L’ultima polemica scatenata da Gene Simmons dei Kiss riguarda U2, Rolling Stones e l’utilizzo delle sequenze multitraccia pre-registrate durante i concerti dal vivo.
«Mi dà fastidio quando pago 100 dollari per un concerto e chi suona usa le basi», ha dichiarato in un’intervista rilasciata al giornale australiano News.com.au, «è come con gli ingredienti del cibo: se leggi sull’etichetta che il primo ingrediente è lo zucchero, beh, almeno quello che l’ha fatto è stato onesto. Dovrebbero scriverlo su tutti i biglietti: “Lo show è costituito dal 30 al 50 per cento da basi e l’artista a volte canterà, a volte sarà in playback”».
Inoltre Gene Simmons ha dichiarato che durante i concerti dei Kiss «non c’è un sintetizzatore sul palco, la batteria non è campionata, niente di tutto questo. Siamo in pochi a farlo: AC/DC, Metallica, noi. Non posso dire lo stesso, ad esempio, di U2 o Rolling Stones.»
L’accusa quindi è pesante: Gene Simmons ha in sostanza deprecato l’utilizzo di basi pre-registrate nelle esibizioni dal vivo definendole come un imbroglio. Ma è davvero così?
Per rispondere alla domanda dobbiamo innanzitutto capire cosa si intende esattamente per basi pre-registate, come si usano e perché.
Da quando esiste la possibilità di registrare in multitraccia, ovvero di acquisire separatamente i vari strumenti unendoli insieme nel mixaggio, i musicisti di tutto il mondo fanno largo uso di questa tecnica per arricchire la propria musica con delle parti aggiuntive di vari strumenti o delle voci.
I primi album ad usare questa tecnica in questo modo furono Pet Sounds dei Beach Boys (1965) e il White Album dei Beatles, in cui l’allora innovativo registratore analogico a 8 tracce permetteva di espandere e facilitare questo sistema allora fortemente limitato dalle macchine che arrivavano al massimo a 4 tracce.
In seguito con l’evoluzione della tecnologia e l’avvento del digitale che ha permesso di superare i limiti fisici del nastro magnetico, la potenza degli apparati di registrazione è aumentata esponenzialmente sino al giorno d’oggi: attualmente i programmi per registrare e produrre musica come Pro-Tools, Ableton, Cubase o anche il semplice e gratuito Audacity − il più usato per le registrazioni casalinghe − permettono di usare un numero pressoché infinito di tracce. Gene Simmons
Spesso però si verifica un problema: come riprodurre dal vivo tutta la complessità musicale realizzata in studio? Gene Simmons
Per ovviare al problema solitamente si utilizzano dei musicisti stipendiati che accompagnano gli artisti nei concerti dal vivo i quali non fanno parte della formazione ufficiale della band, e spesso sono poco visibili dal pubblico.
Tuttavia spesso questa soluzione è poco praticabile in quanto nelle tracce originali sono presenti grandi orchestre o numerose sovraincisioni di strumenti e di voci, oppure viceversa l’utilizzo di esse è limitato a pochi interventi tali da non rendere sproporzionata la presenza di ulteriori musicisti, per non parlare dei casi in cui le tracce aggiuntive sono difficilmente riproducibili da un musicista dal vivo in quanto si tratta di effetti sonori particolari o di percussioni elettroniche elaborate da una macchina detta drum-machine o tramite i programmi di produzione musicale.
In tutti questi casi l’utilizzo dei musicisti dal vivo è dispendioso o addirittura inutile, e quindi si ricorre alle cosiddette sequenze. Esse sono delle tracce strumentali o vocali pre-registrate sincronizzate col metronomo e riprodotte durante le esibizioni dal vivo. Queste tracce però non sostituiscono in alcun modo nessuno dei musicisti presenti, ma servono soltanto ad arricchire l’esibizione dal vivo. Anzi, il loro utilizzo è particolarmente complesso perché vuole che tutta la band, in particolar modo il batterista, debba suonare perfettamente a tempo col metronomo e non è consentito alcun tipo di errore sul palco, ciò che sfalserebbe le tracce con le parti da suonare dal vivo, con conseguente figuraccia catastrofica.
Insomma, ha ragione Gene Simmons a dire che chi utilizza le tracce preregistrate dal vivo imbroglia? Assolutamente no, anzi. Il loro utilizzo arricchisce la perfomance ma il fattore umano rimane fondamentale, anzi lo è ancora di più rispetto alle esibizioni puramente dal vivo.
Ecco alcuni esempi dell’utilizzo dal vivo delle sequenze preregistrate:
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Queen – Bohemian Rhapsody
Senza dubbio è uno dei primi casi di utilizzo di parti pre-registrate in un concerto.
La parte centrale “operistica” della canzone contiene decine di tracce vocali sovraincise ed eseguirla dal vivo fedelmente era impossibile, quindi i Queen ovviarono il problema usando la registrazione originale anche nei concerti.
Rush – Tom Sawyer
I Rush hanno sempre avuto la peculiarità di avere una figura come Geddy Lee, abilissimo a destreggiarsi tra tastiere, basso e voce. Gene Simmons
Tuttavia questo ha sempre creato difficoltà durante le esecuzioni dal vivo per l’ovvia impossibilità di suonare tutto contemporaneamente, e per risolvere ciò la band canadese ricorre a due sistemi: utilizza i cosiddetti pedal bass, ovvero una sorta di tastiera suonata coi piedi, quando si tratta di dover sostituire il basso; viceversa si affida alle tracce pre-registrate di tastiere quando il leader è impegnato al basso.
Coldplay – Viva la Vida
I Coldplay sono una delle band che ricorre di più all’utilizzo delle sequenze, ed in questo caso il loro utilizzo è particolarmente evidente in quanto suppliscono all’assenza di un’intera orchestra sinfonica. Gene Simmons
U2 – With or Withour You
Coinvolti direttamente nella polemica da Gene Simmons sulle sequenze pre-registrate durante i concerti, qui si può avere un esempio lampante del loro utilizzo nella traccia di sintetizzatore ed uno meno evidente nelle percussioni che accompagnano il drumming di Larry Mullen jr.
Rolling Stones – Sympathy for the Devil
Ecco invece l’altra band additata da Gene Simmons insieme agli U2 per l’utilizzo delle basi, in questa esibizione usa una traccia pre-registrata di percussioni.
Genesis – Invisible Touch
La storica band di Phil Collins, Mike Rutherford e Tony Banks durante gli anni Ottanta nel pieno del loro periodo “pop” usava spesso l’abbinamento percussioni elettroniche/batteria, le prime programmate solitamente con una drum-machine e la seconda suonata dallo storico batterista Chester Thompson che sostituiva Collins alla batteria mentre costui era impegnato a cantare durante i concerti.
Elio e Le Storie Tese – Born to be Abramo
Anche una band dall’indiscusso immenso valore tecnico oltre che artistico come i nostrani Elio e le Storie Tese usano dal vivo le sequenze, in questo caso per riprodurre sul palco tutti gli effetti pre-registrati che arricchiscono la canzone.
Giacomo Sannino