Ercole al bivio è un olio su tela, un dipinto incastonato al centro del soffitto del Camerino Farnese, ambiente di Palazzo Farnese a Roma.
Odoardo Farnese, eletto cardinale nel 1591, per onorare la memoria del padre, il duca Alessandro, decise di far illustrare le sue gesta in un ciclo di affreschi sulle pareti della “gran sala”, che poi sarà la galleria affrescata che ha nella volta gli Amori degli dei. Alla Galleria lavorano Annibale ed Agostino Carracci, Domenichino, Lanfranco, Sisto Badalocchio e Antonio Carracci. I Carracci furono introdotti a Roma dalla famiglia Farnese di Parma che avevano acquistato numerose loro opere per la Galleria.
Camerino Farnese
Nel 1595 Annibale Carracci si presentava solo al Palazzo Farnese e subito il pittore mise mano alla decorazione del cosiddetto “camerino”, un ambiente ad uso privato che precede la grande galleria di rappresentanza. Al centro del soffitto pose la tela con l’ Ercole al bivio, inquadrata tra due ovali ad affresco con Ercole che sostiene il mondo (episodio in cui l’eroe aiuta Atlante che va a prendergli i pomi d’oro nel giardino delle Esperidi) e il Riposo si Ercole. Le scene sono legate tra loro tramite cornici dorate dipinte e medaglioni con i simboli araldici del cardinale Odoardo.
Ercole al bivio
L’ Ercole al bivio era il perno principale della decorazione del camerino; il quadro era collocato al centro del soffitto e fu dipinto su una tela con colori ad olio tra il 1595 e il 1596. Venne rimosso e sostituito da una copia quando, nel 1662, i Farnese lasciarono Roma per recarsi a Parma, dove la tela fu collocata prima nel Palazzo del Giardino, nella seconda camera detta “di Venere”, poi a fine secolo la ritroviamo nella galleria ducale del palazzo della Pilotta, per essere infine trasferita a Napoli nel 1734. Oggi, infatti, ritroviamo l’ Ercole al bivio nella sala 20, al primo piano del Museo Nazionale di Capodimonte.
L’ Ercole al bivio è un tema iconografico utilizzato nel Rinascimento e che deriva da una favola del filosofo greco Prodico di Ceo (V-IV secolo a.C.) e giunta a noi attraverso il racconto di Senofonte,riportato nei Memorabilia. Nella storia si racconta che al giovane Ercole, chiedendosi se dedicare la sua vita alla virtù o al piacere, appaiono due donne, la prima di queste si presenta come la Virtù e l’altra come la Voluttà, ognuna delle quali espone all’eroe i vantaggi dell’una e dell’altra scelta di vita.
L’opera ritrae la figura vigorosa e plastica di Ercole mentre è seduto a meditare tra le due figure femminili che gli indicano le strade; le figure personificano a sinistra la Virtù e a destra la Voluttà. La Virtù è severamente abbigliata e, mentre mantiene un parazonio (una sorta di spada corta), indica ad Ercole un’ardua salita al termine della quale vi è Pegaso, a sua volta simbolo di virtù e mezzo di ascensione al cielo, ma anche impresa dei Farnese. Ai piedi di questa personificazione è seduto un poeta con la corona di alloro, pronto a cantare le gesta dell’eroe se sceglierà la giusta direzione.
La Voluttà, al contrario, è seminuda e sensuale nel movimento, coperta solo da veli trasparenti. Questa donna mostra ad Ercole, che ricordiamo rappresenta Odoardo Farnese, un cammino molto più semplice dove compaiono strumenti musicali e spartiti, maschere teatrali che indicano i finti piaceri della vita. Il giovane Ercole sembra essere indeciso su quale strada prendere, ma la direzione del suo sguardo anticipa la sua scelta: intraprenderà la strada indicata dalla Virtù, ebbe così una vita piena di lotte e di prove, tra cui le famose dodici fatiche, e guadagnò alla fine la fama e l’immortalità.
Il paesaggio sullo sfondo è diviso in due parti. A sinistra una zona deserta, un albero morto, un sentiero che sale verso la montagna sulla quale compare Pegaso alato. A destra, invece, alberi fioriti e un cielo sereno, in basso sono raffigurate carte da gioco e maschere. Il paesaggio, secondo la pittura rinascimentale, è simbolicamente contrastante, ha una funzione moralistica e metaforica.
Anna Cuomo