Molti sono i quadri, gli affreschi ed i rilievi che illustrano la storia di Gesù, tantissimi sono i cicli in cui si dipana il racconto della sua Passione; insomma, la storia dell’arte italiana ci accompagna in una sorta di catechismo figurativo. Da qui attingerò per analizzare uno dei momenti più significativi della Pasqua cristiana in cui le persone rimaste ai piedi della croce di Cristo dopo il suo ultimo respiro, prendono coscienza che il loro Messia non ci sarà più e depongono il suo corpo nel sepolcro, inconsapevoli prodigio che avverrà pochi giorni dopo. Stiamo parlando di quello che in gergo artistico si definisce Deposizione di Cristo o Compianto su Cristo morto.
Frutto di commissioni, voti, donativi o semplici decorazioni, raffigurazioni delle storie di Cristo, tra cui “Deposizioni” e “Compianti”, possiamo trovarle in qualsiasi ambito artistico-geografico della penisola, sin dalle prime attestazioni figurative paleocristiane, senza pretese stilistiche, sino ai primi esempi di una certa valenza artistica.
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Benedetto Antelami a Parma
Tra queste rientra il grande esempio apportato dalla mano, più che geniale per il XII secolo, di Benedetto Antelami con la sua “deposizione” a bassorilievo, pannello marmoreo che decorava una balaustra nella cattedrale di Parma, risalente alla fine degli anni ’70 del 1100.
Il quadro marmoreo è esaltatone nella parte centrale occupata dal corpo di Cristo che, piegato sulla sua destra, viene calato dalla croce e preso in consegna da Giuseppe d’Arimatea, una mano poggiata sulla spalla della Vergine rende il tutto più umano. Nella composizione ancora strascichi dell’arte bizantina, tra cui i racemi che fanno da cornice alla scena, le rappresentazioni con volti umani della luna e del sole e la netta bidimensionalità delle figure.
La lezione di Giotto
Fondamentale per tutta la storia dell’arte italiana è Giotto di Bondone con il suo capolavoro padovano; primo vero artista moderno, Giotto dal 1303 al 1305 completa la commissione di Enrico Scrovegni di affrescare completamente e magnificamente la cappella di famiglia, dedicata alla Vergine ed eretta, si pensa, per espiare i peccati da usura che aveva commesso lo Scrovegni.
Il risultato è di imbarazzante bellezza e novità, in poco meno di 30 metri, Giotto prepara la strada a quella che, ancora prima di quella parlata, è la Lingua italiana per eccellenza: la storia dell’arte.
In alto una volta a botte come un cielo stellato, in controfacciata il Giudizio Universale e le Storie di Cristo che si dipanano sui due lati maggiori, racchiuse in rettangoli ben delineati che le separano l’una
dall’altra; qui, tra le altre, viene illustrato anche il “compianto” in cui il pathos e la disperazione per la prima volta sembrano schizzare fuori dalla parete tra sguardi e lacrime.
Le figure danno finalmente il senso di quello che è stato dipinto, emblematica a questo proposito è la figura di Giovanni nella sua posa a braccia larghe sembra non voler credere a ciò che è appena successo.
Sarà proprio questa posa, questo slancio di incredulità e disperazione, ad essere ripreso dai migliori artisti che, anche molti secoli più tardi, raffigureranno nuovamente quest’episodio.
L’altare di Sant’Antonio
E in questo solco, sempre a Padova, ritroviamo Donatello che alla metà del XV secolo progetta e decora l’altare maggiore della Basilica di Sant’Antonio.
Ormai la struttura originaria è stata soppiantata da quella ottocentesca realizzata da Camillo Boito che, sostenendo di rispettare il progetto donatelliano, reinserisce le scene in rilievo del maestro fiorentino.
Quella che a noi interessa è la “Deposizione” che oggi troviamo incastonata nella parte posteriore dell’altare; unica scena scolpita su pietra calcarea, ha in primo piano la faccia dell’altare-sarcofago di Cristo con le tarsie policrome che lo colorano.
La scena, che si svolge al di dietro, ci stupisce per la narrazione del tutto nuova: una folla di personaggi
si accalca al sudario, c’è chi regge Gesù per deporlo, chi dietro urla e si strappa i capelli e chi, riprendendo il “Giovanni” di Giotto, non si dà pace mostrando il suo stato d’animo allargando le braccia.
Ecco, il genio di Donatello, che guarda avanti con la sua composizione isterica dello spazio e delle fisionomie, ma si rifà al glorioso passato che a poche centinaia di metri avrà sicuramente apprezzato ed imparato.
Il dinamismo di Botticelli
Non molti anni dopo, alla fine del XV secolo, è Sandro Botticelli che interiorizzerà la lezione dei suoi predecessori e ci restituirà la bellissima pala della chiesa fiorentina di Santa Maria Maggiore, ora al museo Poldi Pezzoli di Milano.
Anche in questo caso l’artista non lascia la strada già solcata, difatti è possibile ritrovare l’estrema vorticosità dei gesti e degli stati d’animo dei protagonisti che Giotto e Donatello avevano portato nella storia dell’arte.
La novità, invece, è l’impostazione piramidale che il Botticelli dà a tutta l’azione, dove si affollano dalla base il corpo di Cristo sostenuto da Giuseppe d’Arimatea e dalla Vergine che, non sopportando l’immenso dolore, viene retta da Maria Maddalena che tenta, sofferente, di tenerla in piedi.
La realtà nella Deposizione di Caravaggio
Come non citare, infine, il capolavoro che il Michelangelo Merisi da Caravaggio compie con la sua “Deposizione” realizzata per la chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma.
Questo dipinto, ora ai Musei Vaticani, porta con sé ulteriori evoluzioni rispetto a quelli di Giotto e Donatello; inutile dire che siamo in un periodo artistico altamente formativo in cui Roma è la capitale di gran parte delle esperienze artistiche europee: Caravaggio, la scuola carraccesca, i chiaroscuri, gli echi ancora manieristi, la penombra, la realtà, il mondo idillico.
Caravaggio ci restituisce l’evento come se stessimo girando l’angolo di casa e ci trovassimo sgomenti davanti alla morte di un uomo qualunque; Giovanni e
Nicodemo che sostengono faticosamente il corpo di Cristo per deporlo nel sarcofago di pietra che, mirabilmente, sporge con lo spigolo quasi ad invadere il nostro spazio. Le tre Marie, in secondo piano, ci raccontano in tre modi diversi la loro sofferenza e quella che più richiama la nostra attenzione è Maria di Cleofa che ripete un gesto a noi, a questo punto, molto familiare.
Difatti, a distanza di tre secoli, un grande maestro come Caravaggio non dimentica la forza e la lezione, ancor allora valida, della descrizione dei sentimenti di matrice giottesca e ripete, in maniera aggiornata e reale, la figura in atto di allargare le braccia.
Gli esempi di “Compianti” e “Deposizioni” nella storia dell’arte sono tantissimi, troppi da poterli descrivere tutti: da Michelangelo con le sue Pietà a Rosso Fiorentino, dai fiamminghi ai manieristi, da Jusepe de Ribera a Mantegna. Di seguito troverete quindi una carrellata di altre testimonianze, che vi accompagneranno alla scoperta di questo tema entrato a diritto tra i capolavori che i più grandi artisti hanno realizzato.
Liberato Schettino