Per la prima volta dall’avvento della democrazia, nel 1999, un candidato dell’opposizione ha battuto il presidente uscente. Una storica affermazione quella dell’ex generale Buhari, musulmano, contro il presidente Jonathan, cristiano che ha governato per ben tre mandati.
Era dal 1999 che il People Democratic Party (Pdp) vinceva le elezioni. La sfida era sempre tra Jonathan e Buhari, soprannominato “l’eterno sconfitto“. Questa volta, però, il presidente uscente paga la sua inerzia contro Boko Haram: infatti, la coalizione dell’opposizione – All progressives congress (Apc) – ha ottenuto 15,4 milioni di voti contro i 13,3 milioni andati al Pdp. Nel 2011 lo squilibrio tra le due forze era stato di circa 10 milioni di voti a favore di Jonathan.
Buhari: un democratico riformato
Buhari è un volto già noto alla Nigeria ed alla politica internazionale: dopo aver partecipato a un colpo di Stato, è stato presidente tra il 1983 e il 1985. Nel 2003, 2007 e 2011 si è presentato alle presidenziali, uscendone sempre sconfitto. Ma il momento della rivincita è arrivato anche per lui, nonostante i suoi avversari abbiano tentato in ogni modo di tacciarlo come un terrorista. Per questo, nelle ultime settimane di campagna elettorale, ha cominciato a definirsi come un “democratico riformato“.
Una vittoria per merito o demerito di Goodluck?
Buhari era conscio del fatto che questo non fosse un semplice test elettorale, ma un referendum sul mandato del suo avversario. Durante l’ultima legislatura di Jonathan, i jihadisti, al comando di Abubakar Shekau, hanno stravolto le regioni del nord, giungendo a proclamare un proprio Califfato, con capitale a Gwoza.
I nigeriani non gliel’hanno perdonato. Sulla sua coscienza pesano oltre duemila vittime innocenti della follia islamista, il maxi-rapimento di 230 studentesse finito su tutti i media del mondo. Eppure, dalle urne Jonathan esce sconfitto con uno scarto marginale.
Buhari è stato incoronato dal nord musulmano, come ci si aspettava. Qui ha battuto Jonathan per 1,7 milioni di preferenze. Il gigante d’Africa deve affrontarare, ora, la prova più ardua: mantenere il risultato democratico delle elezioni. Non è un caso che pochi minuti dopo il verdetto delle urne il portavoce del generale Buhari abbia detto di temere “i colpi di coda e i trucchi del governo uscente”. Nonostante i problemi registrati in alcuni seggi elettorali, le situazioni di brogli non hanno dato un rilevante vantaggio ad uno od all’altro candidato. Infatti, gli osservatori internazionali ritengono che il voto sia stato abbastanza regolare. Pochi incidenti anche con Boko Haram, nonostante le vittime tra civili ed esercito schierato a protezione dei seggi.
Il problema è che il Pdp di Jonathan non è solo un partito, ma una costellazione di interessi economici, politici e militari: si rischia che qualcuno dei suoi dia il via a una nuova ondata di violenze. Infatti, quattro anni fa, i disordini esplosi dopo il voto provocarono più di mille morti.
Una nuova Nigeria?
Buhari ha promesso 720mila nuovi impieghi pubblici, un rilancio del settore agricolo attraverso l’erogazione di prestiti a tasso agevolato per i piccoli imprenditori, la redazione di una road map per lo sviluppo della parità di genere e la produzione di 20 mila megawatt di energia elettrica in quattro anni, nonché una crociata contro la corruzione – una piaga nel governo Jonathan . Il continuo calo del prezzo del petrolio ha avuto un forte impatto sull’industria nazionale e i relativi deflussi di capitale hanno prodotto una svalutazione della naira (la valuta nigeriana) di quasi il 10%. L’ex generale parte comunque da condizioni favorevoli.
Un musulmano alla guida della Nigeria potrà contribuire a dare nuove speranze a un popolo soffocato dalla ferocia dei jihadisti, anche se, grazie all’intervento militare congiunto di Ciad e Camerun sul territorio nigeriano, l’avanzata di Boko Haram sembra essersi arrestata.
Marco Di Domenico