Non ha chiave d’accesso: è questo l’elisir della giovinezza, il segreto dell’immortalità di Hannibal Lecter. Come sarebbe possibile, altrimenti, aver prodotto una saga letteraria, aver proiettato film al cinema e ancora perpetuare il tradizionale scavo all’interno di questo personaggio con una serie tv… se non perché nessuno, nemmeno il suo creatore, forse, ha trovato un algoritmo di decifrazione dell’adorato cannibale?
Facciamo il punto
Hannibal Lecter è stato creato da Tom Harris, scrittore statunitense dalle discrete doti letterarie che avrebbe potuto confondersi perfettamente nel mare magnum degli scribacchini di thriller d’oltreoceano, se non fosse stato per questa sua creatura, appunto. Creatura che poi risulta notevolmente interessante grazie alle interpretazioni che ne sono state date sullo schermo, piccolo o grande che sia.
Il fatto è che Hannibal Lecter, già dalla sua prima forma scritta del 1981, ha un grande potenziale, tipico e già sfruttato da ben altri personaggi prima di lui, ma sempre efficace: piace. Semplice, no? È lui il cattivo, ma è fatto per piacere, perché è pressoché perfetto: cucina, è esperto di opera lirica, è profondo conoscitore della mente umana, è ironico, educato, aggraziato… Ma sarebbe noiosa la perfezione senza quel brivido di timore serpentino che dovrebbero avere tutti al solo incrociare il suo sguardo, o che magari ha lo spettatore quando la prossima vittima è ignara del suo destino.
Infondo sono secoli che l’essere umano lo sa: la paura è un’abilissima seduttrice.
E la paura è inoltre sempre più efficace quando è un presagio, quando è un’ombra che passa veloce nella coda dell’occhio. È per questo che, almeno nelle prime apparizioni, Hannibal Lecter è più raccontato che visto. I protagonisti sono piuttosto Clarice Starling e Will Graham, investigatori che si occupano di altro. Il dottor Lecter è una presenza marginale e mortalmente pericolosa, bellissima e terribile, di cui si accennano imprese disgustose e di cui si conosce ancora troppo poco.
Forse il passato oscuro e la mancanza di informazioni erano un punto in più a favore del suo fascino. E se l’averne sondato le origini con il quarto episodio della saga o averlo messo sul piccolo schermo come protagonista effettivo di una serie ne avessero ridotto l’aura di sacralità?
I quattro volti di Hannibal Lecter
Il primo a interpretare il Dottor Lecter fu Brian Cox in “Manhunter – Frammenti di un omicidio” (Michael Mann – 1986), in cui in realtà Hannibal venne ribattezzato Lecktor. La storia è quella del primo episodio della saga, “Il delitto della terza luna” o “Red Dragon”, e seconda delle edizioni del romanzo, e presenta un pazzo sadico piuttosto posato perché già sconfitto. Brian Cox tutto sommato non è un cattivo Hannibal Lecter, anzi, ma forse è troppo lontano dall’immagine comune che si verrà a creare più tardi grazie al suo interprete più famoso: Anthony Hopkins (“Il silenzio degli innocenti” di Jonathan Demme – 1991; “Hannibal” di Ridley Scott – 2001; “Red Dragon” di Brett Ratner – 2002).
Se, come Cox, Hopkins mantiene una figura salda e intimidatoria, il grado di follia, che traspare dalle smorfie del viso, è ben più evidente che nel suo predecessore. Cox è consapevole di sé in quanto creatura maligna, e si gode questa sua natura pur forse non amandola da sempre. Hopkins ne è invece avvinto, come se fosse innamorato della sua antropofagia più che di qualunque altra donna, benché sia cultore del genere femminile. Lo sguardo spiritato cozza quasi fastidiosamente con i suoi discorsi sarcastici e intelligenti, e la fine astuzia che lo caratterizza sia dentro che fuori dall’ospedale psichiatrico è totalmente asservita all’attimo di pura pazzia orgasmatica dell’atto cannibalico.
A solleticare piacevolmente l’impressione che ci si era fatti di uomo perfetto, e quindi molto bello, arriva Gaspard Ulliel nel 2007 con “Hannibal Lecter – Le origini del male” (Peter Webber). Giovane studente reduce da un passato non roseo, brillante e inquietante, è un personaggio destinato a “spoilerare” la sua versione più vecchia, dando una causa alla sua “piccola mania”. Si tratta comunque di una pellicola con i suoi pregi, la cui preziosità è proprio l’interpretazione di Ulliel, sempre di classe e mai sopra le righe.
Infine, l’ultima interpretazione di Hannibal Lecter ce la dà Mads Mikkelsen (“Hannibal”, serie tv ideata da Bryan Fuller – 2013 – in corso). È un uomo non ancora piegato, al massimo del suo splendore di seduttore, medico e manipolatore della mente. Si muove accanto a uno spaesato Will Graham (finalmente un ruolo con un po’ di spessore per Hugh Dancy) che è il suo perfetto complementare e con il quale dà vita a una coppia efficace e multiforme. Il tutto è accompagnato da un’attenzione mozzafiato della regia e della scenografia per i particolari, al tempo stesso agghiaccianti e di un’elegantissima delicatezza che si perfeziona di episodio in episodio, come a tenere i sensi di chi guarda costantemente all’erta per cogliere quanto la bellezza porti nel profondo, in realtà, un prezzo di sangue e morte.
La terza stagione della serie è attesa con impazienza… nella speranza che la qualità si mantenga alta.
Chiara Orefice