Il Canzoniere è l’opera che ha dato maggiormente fama a Francesco Petrarca. Eppure il noto scrittore aretino non ne aveva alcun desiderio, certamente non per poesie scritte in volgare da lui stesso definite nugae (bazzecole). Nell’articolo precedente abbiamo inquadrato in maniera generale la figura del Petrarca, accennando ai turbamenti che lo affliggevano e che mai gli diedero pace. E l’amore fu uno di questi.
Il Canzoniere: apologia di un angelico demone
La figura centrale del Canzoniere ha il nome di Laura. Rispetto agli archetipi femminili del duecento, Laura è molto più tangibile e vera, non solo in quanto personaggio storicamente esistito ( anche Beatrice lo era ), piuttosto come colei che ha concretamente il potere di concupire i sensi e ispirare l’amore – anche sensuale- nell’animo di un uomo. Sappiamo bene che, invece, Beatrice per Dante aveva tutt’altra valenza.
Tuttavia anche Laura rimane relegata nell’ambito dell’astrazione letteraria, nel senso che il Petrarca ci dà pochissimi indizi circa le sue fattezze fisiche: la sua donna ha “un dolce riso”, ” i capei d’oro”, “begli occhi”, ma niente di più. C’è una data, però, che ha aiutato la critica nell’individuazione di Laura.
Petrarca afferma di averla conosciuta il venerdì santo del 1327 in una chiesa di Avignone; è piuttosto probabile che si riferisca a Laura de Noves, una nobildonna di origine italiana che in quel periodo soggiornava in Francia. Quest’incontro sarà illuminante per il giovane Francesco, che da un’esperienza personale ha costruito un intero mondo di immagini letterarie cariche di simbolismo.
Il canzoniere è il racconto di un amore perennemente inappagato, e la sofferenza che attanaglia il cuore del poeta è realistica, ma non riguarda solo questo fatto; è la demonizzazione dell’amore carnale e, in generale, dei fatui piaceri terreni che hanno corrotto Francesco e di cui ora sente addosso tutto il peso, ma che non riesce mai a lasciar andare. Si legge tra le righe il rimorso di una coscienza che non ha trovato la retta via e affida alla penna il potere di alleviare tali sofferenze e in parte rimediare al giovanile errore.
“Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core
in sul mio primo giovanile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono” [1]
In onore di Laura
I versi sopracitati aprono le danze. Essi costituiscono la prima quartina di cui si compone il sonetto iniziale, che funge da prologo, in cui già si scorge il punto chiave della trattazione: trovar pietà, nonché perdono [2]. Essendo una raccolta di poesie tenuta in un lasso di tempo abbastanza lungo, il canzoniere offre una pluralità di stili e forme metriche ( sonetti, ballate, madriagali.. ) corposa.
Ha anche subìto diversi rimaneggiamenti per mano dello stesso Petrarca a causa della sua smaniosa ricerca di uno lavoro di limatura, ma la vera sistemazione gli è servita per dare al testo stesso una trama vera e propria, per distinguerlo dalle semplici raccolte poetiche, che possono contenere anche argomenti differenti.
Il Canzoniere si prefigura, perciò, in senso romanzesco come la storia del suo amore tormentato con Laura, anche se abbiamo constatato che dietro l’immagine romantica si celava molto di più. Proprio in onore a Laura esso è suddiviso principalmente in due parti: la prima sezione comprende le poesie scritte in vita e la seconda comprende quelle in morte, per un totale di 365 testi più il prologo.
Soprattutto nella parte seconda è interessante leggere come Petrarca concepisce il mondo dopo la dipartita della sua donna. Non è più un bel posto, adesso; tutto appare smorto e privo di quel soffio vitale che Laura dispensava al suo passaggio, o per il semplice fatto di esistere. Ma interessante è anche capire la posizione del poeta circa il concetto di morte.
Esso non rappresenta più il passaggio obbligato per la riconciliazione con la divinità, bensì come la mera cessazione del vivere che genera solo tristezza nel cuore del Petrarca, il quale si sente più tormentato che mai e va alla ricerca dei luoghi in cui Laura ha vissuto per ricercare ancora la sua presenza.
Ma Francesco Petrarca agogna alla tranquillità interiore, e l’ultimo componimento del canzoniere è emblematico in tal senso; si tratta di una ballata dedicata alla Vergine bella di sol vestita [3], ovvero la Madonna, che a questo punto gli appare come l’unico porto sicuro cui approdare per avere finalmente la pace. Anche la preghiera alla Madonna può essere un’arma a doppio taglio però, in quanto gli ricorda le sue mancanze religiose.
Roberta Fabozzi
Bibliografia
[1] Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, il Canzoniere, vv 1-4, Einaudi
[2] ibidem
[3] Vergine bella, che di sol vestita, ivi
Storia della letteratura italiana, G. Ferroni, Einaudi