Oggi continuiamo a parlare di poesia d’amore, lasciandoci momentaneamente alle spalle il mondo greco di Saffo, e restando in quello misterioso e turbolento dell’antica Roma, alla ricerca dei primi amori romani.
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Il contesto storico della Roma antica
Prima del II sec. a.C. a Roma non troviamo molte tracce di trattazione della tematica amorosa, soprattutto in versi. Questo si spiega se pensiamo che i due secoli precedenti e soprattutto il III sec. a.C. furono segnati da continue battaglie, le quali impegnavano la vita degli uomini, anche intellettuali e poeti, a sensibilizzarsi in particolare su argomenti politici, istituzionali e storici.
Ricordiamo, per esempio, un faticosissimo decennio che va dal 224 al 214 a.C. e che vide i Romani protagonisti in primo luogo della battaglia di Talamone, della definitiva conquista della Gallia Cisalpina; dal 220 a.C. presero parte alla seconda guerra illirica e alla seconda guerra punica, subendo anche una serie di sconfitte di notevole importanza, come quelle nella Battaglia di Trebbia, nella Battaglia di Canne (216 a.C.) e Prima guerra macedonica (214 a.C.) .
Il circolo di Lutazio Càtulo
Il periodo delle grandi e numerose battaglie lascia un’ esigenza piuttosto evidente: narrare del proprio io, soffermarsi su tematiche individualiste che raccontino i sentimenti personali, e non quelli patriottici del popolo. La testimonianza più completa di quest’atmosfera ci è fornita dal circolo di Lutazio Càtulo, il quale fu attivo dal 150 all’87 a.C. e raccoglie al suo interno poeti che s’ispirano alla poesia del neoterico e alessandrino Callimaco.
Avendo questo modello, vengono subito in luce quali siano i punti cardine della poetica latina: la brevitas, composizione di brevi poesie; il labor limae, ovvero la quasi estrema ricercatezza dello stile; infine, la doctrina, cioè la presenza di continui riferimenti alla mitologia e alla geografia, che sono di norma assai dotti. Di qui si aprirà una stagione fatta di carmina docta, epilli e poesie liriche, totalmente in contrapposizione ai poemi epici, e alla poesia di matrice enniana; insomma alle grandi trattazioni di argomento sociale, politico e legate a momenti storici-istituzionali ben definiti. Per i temi e le scelte metriche predilette, i poeti di questo circolo sono stati definiti preneoterici.
Levio e gli scherzi d’ amore
Tra i poeti della cerchia di Càtulo, si distinse Levio, il quale si concentrò, oltre che sulla produzione dei carmina individualisti, anche sulla stesura di versi di argomento erotico-mitologico. La sua opera più menzionata è Erotopaegnia (cioè Scherzi d’amore), composta di più libri che vedono protagonisti personaggi dell’epos omerico (Elena, Ettore, ecc) e della quale ci restano circa cinquanta versi in trenta frammenti.
Senz’ altro doveva apparire eccezionale e folta la composizione dei carmina figurati; il più celebre tra questi è Phoenix, i cui versi erano disposti in modo tale da far apparire (figurare, appunto) le ali della fenice. Certo è però che una delle novità più importanti che attribuiamo a questo poeta è l’estrema attenzione verso il linguaggio, al punto che egli stesso non contento di alcuni vocaboli, ne coniò di nuovi. Di questi ricordiamo ad esempio Protesilaodamia e Sirenocirca che furono poi scelti come titoli delle sue opere.
Dai preneoterici ai poetae novi
Publius Valerius Cato, nato intorno al 100 a.C. fu per così dire la figura di passaggio dalla poetica dei preneoterici a quella dei poetae novi. Nato in Gallia Cisalpina (luogo che non a caso diede i natali anche ad altri poetae novi, come Valerio Catullo) ma poi si trasferì a Roma dove insegnò in qualità di maestro di poesia e fu un grammatico e filologo stimatissimo.
Purtroppo di lui, che fu il primo neoterico, non ci restano molte testimonianze, anche se per fonti indirette possiamo stabilire che si formò sulle opere di Lucilio e fu un assiduo compositore di epilli. Di questi ultimi ricordiamo il più famoso, sull’amore, che prende il titolo di Lydia; dietro questo nome probabilmente si cela in realtà il vero nome dell’amata.
Proprio perché di Catone non possediamo molte fonti –ma non solo per questo-, in realtà saremo sempre soliti fare riferimento a Valerio Catullo per assolvere alla funzione di iniziatore del topos letterario dell’amore. Ma di Catullo e dell’amore-malattia parleremo più accuratamente in seguito.
Lisa Davide