] (trad. G. Colesanti)